Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 687 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 687 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANE VA GIORGIO N. IL 09/05/1990
avverso la sentenza n. 3954/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
06/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per_t (
Étr- cenJ’

Udito, e la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. H.

L Li (J G1+1)

Data Udienza: 10/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Giorgio CANEVA è chiamato a rispondere di lesioni personali gravi e aggravate in danno
di Eleonora Friso, da lui accoltellata all’addome in una discoteca, e della
contravvenzione relativa al porto di un pugnale.
2. La corte di Appello di Venezia con sentenza 6-3-2012 confermava l’affermazione di
responsabilità di cui a sentenza 7-7-2010 del Tribunale di Treviso, riducendo la pena a

attenuanti generiche ritenute equivalenti alle aggravanti.
3. L’imputato ha proposto ricorso tramite il difensore articolando quattro motivi di
doglianza.
4. Con il primo si deduceva erronea applicazione della legge penale in relazione al
riconoscimento informale del Caneva da parte di alcuni testimoni effettuato
nell’immediatezza del fatto o in fotografia con modalità difformi dall’art. 213 e segg.
cod. proc. pen., la cui valenza era affidata all’attendibilità dei predetti, attendibilità da
escludere per mancata coerenza tra le deposizioni e per la comune descrizione
dell’aggressore come alto e biondo, mentre l’imputato è bruno e di media statura.
5. Con il secondo motivo si lamentava vizio di motivazione in ordine al giudizio di
attendibilità di Michele Nicolè, non essendosi tenuto conto che il riconoscimento
dell’aggressore nel Caneva da parte di questi era influenzato dal fatto che il teste aveva
notato già prima del fatto l’imputato in stato di agitazione.
6. Lo stesso vizio era dedotto con il terzo motivo in relazione alla mancanza di tracce
ematiche sugli abiti del ricorrente, ritenuta in sentenza illogicamente compatibile con
l’accoltellamento della Friso in quanto rapido ed insidioso, mentre si ribadiva che la
separazione del procedimento per le lesioni pure ascritte al Caneva ai danni di un altro
giovane presente nella discoteca, Bettio, aveva danneggiato il diritto di difesa
dell’imputato, sugli indumenti del quale non erano state rinvenute tracce ematiche
neppure dell’altra vittima.
7. Il quarto motivo censura di illogicità la motivazione in punto di mancata sottoposizione
dei testimoni ad alcol test e di giudizio di attendibilità degli stessi, ritenuti con certezza,
ciononostante, non sotto l’effetto di bevande alcoliche benché la polizia avesse dato
atto che nel locale l’alcol regnava sovrano’.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è tardivo.
2. La sentenza, emessa il 6-3-2012, fissava per il deposito della motivazione il termine di
quarantacinque giorni scadente il 20-4-2012 (che veniva rispettato in quanto il deposito
era effettuato il 13-4-2012). Dalla scadenza di tale termine decorreva, ex art. 585,
2

seguito della concessione, per effetto dell’intervenuto risarcimento del danno, di

comma 2 lett. c), cod. proc. pen., quello di quarantacinque giorni per la presentazione
del ricorso, decorso quindi, essendo l’imputato presente in giudizio, il 4-6-2012 (20-42012 + gg. 45), giorno di lunedì non festivo, mentre il gravame era depositato presso il
tribunale di Verona il 5-6-2012.
3. Il gravame è comunque inammissibile anche per altre ragioni.
4. I plurimi vizi di motivazione denunciati, in gran parte generici, tendono in realtà tutti a
sottoporre al giudizio di legittimità, reiterando tra l’altro questioni già proposte con

probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, il quale li ha
sottoposti a puntuale disamina e motivata reiezione.
5. Così le questioni sul riconoscimento dell’imputato quale aggressore della p.o., incentrate
in larga misura sulla non corrispondenza tra la descrizione delle caratteristiche
dell’aggressore e quelle di Caneva, sono anche nel ricorso, come lo erano nell’appello,
orfane dell’indicazione dei testi che avrebbero descritto l’assalitore della Friso come alto
e biondo (mentre l’imputato è bruno e di media statura), non trattandosi comunque
certamente dei testimoni valorizzati in sentenza per l’affermazione di responsabilità, e
in particolare del teste oculare Michele Nicolè, che ha indicato l’aggressore per l’appunto
come bruno e di media statura.
6.

La corte territoriale non ha inoltre mancato di perspicuamente motivare l’attendibilità
dei testi, e quindi dei relativi riconoscimenti, evidenziando come uno era testimone
diretto del ferimento in quanto si trovava vicino alla p.o. (il già ricordato Michele
Nicolè), il cui riconoscimento, effettuato nell’immediatezza e ribadito in aula -per
questo ritenuto dai giudici di merito idoneo anche da solo a sostenere l’affermazione di
responsabilità-, risulta bypassato nel ricorso, mentre gli altri avevano descritto specifici
comportamenti del Caneva che avevano colpito la loro attenzione, idonei a connotare di
un elevato grado di attendibilità i rispettivi riconoscimenti (l’imputato girava con un
coltello in mano: Michele De Pasquale; l’imputato aveva minacciato altri presenti:
Gianluca Volpato e Marco Vedovato; sempre l’imputato era stato redarguito da un
amico, che lo aveva invitato a cambiarsi la maglia, dopo che aveva ferito il giovane
Marco Bettio: Alvise Daissè).

7. Visibilmente inconsistente il secondo motivo sempre in punto di attendibilità di Michele
Nicolè, in quanto la circostanza che il teste avesse notato già prima del fatto l’imputato
per lo stato di agitazione che manifestava, non fa che rendere maggiormente sicuro il
riconoscimento da lui effettuato (tra l’altro avvalorato anche dal particolare, riferito dal
Nicolè, del cambio della maglia da parte di Caneva, nera al momento del fatto, bianca
successivamente).
8. Inutilmente, poi, il ricorrente reitera con il terzo motivo la questione dell’assenza di
tracce ematiche della vittima dell’aggressione sugli abiti del Caneva avendo la corte
valorizzato, a giustificare tale assenza, che l’accoltellamento era avvenuto da tergo,

3

l’appello, aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale

senza contare che la circostanza che il teste Nicolè abbia riferito di aver creduto che la
Friso fosse stata colpita con un pugno all’addome, depone nel senso della mancanza di
perdita visibile di sangue.
9. La scelta del PM di dar luogo ad un separato procedimento in relazione al ferimento del
Bettio -per il quale non vi era stato peraltro arresto in flagranza né applicazione di
misura cautelare, a differenza che per il ferimento della Friso- non è in questa sede
sindacabile non avendo dato luogo a violazione del diritto di difesa sanzionata da una

questa corte, neppure il provvedimento di separazione dei procedimenti erroneamente
disposto dal giudice è viziato da alcuna nullità, in quanto esso non incide sui diritti
d’intervento e di assistenza dell’imputato (art. 178 lett. c) cod. proc. pen.), il quale salvo valersi, ricorrendone i presupposti, del mezzo della denuncia del conflitto di
competenza (art. 30, comma secondo, cod. proc. pen.)-, se separatamente giudicato
per fatti connessi, ha comunque diritto di chiedere al giudice dell’esecuzione
l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato (Cass.
21956/2005, 11411/1993).
10.Anche il quarto motivo è manifestamente infondato. Invero la censura di illogicità del
giudizio di attendibilità dei testimoni, non sottoposti ad alcol test ancorché la polizia
avesse dato atto che nel locale l’alcol regnava sovrano’, pecca di genericità non
essendo accompagnata, corna già osservato dalla corte territoriale, da alcun elemento a
sostegno dell’ipotesi che i testimoni utilizzati ai fini della decisione fossero in stato di
ebbrezza, essendo stato invece accertato che era il Caneva a trovarsi in tale condizione.
11.La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta le statuizioni di cui all’art. 616
cod. proc. pen., determinandosi in € 1000 la somma da corrispondersi dall’impugnante
alla cassa ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di € 1000 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma, 10.12.2013

Il consigliere estensor

Il Presidente

norma specifica, non individuata dal ricorrente. Invero, secondo giurisprudenza di

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