Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6820 del 17/01/2017

Penale Sent. Sez. 2 Num. 6820 Anno 2017
Presidente: FUMU GIACOMO
Relatore: FILIPPINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.

avverso la sentenza del 08/07/2015 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/01/2017, la relazione svolta dal Consigliere
STEFANO FILIPPINI
Udito il Procuratore Generale in persona del FRANCA ZACCO
che ha concluso per il rigetto dei ricorsi

Data Udienza: 17/01/2017

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 8.7.2015, la Corte di appello di Cagliari,

sez.dist. di Sassari, confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Nuoro
del 5.6.2013, resa con il rito abbreviato, che aveva condannato A.A. e B.B. (oltre ad altri soggetti rimasti estranei al
presente giudizio) alle pene ritenute di giustizia in relazione ai reati
rispettivamente ascritti. In particolare, il A.A. è stato ritenuto responsabile

abrasa e una pistola), di avere detenuto e portato le stesse, nonché di
ricettazione limitatamente al fucile. Il B.B., invece, è stato ritenuto
responsabile della tentata rapina in casa ai danni dei fratelli Chessa, del furto
di una mungitrice elettrica, della rapina in casa ai danni di Sassu Giovanni, di
detenzione e porto di una pistola oggetto della rapina ai danni del Sassu,
della cessione di tale arma a terzi (tale OO) nonché della offerta in vendita
a terzi (ancora OO) di tre pistole calibro 45, 7 e 9 corto.
2.

La Corte territoriale respingeva tutte le censure mosse con l’atto

d’appello, in punto di penale responsabilità e trattamento sanzionatorio.
3.

Avverso tale sentenza propongono ricorso gli imputati, sollevando i

seguenti motivi di gravame:
3.1. Con ricorso del difensore nell’interesse di A.A. si lamenta:
3.1.1. illogicità e carenza di motivazione, nonché omesso esame di motivo
di impugnazione, in relazione alla attribuzione all’imputato della offerta in
vendita e del possesso di due armi, mentre dalle intercettazioni captate
può al massimo desumersi il riferimento allo stesso solo di una sola arma,
senza potersi neppure cogliere se è quella con matricola abrasa o meno;
3.1.2. illegittimità della pena comminata in relazione alla seconda arma.
3.2. Con ricorso sottoscritto personalmente, B.B. lamenta:
3.2.1 violazione di legge in relazione al tentativo di rapina in casa ai danni
dei fratelli Chessa, essendo stata interrotta l’azione criminosa prima del
superamento della soglia del tentativo punibile, potendosi anche ravvisare
gli estremi della desistenza volontaria;
3.2.2. violazione di legge in relazione alla condanna per la rapina in casa ai
danni di Sassu Giovanni, fondata sulle dichiarazioni di una teste, CC, che ha descritto fattezze dei criminali incompatibili con quelle
dell’imputato; inoltre, le celle agganciate dal telefono del B.B. nei
frangenti in cui è stato commesso il reato non coincidono con quelle del
luogo medesimo;

1

di aver posto in vendita due armi (un fucile Beretta cal. 12 con matricola

3.2.3. motivazione carente, contraddittoria e illogica in relazione alla
detenzione e offerta in vendita tre pistole comuni (calibro 45, 7 e 9 corto)
nonché alla detenzione e cessione della pistola da collezione frutto della
rapina ai danni del Sassu.

CONSIDERATO IN DIRITTO

B.B. è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1. Prendendo le mosse dal ricorso depositata nell’interesse di A..A
Francesco, devesi rilevare che il materiale istruttorio risultante a carico del
predetto è riassunto alle pagg. 4-7 e 20-21 della sentenza di appello nonché
nelle pagg. 3-26 della sentenza di primo grado, condivisa e richiamata dalla
Corte territoriale.
1.1. Come correttamente segnalato dal ricorrente, nell’atto di appello si era
lamentata (cfr. pagg. 4 e seguenti dello stesso) la carenza delle risultanze
istruttorie relativamente alla riconducibilità al A.A. del possesso e
detenzione di due armi (nonché della specifica riconducibilità al medesimo
di quella con matricola abrasa), potendosi eventualmente desumere dalle
intercettazioni il riferimento ad un sola arma (di tipo non precisato).
Effettivamente, la lettura del resoconto delle intercettazioni, per come
riportate dai giudici del merito, non consente di attribuire con evidenza al
A.A. l’offerta in vendita e il possesso di due armi, né risultano spesi
convincenti argomenti al riguardo da parte dei giudici del gravame. Infatti,
a pag. 20 la Corte di appello espressamente evidenzia gli elementi da cui
desume la consegna di un’arma al correo MM da parte del A.A.. Il fatto
che le armi poste in vendita (da MM e da PP) fossero due, e che il A.A.
risulti, con adeguata certezza, essere il venditore di una di queste, non
automaticamente dimostra con evidenza che il ricorrente debba rispondere
in concorso anche della offerta in vendita di una seconda arma in assenza
di sicuri riscontri al riguardo, non evidenziati dai giudici di appello
nonostante l’espressa censura sul punto contenuta nel gravame, contenente
anche il richiamo ad un significativo passaggio dell’ordinanza di custodia
cautelare nel quale il GIP segnalava la riconducibilità a A.A. di una sola
arma (cfr. pag. 5 del ricorso in cassazione).
Infatti, se per giurisprudenza consolidata, ai fini della sussistenza del reato
di vendita illegale di armi, il reato deve intendersi perfezionato anche con la

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Il ricorso del A.A. è fondato nei limiti infra precisati mentre quello del

semplice offerta in vendita (Sez. 1, n. 6412 del 10/12/1979, Rv. 145381), e
non occorre che il relativo negozio abbia prodotto effetti traslativi della
proprietà, nondimeno, risultando dimostrata, per il A.A., la previa
detenzione di una sola arma, occorre adeguatamente accertare quale sia
stato il ruolo concorsuale, ed il relativo elemento psicologico, rispetto alla
detenzione, porto, offerta in vendita e ricettazione dell’altra arma, nonché la
natura della stessa.

sollevata in appello, della configurabilità in capo al A.A. del reato di
ricettazione (sussistente, come affermato dai giudici di merito, solo in
relazione al fucile con matricola abrasa) se non vi è dimostrazione della
attribuibilità al ricorrente di entrambe le armi.
Evidente è, in sostanza, la assolta inconsistenza della (apparente)
motivazione offerta dalla Corte di appello, in relazione ai profili evidenziati,
al punto 5.20 (pag. 21) della sentenza di appello.
La pronuncia in questione va dunque annullata con rinvio, limitatamente al
profilo della riconducibilità al A.A. delle condotte relative ad una seconda
arma, affinchè la Corte di appello di Cagliari giudichi sul punto in conformità
agli evidenziati elementi.
2. Manifestamente infondati sono, invece, i motivi proposti da B.B..
Difatti, gli stessi attengono a valutazioni di merito che sono insindacabili nel
giudizio di legittimità, quando il metodo di valutazione delle prove sia
conforme ai principi giurisprudenziali e l’argomentare scevro da vizi logici,
come è nel caso di specie per il ricorrente in parola (Sez. U., n. 24 del
24/11/1999, Spina, Rv. 214794; Sez. U., n. 12 del 31.5.2000, Jakani, Rv.
216260; Sez. U. n. 47289 del 24.9.2003, Petrella, Rv. 226074 ). E così
segnatamente:
2.1. Per il primo motivo, con il quale lamenta violazione di legge in relazione
al tentativo di rapina in casa ai danni dei fratelli Chessa (essendo stata
interrotta l’azione criminosa prima del superamento della soglia del
tentativo punibile, potendosi anche ravvisare gli estremi della desistenza
volontaria), con congrua ed adeguata motivazione la Corte territoriale ha
evidenziato (cfr. pagg. 9 e 10) che dalle intercettazioni ambientali effettuate
il 4.4.2010 all’interno della vettura del A.A. sono emersi chiari ed espliciti
intenti predatori nei confronti dei fratelli Chessa, inerenti non ad un furto
ma ad una rapina (prospettandosi apertamente l’uso di violenza verso le

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Difetta, altresì, adeguata motivazione in relazione alla questione, pure

vittime), come pure la circostanza che il successivo 6 aprile si stessero
accingendo ad entrare in azione quando sono stati interrotti dal
sopraggiungere dei Carabinieri, che hanno trovato i correi in possesso di
guanti, cappellino, arnese da scasso e coltello con lama di 9 cm. (non
esattamente un “coltellino”, come afferma la difesa ricorrente).
Pienamente legittima appare la decisione impugnata, conforme alla
condivisa giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, ai fini della

meramente preparatori, quando essi, per le concrete circostanze di luogo, di
tempo o di mezzi, evidenzino che l’agente commetterà il delitto progettato
a meno del sopravvenire di eventi imprevedibili, indipendenti dalla volontà
dell’agente, e che l’azione abbia la rilevante probabilità di conseguire
l’obiettivo programmato (Sez. 2, n. 28213 del 15/06/2010, Rv. 247680); e,
nel caso di specie, risulta dalle intercettazioni che il ricorrente ed i correi
erano appostati a poca distanza dall’abitazione delle vittime, in possesso
degli arnesi necessari ad operare, ed erano pronti ad entrare in azione.
Solo il tempestivo intervento dei Carabinieri, in ascolto delle conversazioni
in corso a bordo dell’auto dei rapinatori, ha impedito il compiersi della
reato.
Arduo, pertanto, appare il tentativo difensivo di sostenere la presenza di
desistenza volontaria. Infatti, se l’idoneità degli atti, ai fini del tentativo,
deve essere valutata con giudizio “ex ante”, tenendo conto delle circostanze
in cui opera l’agente e delle modalità dell’azione (riscontro, come detto,
effettuato in maniera positiva dalla Corte territoriale), la desistenza
volontaria presuppone la perdurante possibilità di consumazione del delitto
(Sez. 2, n. 44148 del 07/07/2014, Rv. 260855), aspetto reso
evidentemente insussistente, nel caso di specie, dal controllo in atto a
distanza e dal rapido intervento da parte delle forze dell’ordine.
2.2. Con altrettanto logica motivazione, in relazione al secondo motivo di
ricorso, la Corte d’Appello ha desunto la penale responsabilità del prevenuto
sulla base di una pluralità di convergenti e univoci indizi. Infatti, a carico del
B.B. non militano solo le dichiarazioni della teste CC o la
individuazione di una cella telefonica di aggancio dell’apparato mobile
dell’imputato prossima al luogo della rapina (quella di località Chercos e non
quella di Costanada, sempre nel Comune di Bonacardo), essendosi
registrata altresì la presenza dell’imputato nel Comune suddetto già dalle
primissime ore della mattina del fatto, il rumore dei latrati di cani rinchiusi

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punibilità del tentativo, possono assumere rilevanza anche gli atti

nei canili della zona di commissione del reato, la voce ansimante del correo
PP. che chiamava il A.A. (incaricato di riprendere con la macchina gli
esecutori materiali), la menzogna del PP alla fidanzata nel messaggio
inviatole alle ore 9,39 (dice di essersi appena svegliato mentre il suo
telefono si trovava nella zona del fatto sin dalle 6 della mattina). Ma non
solo: a pag. 19 della sentenza di appello si spiega che un decisivo riscontro
discende pure dal fatto che a poca distanza temporale dalla rapina, il

compatibile con quella sottratta al CC. A fronte di tali puntuali
argomentazioni, il motivo di ricorso in esame appare manifestamente
infondato e comunque generico, in quanto meramente iterativo del gravame
perchè privo di specifiche confutazioni rispetto agli argomenti esposti dal
giudice di appello.
2.3. Ed infine, con riferimento al terzo motivo, i giudici d’appello (pagg. 68) hanno ragionevolmente rivenuto la chiara dimostrazione della offerta in
vendita delle tre pistole nella esplicita conversazione telefonica delle ore
21,51 del 8.6.2010, mentre i fatti di detenzione, porto e cessione (a OO)
della pistola a tamburo rapinata al CC, da nessuna emergenza descritta
come non funzionante (e regolarmente denunciata dal proprietario), sono
evidentemente desunti dall’intercettazione del 30 maggio tra OO e B.B.
e nel colloquio avvenuto all’interno dell’auto del primo con la fidanzata
(pag. 13 della sentenza di appello). Tutto ciò, come accennato, dimostra la
manifesta infondatezza anche di quest’ultimo motivo proposto dal B.B.,
peraltro di nuovo iterativo del gravame e privo di specifiche confutazioni
rispetto agli argomenti esposti dal giudice di appello.
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso del B.B. consegue, ai
sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla
luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si
stima equo determinare in C 1.500,00.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata nei confronti di A.A. con rinvio
alla Corte di appello di Cagliari per nuovo giudizio.

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B.B. è colto nel cedere ad OO un’arma da collezione, perfettamente

Dichiara inammissibile il ricorso di B.B. che condanna al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 alla
Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 gennaio 2017.

Dr. Stefano iliDo nio

Il Psidente
Dr. Gia

o Fumu

Il Consigliere estensore

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