Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6886 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6886 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VERDERAME GIACOMO N. IL 25/11/1980
avverso la sentenza n. 49/2012 TRIBUNALE di AGRIGENTO, del
14/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 20/11/2013

Motivi della decisione
Verderame Giacomo ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
del Tribunale di Agrigento in data 14.02.2012, con la quale, ai sensi dell’art. 444
cod. proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato
di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada.
Con il primo motivo viene dedotto il vizio motivazionale, in ordine al
mancato apprezzamento della ricorrenza dei presupposti legittimanti l’adozione di

valutazione relativa alla congruità della pena.
Con il secondo motivo l’esponente denuncia la violazione di legge in
riferimento all’art. 164 cod. pen., osservando che il Tribunale avrebbe potuto
accordare il beneficio della sospensione condizionale della pena, ricorrendone i
presupposti, nonostante il difetto di espressa istanza da parte dell’imputato.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, giova considerare che questa
Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio in base al quale l’obbligo
della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui
l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al
richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano
concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo
invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella
enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge
e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129
(Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Tale
orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva.
Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi della decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione, la
costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle Sezioni
unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Né
l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola
come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la
statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.

sentenza liberatoria, ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. ed altresì rispetto alla

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, rilevare che, nel caso di specie, il giudice
ha rilevato l’insussistenza delle condizioni per procedere ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen., richiamando il contenuto della comunicazione di notizia di reato ed i

Il secondo motivo di ricorso è del pari inammissibile.
La Corte regolatrice ha infatti chiarito che nel procedimento di applicazione
della pena su richiesta delle parti, la sospensione condizionale della pena può
essere concessa, oltre che nell’ipotesi di subordinazione dell’efficacia della richiesta
alla concessione del beneficio, solo quando la relativa domanda abbia formato
oggetto della pattuizione intervenuta tra le parti; e che il beneficio di cui si tratta
non può essere accordato di ufficio (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 40950 del
21/10/2008, dep. 31/10/2008, Rv. 241371). Pertanto, la sentenza impugnata non
risulta censurabile sul punto di interesse, atteso che la concessione della
sospensione condizionale della pena non venne altrimenti prospettata dalle parti.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 20 novembre 2013.

relativi allegati.

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