Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6787 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6787 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIBILARE SALVATORE N. IL 09/02/1959
avverso l’ordinanza n. 38/2015 TRIB. LIBERTA’ di AGRIGENTO, del
25/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere pliott. ELISABETTA ROSI;
le4te/s9ntite le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 25 giugno 2015, il Tribunale di Agrigento, sezione riesame,
ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di Gibilaro Salvatore,
indagato per il reato di cui all’art. 256, comma 2, del D.Igs. n. 152 del 2006,
avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale
di Agrigento in data 3 giugno 2015, avente ad oggetto un’area a cielo aperto di
circa 100 mq, facente parte del terreno in uso all’indagato per lo svolgimento
della sua attività di demolizione.

cassazione, lamentando: 1) Manifesta illogicità e contraddittorietà della
motivazione. La difesa in sede di riesame aveva provato l’esistenza di
un’autorizzazione per effettuare le operazioni contestate, e tuttavia di tale
circostanza non è fatta menzione nel provvedimento impugnato. 2) Inosservanza
degli artt. 157, 178 e 179 c.p.p. Il Collegio giudicante avrebbe dovuto dichiarare
la nullità dell’avviso di fissazione dell’udienza camerale, poiché la Cancelleria
aveva notificato l’atto a mezzo P.E.C., presso il difensore del ricorrente,
allegando invece copia di procedimento penale a carico di altro soggetto. La
difesa in udienza aveva eccepito la nullità dell’avviso e aveva dichiarato che, per
mero errore materiale, nell’atto di riesame era stato indicato il proprio studio
quale domicilio eletto del ricorrente. Il Collegio quindi aveva rinviato ad udienza
successiva senza notificare il verbale di udienza al Giubilare al proprio domicilio,
perciò incorrendo in una nullità assoluta, come tale insanabile. 3) Violazione
degli artt. 192 commi 1 e 2 e 256, comma 2, del d.lgs. 152 del 2006. Secondo la
difesa, la ditta “Global Ecologic s.r.l.” era munita di regolare licenza e le modalità
di deposito di dei rifiuti non sarebbero state tali da integrare gli estremi della
fattispecie di reato contestato, atteso che le attività di deposito e stoccaggio dei
materiali necessitavano di un preventivo deposito degli stessi sul suolo. Inoltre,
l’art. 256 cit. incrimina il deposito e l’abbandono di rifiuti, ma non menziona
affatto le autorizzazioni, per cui il fatto non sarebbe previsto dalla legge come
reato. 4) Il sequestro non avrebbe potuto essere convalidato perché privo di
fondamento ed illegittimo. Ciò si ricaverebbe, in particolare, da una lettura
sistematica delle norme contenute nel d.lgs. 152 del 2006, dell’art. 61 n. 6) c.p.
e 321 c.p.p. Infatti, in base alle disposizioni di cui all’art. 239, comma 2 del
d.lgs. n. 152 del 2006, il sequestro non sarebbe applicabile al reato di
abbandono di rifiuti. Peraltro, una volta disposto, il sequestro impedirebbe al
soggetto interessato di adoperarsi spontaneamente ed efficacemente per elidere
le conseguenze dannose e pericolose del reato. Infine, vi sarebbe la violazione
dell’art. 321 c.p.p., perché le attività svolte dalla ditta dell’indagato non
potrebbero comportare la commissione di ulteriori reati, e dunque, non
sussisterebbe il periculum in mora.

2. Avverso l’ordinanza, il difensore del Gii4bilare— ha proposto ricorso per

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, il ricorso per cassazione
contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo
per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli “errores in
iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così radicali da
rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e

seguito dal giudice (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv.
239692; in precedenza, Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in
proc. Bevilacqua, Rv. 226710). Non possono pertanto essere censurati in questa
sede presunti vizi di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento
alle circostanze di fatto.
2. Alla luce di tale princìpi, il Collegio rileva che l’ordinanza impugnata ha
correttamente confermato il sequestro preventivo disposto nel rispetto delle
norme di legge. Anzitutto, per quanto riguarda la nullità invocata dal difensore
quanto alla mancata notifica del verbale di udienza al domicilio eletto dal
ricorrente, giova ricordare che secondo la giurisprudenza di legittimità (cfr Sez.
1, n. 217 del 11/12/2002, Taher, Rv. 223030), in tema di misure cautelari reali,
dovendosi considerare la richiesta di riesame proposta dal solo difensore
dell’imputato come proveniente comunque dalla “parte” che si identifica
nell’imputato medesimo, deve trovare applicazione, anche in questo caso, il
disposto di cui all’art. 324, comma 2, c.p.p., secondo cui detta richiesta, quando
l’imputato non sia detenuto o internato ovvero non abbia già dichiarato
o eletto domicilio ovvero ancora non si sia proceduto a norma dell’art. 161,
comma 2, c.p.p., deve contenere l’indicazione del domicilio, al quale dovrà
essere inviato l’avviso previsto dal successivo comma 6 dello stesso art. 324.
3. Orbene, nel caso di specie, dalla verifica degli atti processuali, imposta dalla
natura della censura prospettata, emerge che il Tribunale del Riesame ha dato
comunicazione orale al difensore del ricorrente presente in udienza, nella veste
di domiciliatario del Giubilare – come dichiarato nella richiesta di riesame
depositata e sottoscritta unicamente dallo stesso difensore – del rinvio del
procedimento a causa della nullità dell’avviso, con la conseguenza che, come
correttamente evidenziato nell’ordinanza impugnata, la notifica dell’avviso di
fissazione di udienza è stata inviata al domicilio eletto, così come indicato nella
richiesta di riesame, dovendosi perciò escludersi la nullità assoluta invocata dalla
difesa.

ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico

4. Rileva poi questo Collegio, in riferimento agli altri motivi di ricorso, che
l’ordinanza impugnata ha esposto le ragioni significative, che hanno sorretto il
rigetto del gravame proposto, menzionando gli elementi che hanno fatto ritenere
sussistente il requisito del

fumus delicti per il mantenimento del vincolo

cautelare: il Tribunale ha ritenuto che l’attività di autodemolizione per la quale
era stato autorizzato ad operare il Gibilarecompresa la gestione e lo stoccaggio
dei rifiuti ad essa connessi, non legittimava il deposito di

quella quantità di

materiale classificabile rifiuto pericoloso e non, nel piazzale, descritto nel verbale

nella necessità di impedire che la libera disponibilità del sito da parte
dell’indagato determinasse il pericolo di utilizzo ulteriore dello stesso sito come
deposito per materiali diversi, rispetto a quelli per cui il Gibilaro era stato
autorizzato.
5. Inoltre, risulta priva di qualsiasi fondamento l’interpretazione sistematica
prospettata dalla difesa, secondo la quale il sequestro non sarebbe consentito nel
caso di specie o comunque il suo mantenimento impedirebbe di procedere alla
bonifica del sito. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di deposito
incontrollato e abbandono di rifiuti, la restituzione di un’area interessata
dall’abbandono e/o dal deposito incontrollato di rifiuti ed oggetto di un sequestro
probatorio o preventivo costituisce un atto dovuto ed insuscettibile di essere
sottoposto a condizione, salva la possibilità di convertire il sequestro per le altre
finalità di legge o di sostituirlo con la confisca nei casi consentiti (cfr. Sez. 3, n.
37280 del 12/6/2008, Picchioni, Rv. 241089). Infatti, la restituzione di un’area
oggetto di un sequestro preventivo è un atto dovuto ed incondizionato, solo
quando siano venute a mancare le condizioni che legittimano il sequestro o che
sia stata riconosciuta la necessità di annullare il provvedimento che disponeva il
vincolo cautelare.
Devono pertanto essere rigettate, perché infondate tutte le doglianze difensive
ed il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 18 novembre 2015

Il consigliere estensore

Il Presidente

di sequestro. Quanto al periculum in mora, l’ordinanza impugnata lo ha ravvisato

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