Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6819 del 23/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6819 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Testa Francesco n. il 13.2.1959
avverso l’ordinanza n. 100/2008 pronunciata dalla Corte d’appello di
Bari il 5.2.2013;
sentita nella camera di consiglio del 23.1.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. F.
Salzano, che ha richiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.

Data Udienza: 23/01/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza resa in data 5/19.2.2013, la Corte d’appello
di Bari ha rigettato la domanda proposta da Francesco Testa per la
riparazione dell’asserita ingiusta detenzione dallo stesso subita nel
periodo dal 13.3.2000 al 19.6.2003, in relazione al prospettato reato
di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti dalla cui imputazione il Testa era stato assolto nel merito.
Con il provvedimento impugnato, la corte barese ha ritenuto il
comportamento del Testa idoneo a dar causa al provvedimento restrittivo della sua libertà personale, per avere lo stesso, in modo gravemente imprudente, coltivato frequentazioni con soggetti pregiudicati e indiziati del medesimo reato associativo, con forme e modalità
tali da risultare oggettivamente e gravemente indizianti in relazione
alla specifica imputazione sollevata nei relativi confronti.
Avverso il provvedimento della corte d’appello di Bari, a
mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il Testa, censurando il provvedimento impugnato per violazione di legge e
vizio di motivazione.
In particolare, si duole il ricorrente che la corte territoriale abbia ritenuto causalmente rilevante e gravemente colpevole il complessivo comportamento del ricorrente nel provocare l’adozione del
provvedimento restrittivo dallo stesso sofferto, in assenza di alcun
concreto elemento probatorio di riscontro in tal senso utilizzabile,
avuto particolare riguardo alla natura occasionale o contingente delle
sospette frequentazioni del Testa evidenziate nel provvedimento impugnato, inidonee a costituire una forma di evidente e macroscopica
imprudenza o trascuratezza, suscettibile di integrare una causa ostativa al riconoscimento della riparazione invocata.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte
di cassazione, concludendo, in accoglimento del ricorso, per
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Con memoria depositata in data 7.1.2014, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha concluso per la dichiarazione
d’inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
2. –

Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.

2

Secondo l’insegnamento di questa corte di legittimità, in tema
di riparazione per l’ingiusta detenzione subita, le frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non sono giustificate da rapporti di parentela, e sono poste in essere con la consapevolezza che
trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo ad
un comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa (Cass., Sez. 3, n. 363/2007, Rv. 238782).
In particolare, nei reati contestati in concorso, la condotta di
chi, pur consapevole dell’attività criminale altrui, abbia nondimeno
tenuto comportamenti idonei ad essere percepiti come indicativi di
una sua contiguità ad essa, integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo (Cass., Sez. 4, n.
45418/2010, Rv. 249237; Cass., Sez. 4, n. 37528/2008, Rv. 241218).
Nel caso di specie, secondo il ragionamento coerentemente e
congruamente argomentato nel provvedimento impugnato in questa
sede, la corte d’appello di Bari ha riconosciuto, in capo al Testa, il ricorso di consistenti profili di colpa grave nel concorrere a dar causa al
provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, evidenziando
come lo stesso (già individuato in passato quale spacciatore di sostanze stupefacenti insieme a tali Antonio Tedesco e Arcangelo Di
Brita) si fosse reso protagonista di conversazioni indizianti immediatamente riferite a frequentazioni che lo stesso Testa continuava ad
avere con gli stessi Tedesco e Di Brita, soggetti che la sentenza di assoluzione del Testa ha condannato per lo stesso reato associativo
ascritto a quest’ultimo.
Sul punto, vale evidenziare come questa corte abbia in altra
occasione avuto modo di precisare come la connivenza non punibile
costituisce causa ostativa al riconoscimento della riparazione per
l’ingiusta detenzione subita, qualora il comportamento del connivente, di cui sia stata provata la conoscenza dell’attività illecita commessa al suo cospetto (Cass., Sez. 4, n. 6878/2011, Rv. 252725; Cass., Sez.
4, n. 42039/2006, Rv. 235397), abbia in qualche misura rafforzato la
volontà degli autori del reato (Cass., Sez. 4, n. 42039/2006, Rv.
235397; Cass., Sez. 4, n. 8993/2003, Rv. 223688), pur senza concorrere nello stesso (anche quando il connivente non abbia perseguito
tale obiettivo con il suo comportamento: v. Cass, Sez. 4, n.
2659/2008, Rv. 242538), o comunque agevolato (Cass., Sez. 4, n.

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40297/2008, Rv. 241325), non impedito o tollerato che lo stesso reato si consumasse (Cass., Sez. 4, n. 16369/2003, Rv. 224773), in tal
modo assumendo atteggiamenti ambigui e ragionevolmente interpretabili ex ante come espressioni di partecipazione o di concorso alla
commissione del reato, così dando causa, per propria esclusiva colpa
grave, all’adozione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale dell’indagato (Cass., Sez. 4, n. 11089/2013, Arena, non massimata).
In coerenza a tali premesse, del tutto correttamente la corte
territoriale ha sottolineato come la circostanza che il Testa continuasse a coltivare, in modo gravemente imprudente, le proprie frequentazioni con le stesse persone già accertate in passato quali concorrenti
nello spaccio di sostanze stupefacenti, dimostrasse in modo significativo come lo stesso godesse della piena fiducia degli stessi (che, in
quanto associati, erano verosimilmente tenuti al massimo riserbo riguardo gli ‘affari’ di pertinenza dell’associazione), ai quali aveva talora offerto un concreto aiuto, come attestato nello stesso provvedimento impugnato in questa sede, in relazione alla richiesta di fornitura di una mitraglietta o alla verifica di qualità di un quantitativo di
cocaina inumidita (cfr. pag. 2 dell’ordinanza impugnata che, sul punto, richiama la pag. 430 della sentenza di assoluzione del Testa).
In modo del tutto ragionevole e sulla base di una motivazione
pienamente coerente sul piano logico e congruamente lineare in termini argomentativi, pertanto, la corte territoriale ha riconosciuto una
decisiva valenza causale alle condotte gravemente colpose del Testa
così compendiate (in relazione all’adozione della misura cautelare detentiva assunta nei suoi confronti), avendo coerentemente e logicamente riconosciuto la piena idoneità delle sospette frequentazioni del
prevenuto e delle modalità delle stesse a impedire l’imposizione e il
protrarsi della privazione della sua libertà, così lasciando prospettare
un’apparente e intuibile conferma del quadro indiziario già acquisito
a suo carico.
4. — Le considerazioni che precedono valgono a giustificare il
riscontro dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dal ricorrente, cui segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, oltre al rimborso delle spese del
giudizio in favore del Ministero resistente secondo la liquidazione di
cui al dispositivo.

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5

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione
in favore del Ministero delle Finanze delle spese del presente giudizio
che liquida in complessivi euro 750,00.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23.1.2014.

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