Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 680 del 25/11/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 680 Anno 2016
Presidente: BIANCHI LUISA
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE PADOVA PIERA N. IL 03/07/1980
avverso la sentenza n. 1406/2014 GIP TRIBUNALE di TARANTO, del
07/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;
Data Udienza: 25/11/2015
Fatto e diritto
DE PADOVA PIERA ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe di applicazione della
pena su richiesta ex articolo 444 c.p.p. per le violazioni dell’articolo 73 del dpr n. 309 del
1990 contestatele
La doglianza è formulata in modo assolutamente generico.
Del resto, nel “patteggiamento”, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è
più consentito alle parti prospettare, in sede di legittimità, questioni con riferimento alla
sussistenza ed alla qualificazione giuridica del fatto, alla sua attribuzione soggettiva, alla
applicazione e comparazione delle circostanze, alla entità e modalità di applicazione della
pena (salvo che non si versi in ipotesi di pena illegale) (Sezione IV, 7 novembre 2006,
Cassata).
In ogni caso, come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Sezioni
unite, 27 settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima
e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo
delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali
circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della
sospensione condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa
subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di
proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Ciò il giudicante ha fatto, ben oltre la sinteticità richiesta dal rito, con riferimento proprio
ai presupposti di inapplicabilità dell’articolo 129 c.p.p. [in particolare, valorizzando gli esiti
delle intercettazioni e i sequestri] e anche alla correttezza della pena proposta
Alla inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa della ricorrente (Corte Cost., sent. 713 giugno 2000, n. 186), consegue la condanna della ricorrente medesima al pagamento
delle spese processuali e di una somma, che congruamente si determina in
millecinquecento euro, in favore della cassa delle ammende.
Contesta, in termini sintetici ed assertivi, il difetto di motivazione,
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500,00 in favore della cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Il Pre idente
Così deciso in data 25 novembre 2015