Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 683 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 683 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

ORDINANZA C;

sul ricorso proposto da:
ELFADILI AYOUB N. IL 23/01/1990
RAFI ISMAIL N. IL 23/04/1987
avverso la sentenza n. 2134/2013 TRIBUNALE di LUCCA, del
19/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

Data Udienza: 25/11/2015

Fatto e diritto
ELFADILI AYOUB e RAFI ISMAIL ricorrono avverso la sentenza in data
19 novembre 2013 di applicazione della pena su richiesta ex articolo 444
c.p.p. per le violazioni contestate loro [stupefacenti,sub specie art. 73,
comma 5, dpr 309/90), resistenza e lesioni in danno di p.u.,

Contestano la mancata traduzione degli atti e la violazione dell’articolo
129 c.p.p.

Le doglianze sono formulate in modo assolutamente generico.

Sulla prima risulta in atti – verbale di arresto- la circostanza che i
prevenuti parlavano e comprendevano la lingua italiana e risulta altresì
che l’udienza di convalida si è svolta alla presenza del difensore e senza
la necessità di nominare un interprete.

Quanto al resto, nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia
ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti prospettare, in sede di
legittimità, questioni con riferimento alla sussistenza ed alla
qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze, alla entità e modalità di
applicazione della pena (salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale)
(Sezione IV, 7 novembre 2006, Cassata).

In ogni caso, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex
plurimis Sezioni unite, 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va
conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della
pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli
negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento
a norma dell’articolo 129 c.p.p.).

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danneggiamento]

Ciò il giudicante ha fatto, ben oltre la sinteticità richiesta dal rito, con
riferimento proprio ai presupposti di inapplicabilità dell’articolo 129
c.p.p. [valorizzando e analizzando le risultanze dell’attività della p.g.] e
anche alla correttezza della pena proposta

Nonostante la manifesta infondatezza dei ricorsi, si impone
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata essendo stata

La disciplina sanzionatoria dell’ipotesi attenuata in materia di sostanze
stupefacenti è rinvenibile ora nel disposto dell’articolo 73, comma 5, del
dpr n. 309 del 1990, come da ultimo modificato dal decreto legge n. 36
del 2014, convertito dalla legge n. 79 del 2014.

La sanzione è stata ulteriormente ridotta, rispetto al precedente
intervento realizzato con il decreto legge n. 146 del 2013, convertito
dalla legge n. 10 del 2014 [intervento con cui, peraltro, l’ipotesi
attenuata era stata trasformata in un reato autonomo]: dalle pene della
reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro
26.000, si passa alle pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e
della multa da euro 1032 a euro 10.329.

E’ il novum normativo più favorevole che deve trovare applicazione, ai
sensi dell’articolo 2, comma 4, c.p., onde evitare l’applicazione di una
sanzione divenuta “illegale”, anche per i fatti commessi sotto il vigore
della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza
irrevocabile.

In questa prospettiva, non è dubbio che sia il testo attuale quello più
favorevole rispetto alle discipline previgenti.

Ciò vuoi perché la natura di reato autonomo sottrae oggi la norma al
bilanciamento con eventuali circostanze aggravanti, vuoi per il computo
dei termini di custodia cautelare, vuoi per il computo della prescrizione,
vuoi, soprattutto, sotto il profilo sanzionatorio [le pene, già ridotte, con
il decreto legge n. 146 del 2013, convertito nella legge n. 10 del 2014,
sono state ulteriormente abbassate e sono decisamente più favorevoli a
quelle previste dalla Fini-Giovanardi e dallo stesso dpr n. 309 del 1990,

applicata una pena illegale.

nel testo originario, relativamente alle pene ivi previste per le droghe
“pesanti”].

Tra l’altro, l’avvenuta reintroduzione

della sostituibilità della pena

principale con quella del lavoro di pubblica utilità [prevista dalla legge n.
49 del 2006, ma inopinatamente dimenticata nel decreto legge n. 146
del 2013, convertito nella legge n. 10 del 2014] è ulteriore argomento a
supporto del fatto che la normativa più favorevole in concreto è quella

In definitiva, è da ritenere che norma più favorevole non possa che
essere, sia per i fatti lievi riguardanti droghe pesanti, che per i fatti lievi
riguardanti droghe leggere, quella introdotta con la normativa di cui al
decreto legge n. 36 del 2014, convertito dalla legge n. 79 del 2014,
sensibilmente più contenuta rispetto a quelle che nel tempo si sono
susseguite.

In questo senso, del resto, si sono espresse, in modo esauriente, le
Sezioni unite, sotto diversi profili.

In particolare, in termini generali, Sezioni unite, 26 febbraio 2015- 28
luglio 2015 n. 33040, .lazouli, ha affermato che, n materia di sostanze
stupefacenti, con riferimento alle ipotesi di illeciti riguardanti sostanze
stupefacenti “leggere”, va annullata la sentenza di patteggiamento per
il reato di cui all’articolo 73 del dpr 9 ottobre 1990 n. 309 che abbia
applicata una pena secondo i parametri edittali meno favorevoli previsti
dalla disciplina sanzionatoria introdotta dalla legge n. 49 del 2006
dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 32 del 2014 della Corte
costituzionale, pur quando la pena concretamente inflitta sia compresa
entro i limiti edittali previsti dall’originaria formulazione della norma,
prima della novella del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza
di incostituzionalità. In tale evenienza, poiché nel patteggiamento
l’illegalità sopravvenuta della pena determina la nullità dell’accordo, la
Corte di cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza basata su
tale accordo.

Sono principi esportabili anche all’ipotesi del “fatto lieve” [cfr., del resto,
anche Sezioni unite, 26 giugno 2015, Della Fazia].

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ora introdotta.

Si impone quindi l’annullamento senza rinvio dell’accordo pattizio e della
sentenza che l’ha recepito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata senza rinvio e dispone trasmettersi gli
atti al Tribunale di Lucca.
Così deciso in data 25 novembre 2015

Il Consigliere estensore

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