Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6812 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6812 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENENATI MARIO N. IL 19/02/1981
avverso l’ordinanza n. 6/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
02/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
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Data Udienza: 14/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Benenati Mario, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata
la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal 21.2.2007 al
27.4.2010, in relazione ai delitti di cui agli artt. 110, 628 cod. pen., per il quale
era stato mandato assolto per non aver commesso il fatto (sentenza irrevocabile
il 18.9.2010).
La Corte territoriale ha ravvisato l’insussistenza dei presupposti del diritto alla

comportamento dell’odierno ricorrente aveva dato corso all’ordinanza di custodia
cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al
riconoscimento dell’indennizzo richiesto. E ciò in quanto il Benenati, soggetto
gravato da precedenti penali anche per reati contro il patrimonio, si era
ripetutamente accompagnato ad Incardona Giovanni – reo confesso della rapina
per la quale il Benenati era stato tratto in arresto e persona dedita a commettere
reati contro il patrimonio – subito prima e subito dopo la perpetrazione
dell’illecito senza fornire alcuna giustificazione della circostanza, ed aveva
utilizzato un’autovettura come quella sulla quale erano fuggiti i rapinatori.

2. Il ricorrente ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione
dell’art. 314 cod. proc. pen., rilevando che la Corte di Appello è incorsa in una
errata valutazione giuridica dei contatti tra il Benenati e l’Incardona, non
considerando che essi sono legati da vincoli di parentela e che pertanto la
frequentazione può assumere rilevanza in funzione ostativa solo se sussiste una
pregressa consapevolezza dell’altrui agire illecito; nonché in un travisamento del
contenuto delle sentenze di merito, le quali non permettono di affermare che
poco prima e poco dopo la rapina commessa dall’Incardona questi si trovò in
compagnia del Benenati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
3.1. L’esponente mette a fuoco soltanto alcuni degli elementi che, ad avviso della
Corte di Appello, vanno a costituire il comportamento gravemente colposo
ostativo alla riparazione della detenzione subita dal Benenati. Il Collegio
territoriale, infatti, ha fatto menzione non solo della frequentazione con
l’Incardona, ma anche della collocazione di tali contatti e di quelli con altri
coimputati in un “oggettivo contesto di pluralità di rapporti finalizzati ad attività
illecite…” e, soprattutto, della mancata spiegazione da parte del Benenati di
siffatti rapporti. E’ del tutto evidente, quindi, che la Corte di Appello ha ritenuto

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riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., in quanto il

il Benenati consapevole della condotta illecita dell’Incardona, e che egli abbia
mantenuto i rapporti con quest’ultimo nonostante tale consapevolezza.
La decisione impugnata risulta quindi in linea con gli insegnamenti di questa
Corte che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, condotta idonea ad
ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314, primo
comma, cod. proc. pen. è non solo la condotta volta alla realizzazione di un
evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o
meno con una prescrizione di legge, ma anche “la condotta consapevole e

parametro dell’ “id quod plerumque accidit” secondo le regole di esperienza
comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e
di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità,
ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui
interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi
ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo
comma dell’art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri
risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza,
trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una
situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento
dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento
restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso”
(Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, Sarnataro ed altri, Rv.
203637).
L’ulteriore rilievo, concernente l’affermazione da parte della Corte di Appello
di circostanze non desumibili dalle sentenze di merito, risulta parimenti
infondato. Il ricorrente asserisce che, diversamente da quanto affermato dalla
Corte di Appello, tra l’Incardona e il Benenati non vi fu alcun contatto di poco
precedente o susseguente la rapina commessa dal primo; e tanto sarebbe
dimostrato dal fatto che l’accertamento di merito non ha permesso di acclarare
che la terza persona presente nell’auto di Di Modica Antonio, sulla quale era
anche il Benenati e che i carabinieri avevano casualmente intercettato, era
proprio l’Incardona. Per contro, l’affermazione del giudice della riparazione è che
un teste descrisse “la fuga dei rapinatori su un’auto come quella in cui venne
visto il Benenati poco prima e poco dopo la rapina”. Pertanto, il rilievo del
ricorrente non è in grado di svelare la incoerenza della circostanza affermata
dalla Corte distrettuale rispetto a quanto accertato nei giudizi di merito.

4. Il ricorso va quindi rigettato. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e alla rifusione in favore del Ministero delle

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volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il

Finanze delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro
750,00 (settecentocinquanta/00).

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché alla rifusione in favore del Ministero delle Finanze delle spese del
presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro 750,00

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14/11/2014.

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