Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6838 del 28/01/2016


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6838 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FRONTERA GIOVANNI N. IL 22/02/1974
avverso l’ordinanza n. 868/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 08/09/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
1e/sentite le conclusioni del PG Dott. -Get,d 0-7/a! ([212,_)L

M cqqo

Udit i difensor A

Data Udienza: 28/01/2016

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 8 settembre 2015 il Tribunale di Catanzaro, costituito
ai sensi dell’art. 310 cod. proc. pen., rigettava l’appello proposto da Giovanni
Frontera avverso l’ordinanza emessa dal G.I.P. dello stesso Tribunale in data 18
luglio 2015, con la quale era stata respinta la richiesta di sostituzione della misura
coercitiva della custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari, avanzata ai
sensi dell’articolo 89 d.P.R. n. 309/1990. A fondamento della decisione il Tribunale
rilevava che il delitto per il quale l’appellante era stato sottoposto a custodia

anche se il sottoposto abbia in corso un programma di recupero dalla
tossicodipendenza o alcol dipendenza, in quanto continua ad applicarsi la disciplina
ordinaria del regime cautelare, stabilita dall’art. 275 cod. proc. pen., comma 3.
2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso l’indagato e mezzo dei
difensori per chiederne l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione
in relazione agli artt. 89 d.P.R. 309/90, 274 e 275 cod. proc. pen.. Secondo la
difesa, alle argomentazioni esposte nell’ordinanza impugnata deve opporsi che la
giurisprudenza di legittimità in riferimento alla fattispecie di cui all’art. 74 dello
stesso testo di legge ha ritenuto che il divieto di applicazione del regime cautelare
domiciliare non sia escluso, salvo che ricorrano esigenze cautelari di eccezionale
rilevanza, sicchè il giudice deve valutare tali esigenze secondo gli ordinari criteri
dettati dagli artt. 274 e 275 cod. proc. pen.. Inoltre, il Tribunale non ha considerato
che l’art. 89 d.P.R. nr. 309/90 introduce una disciplina di favore per l’imputato
tossicodipendente che commetta quei due tipi di delitti contro il patrimonio
ricompresi nell’art. 4-bis ord. pen., ma considerati tipici, il che vale anche per
l’ipotesi tentata e non consumata, che esprime in sé una minore pericolosità
sociale, mentre l’art. 4-bis citato include alcuni delitti individuati solo in base al
titolo ed altri perché commessi “avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso
articolo (art 416 bis c.p.) ovvero al fine di agevolare l’attività della stessa
associazione”, senza alcuna distinzione fra delitti consumati e tentati.
Inoltre, il Tribunale ha ritenuto preclusivo il reato di cui all’art. 416 bis cod.
pen. senza fornire alcuna motivazione in ordine alla sussistenza di esigenze
cautelari che imponevano la detenzione in carcere.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non pertinenti e comunque
manifestamente infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha chiaramente esposto le ragioni della decisione
reiettiva dell’appello, allorchè ha riscontrato l’elevazione dell’accusa a carico
1

costituisce titolo ostativo all’ammissione alla meno afflittiva misura domiciliare,

dell’appellante di partecipazione ad associazione di stampo mafioso ai sensi dell’art.
416-bis cod. pen. e l’esclusione per coloro che debbano rispondere di tale
fattispecie criminosa della possibilità di accedere al regime cautelare più favorevole
con sostituzione della misura custodiale con quella domiciliare ai sensi dell’art. 89
d.P.R. n. 309/90.
1.1 Tale disposizione prevede che, qualora ricorrano i presupposti per
applicare la misura della custodia in carcere e non sussistano esigenze cautelari di
eccezionale rilevanza, il giudice dispone gli arresti domiciliari nei confronti di
soggetto che abbia in corso un programma terapeutico di recupero presso i servizi

del programma possa comportare pregiudizio al suo recupero. Siffatta previsione
generale è però derogata da quanto previsto al comma 4, il quale esclude
l’applicazione dei commi 1 e 2 quando si procede per uno dei delitti previsti dall’art.
4-bis ord. pen., a meno che non si tratti dei delitti di rapina ed estorsione e non
ricorrano elementi di collegamento con la criminalità organizzata o eversiva.
1.2 Ebbene, la fattispecie astratta di cui all’art. 416-bis cod. pen. è compresa
nell’elencazione dell’art. 4-bis ord. pen., per cui, come correttamente affermato dal
Tribunale in adesione all’interpretazione offerta anche da questa Corte di legittimità
(Cass. sez. 1, n. 20879 del 14/04/2010, Madonna, Rv. 247584; Sez. 4, n. 4183 del
14/11/2007, Zitello, rv. 238675 ), il regime cautelare più favorevole non può essere
applicato, nonostante il sottoposto presenti dipendenza patologica dalle sostanze di
abuso previste ed abbia in atto un programma di riabilitazione ed in tale situazione
continuano ad essere applicabili le regole ordinarie di valutazione delle esigenze
cautelari, stabilite dagli artt. 274 e 275 cod. proc. pen..
1.3 Tra queste resta operante il disposto del terzo comma dell’art. 275 cod.
proc. pen., il cui secondo periodo anche nel testo modificato a seguito della recente
legge nr. 47 del 2015 stabilisce che la custodia cautelare in carcere deve essere
applicata quando sussistano gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui
all’art. 416-bis cod. pen., salva l’acquisizione di elementi, dai quali risulti che non
sussistono esigenze cautelari. Ebbene, il legislatore con la legge di riforma ha inteso
ribadire con chiarezza che la sottoposizione dell’indagato a custodia in carcere
costituisce la forma residuale di coercizione cautelare, applicabile soltanto a fronte
dell’accertata e motivata inadeguatezza di altre misure meno afflittive, così
traducendo in precetto normativo i reiterati pronunciamenti della Corte
Costituzionale che dal 2010 in poi sino alla più recente sentenza nr. 48/2015 ha
dichiarato l’incostituzionalità delle disposizioni dell’art. 275 cod. proc. pen., comma
3, nel testo precedente la riforma di cui alla legge nr. 47 del 2015, nella parte in cui
stabiliva per determinate tipologie di reati più gravi la presunzione assoluta di
sussistenza di esigenze cautelari e di adeguatezza della sola custodia in carcere e
ne ha sancito la natura soltanto relativa, perché superabile con la deduzione di

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pubblici di assistenza o nell’ambito di struttura privata autorizzata e l’interruzione

elementi indicativi della carenza di tali pericoli. Pur avendo attenuato la portata
applicativa di tale presunzione, ne ha mantenuto inalterata la previsione quando si
proceda per le fattispecie delittuose associative di cui agli artt. 270, 270-bis e 416bis, ossia per quelle connotate da maggiore gravità ed allarme sociale tra le ipotesi
di reato non interessate dalle pronunce di incostituzionalità.
1.4 Ebbene, è pacifico che nel caso in esame non è stato rappresentato dalla
difesa alcun elemento indicativo della totale insussistenza di qualsiasi profilo di
pericolosità dell’indagato, mentre il ricorso, incurante del parametro normativo di
riferimento, adduce argomenti del tutto inconferenti rispetto alla fattispecie

del terzo comma dell’art. 89 d.P.R. nr. 309/90 e su quelli in forma tentata, ipotesi
criminose sotto entrambi i profili diverse da quella associativa ascritta al Frontera,
quindi ha concluso con una censura sull’assenza di motivazione in ordine alla
ricorrenza di esigenze cautelari, trascurando che, al contrario, le stesse si
presumono sussistenti, salva prova contraria mai acquisita e che tale valutazione è
stata già condotta all’atto dell’adozione del provvedimento impositivo della misura
custodiale.
Per le ragioni esposte l’impugnazione nella sanzione dell’inammissibilità che
comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
relazione ai profili di colpa insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, al
versamento della somma di euro mille in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 mille in favore
della Cassa delle ammende. Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del
presente provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94
disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2016.

concreta sui reati -rapina ed estorsione-, per i quali non opera il regime limitativo

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