Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6804 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6804 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

SEBTI N. IL 21/02/1976
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 81/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
05/10/2010
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dot . GIACOMO FOTI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

LI

Uditi difens

Avv.;

ItÀ(4.4.3

Data Udienza: 30/10/2013

Ritenuto in fatto.

-2- Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’ordinanza impugnata, il vizio di
violazione di legge con riferimento al “quantum” liquidato, a suo giudizio, sulla base di
circostanze documentalmente smentite.
-3- L’Avvocatura Generale dello Stato, costituitasi in giudizio nell’interesse del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, chiede dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso.
Considerato in diritto.
-1- Questa Corte ha costantemente affermato che la riparazione per ingiusta detenzione non
ha natura di risarcimento del danno, bensì solo di indennizzo, che viene riconosciuto a chi
sia stato ingiustamente privato della libertà personale. L’individuazione della somma
liquidabile, che costituisce tipico giudizio di merito, avviene, quindi, utilizzando criteri
equitativi che non possono essere sindacati nel giudizio di legittimità se non nei limiti in cui
alla liquidazione il giudice sia pervenuto senza una coerente giustificazione della decisione
adottata, ovvero sulla base di criteri manifestamente arbitrari, ovvero allorché egli abbia
liquidato una somma meramente simbolica. In altri termini, il controllo concernente la
verifica della congruità della somma liquidata a titolo di indennizzo è sottratto a questa
Corte, nel senso che ad essa certamente non spetta di sindacare la sufficienza o insufficienza
della somma liquidata.
-2-Orbene, nel caso di specie, la corte territoriale, dopo avere riconosciuto il diritto del
richiedente alla riparazione, ha tuttavia legittimamente ritenuto, alla stregua degli atti, che al
M’nasri non poteva essere attribuita una somma riparatoria nei massimi individuati
applicando il criterio aritmetico, come generalmente adottato, in considerazione della
personalità del richiedente che dall’arresto aveva subito danni, anche d’immagine, non
particolari, trattandosi di soggetto già in precedenza condannato, abituato ad assumere
identità diverse per celare la propria, privo di attività lavorativa ed uso a vivere di espedienti
e dei proventi di delitto, gravato da diversi procedimenti penali per gravi reati, quali:
detenzione di armi clandestine, ricettazione, violazione della legge sugli stupefacenti.
La liquidazione operata dai giudici della riparazione si presenta, dunque, certamente non
simbolica né arbitraria e non merita di essere censurata, avendo gli stessi giudici individuato
la somma liquidata alla fine di un percorso argomentativo che si presenta congruo e coerente
sotto il profilo logico.
E’ pur vero, secondo quanto sembra potersi dedurre dalla documentazione allegata al
ricorso, che il procedimento penale per gravi reati registrato a carico dell’esponente e citato
nel provvedimento impugnato (perdetenzione di armi clandestine, ricettazione e violazione
della legge sugli stupefacenti) potrebbe essere stato definito con la sentenza assolutoria del
Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 21.7.06, ma è altresì vero che l’assoluzione ammesso che riguardi le vicende processuali citate nell’ordinanza impugnata- non rende
meno torbida la personalità del M’nasri, assolto dai predetti reati -pur essendo stati rinvenuti
la pistola e lo stupefacente nell’appartamento ove lo stesso abitava unitamente ad altro

– 1- M’nasri Sebti ricorre per cassazione, per il tramite del difensore, avverso l’ordinanza
della Corte d’Appello di Napoli, del 5 ottobre 2010, con la quale, in accoglimento
dell’istanza di riparazione pecuniaria dallo stesso avanzata per l’ingiusta carcerazione
sofferta per 136 giorni, a seguito di provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso
nell’ambito di un procedimento penale che lo ha visto imputato dei delitti di rapina e lesioni
volontarie, ha liquidato la somma di 8.017,88 euro.

soggetto che da alcun tempo se ne era allontanato- non avendo potuto i giudici con sicurezza
escludere che il possesso dell’arma (rinvenuta sotto il materasso sul quale lo steso M’nasri
dormiva) e dello stupefacente, potesse attribuirsi all’altro individuo.
Mentre i rilievi del ricorrente concernenti la sua presunta attività lavorativa non si
presentano significativi, anche per l’illeggibilità dei documenti, allegati al ricorso, che
avrebbero dovuto attestarla.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali; dichiara
compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2013.

-3- Il ricorso deve essere, in definitiva, rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali. Devono essere compensate, tra le parti, le spese del presente
giudizio, in considerazione delle particolarità che caratterizza la questione esaminata.

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