Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6837 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6837 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MARINELLI FELICETTA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PULSONI DANIELE N. IL 10/03/1980
avverso la sentenza n. 3432/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 20/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA
MARINELLI;

Data Udienza: 20/11/2013

Motivi della decisione

Contro la sentenza indicata in epigrafe, che ha ritenuto
responsabile Pulsoni Daniele in ordine al reato di cui
agli articoli 624 e 625 n. 4 c.p., con la recidiva
specifica, reiterata e infraquinquennale – fatto commesso
in Roma 1’1.04.2007, ha proposto ricorso per cassazione

erronea applicazione della legge penale e difetto di
motivazione in relazione all’art.438, comma 3 e
all’art.122 c.p.p., in relazione al trattamento
sanzionatorio con particolare riferimento alla mancata
concessione delle attenuanti generiche e in relazione
all’art.56 c.p., trattandosi ad avviso della difesa di
furto tentato e non consumato. Sosteneva infatti la difesa
che il Pulsoni era stato costantemente osservato dal
personale addetto alla vigilanza all’interno del
supermercato e pertanto , sulla scorta del predetto
rilievo, l’ipotesi di reato ascritto al ricorrente doveva
essere quella del furto tentato e non consumato.
Il ricorso è inammissibile,

ex articolo 606, comma 30 ,

cod.proc.pen., perché proposto per motivi manifestamente
infondati.
Quanto al primo motivo la Corte di appello di L’Aquila ha
rilevato che le nullità non possono essere dedotte da chi
vi abbia dato causa e, nel caso che ci occupa, la nullità

l’imputata chiedendone l’annullamento per inosservanza o

consisterebbe nell’avere accolto il giudice una richiesta
avanzata dal sostituto del difensore. Osservava poi la
sentenza impugnata che, comunque, il sostituto designato
con delega aveva il potere di richiedere il rito
abbreviato, essendo prevista nella procura speciale
rilasciata dal Pulsoni al suo difensore la facoltà di
subdelegare l’incombente.
Quanto

alla

doglianza

concernente

il

trattamento

sanzionatorio, si rileva che la decisione impugnata

p/

risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che
soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la dosimetria della pena. E appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in
ordine al giudizio di comparazione e per quanto riguarda
la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di

legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa
Suprema Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass., Sez.6, 22 settembre 2003 n.227142) o con
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass.,
sez.6, 4 agosto 1998, Rv.211583), ma afferma anche che le
statuizioni relative al giudizio di comparazione tra
circostanze aggravanti ed attenuanti,

effettuato in

riferimento ai criteri di cui all’art.133 c.p., sono
censurabili in cassazione solo quando siano frutto di mero
arbitrio o ragionamenti illogico (Cass., sez.3, 16 giugno
2004 n.26908, Rv.229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie, avendo la
Corte di appello di L’Aquila espressamente chiarito le
ragioni in base alle quali ha ritenuto di confermare il
giudizio di equivalenza tra attenuanti e aggravanti e
quindi la pena irrogata dal giudice di primo grado.
Quanto infine attiene al terzo motivo di ricorso, la Corte
territoriale ha rilevato che, con il superamento delle
casse, la merce era uscita dalla sfera di vigilanza e
controllo diretto degli addetti alla sicurezza e quindi si
era verificato l’impossessamento da parte dell’imputato.
Quanto ritenuto dalla Corte territoriale è perfettamente
in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui
costituisce furto consumato e non tentato quello che si
commette all’atto del superamento della barriera delle
casse di un supermercato con merce prelevata dai banchi e
sottratta al pagamento, a nulla rilevando che il fatto sia
avvenuto sotto il costante controllo del personale del

t

supermercato, incaricato della sorveglianza, come appunto
è avvenuto nella fattispecie oggetto dell’odierno processo
(cfr, Cass., sez.5, sent. n.7086 del 19.01.2011,
Rv.249842; Cass., Sez.5, Sent. n.37242 del 13.07.2010,
Rv.248650; Cass., sez.5, Sent. n.27631 dell’8.06.2010,
Rv.248388).
Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr,

Cass., Sez.4, Sent. n.7235 del 16.01.2004, Rv.227347)
costituisce infatti furto consumato e non tentato il
sottrarre merce dai banchi di esposizione di un
supermercato ove si pratichi il sistema del cosiddetto
“self service” evitando il pagamento alla cassa. Il
momento consumativo del reato, in tal caso, è ravvisabile
nel momento dell’apprensione della merce, che si realizza
certamente quando l’agente abbia superato la barriera
delle casse senza pagare il prezzo, ma anche prima,
allorchè la merce venga dall’agente nascosta in tasca o
nella borsa, sì da predisporre le condizioni per passare
dalla cassa senza pagare; salvo che, in quest’ultima
evenienza (quando quindi le casse non sono ancora state
varcate) l’avente diritto o persona da lui incaricata
abbia sorvegliato tutte le fasi dell’azione furtiva, sì da
poterla interrompere in ogni momento, ravvisandosi allora
solo la fattispecie tentata.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al pagamento, a favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1.000 a titolo di sanzione
pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del
ricorrente stesso (cfr. Corte Costituzionale sent. n.
186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

P Q M

r

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 novembre 2013
Il P

1 247e es

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