Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6785 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6785 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Mahmod Mustafà, nato in Marocco il 4/3/1979
avverso la sentenza del 19/3/2014 della Corte d’appello di Genova
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 marzo 2014 la Corte d’appello di Genova ha respinto
l’impugnazione proposta da Mahmod Mustafà nei confronti della sentenza del 9
giugno 2009 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, che,
in esito a giudizio abbreviato, riconosciuta l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73
d.P.R. 309/90 e concesse le circostanze attenuanti generiche, lo aveva
condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di multa per
l’illecita detenzione di sostanza stupefacente riconducibile al tipo eroina.
La Corte territoriale, nel confermare la valutazione del primo giudice, ha
disatteso le censure dell’imputato in ordine alla qualità della sostanza
sequestrata, che non sarebbe stata classificabile come stupefacente, ed alla
inoffensività della condotta in ragione della esiguità del quantitativo oggetto di
cessione (pari a 31,1 milligrammi), evidenziando la presenza nel contenuto della

Data Udienza: 19/11/2015

bustina ceduta dall’imputato di diacetilmorfina cloridrato (comunemente definita
eroina), rientrante nell’elenco delle sostanze stupefacenti di cui al d.M.
11/4/2006, e l’irrilevanza della presenza accanto a tale sostanza di
6monoacetilmorfinacloridrato, costituente una forma esterificata della morfina,
alla stessa assimilabile sotto ogni profilo, compreso quello dell’inquadramento
come sostanza stupefacente. Quanto alla assenza o insufficienza di effetto
drogante, che avrebbe consentito di escludere l’offensività della condotta ai sensi
dell’art. 49 cod. pen., ha ribadito la ritenuta sussistenza di tale effetto, pur in

analizzato, in considerazione del principio attivo presente nella sostanza
esaminata e sulla base di quanto riferito dall’acquirente di tale sostanza circa la
finalità dell’acquisto. Ha in ogni caso evidenziato come anche il solo dato
quanti/qualitativo fornito dal consulente tecnico fosse sufficiente a determinare
la presenza di un effetto stupefacente, trattandosi di un quantitativo non
irrisorio.
Sono poi state disattese le censure dell’appellante relative al riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche (peraltro concesse dal Tribunale) ed alla
determinazione della misura della pena.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per il suo annullamento
l’imputato, affidandolo ad un unico motivo, mediante il quale ha lamentato
mancanza di motivazione (art. 606, lett. e), cod. proc. pen.) in ordine alla
ritenuta offensività della condotta, ravvisata dalla Corte territoriale sulla base
delle dichiarazioni dell’acquirente della sostanza, di cui, però, non era stato
specificato il contenuto, e delle conclusioni del consulente tecnico del Pubblico
Ministero, anch’esse non riportate, con la conseguente assenza di motivazione al
riguardo ed annullabilità della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato ma la sentenza deve essere annullata con rinvio al solo
fine della rideterminazione della pena, a causa delle modifiche legislative
sopravvenute.

1. Quanto alla dedotta insufficienza della motivazione circa la concreta
offensività della condotta deve premettersi che l’idoneità dell’azione,
relativamente alle fattispecie previste dall’art. 73 d.P.R. 309/90, deve essere
valutata con riguardo ai beni oggetto della tutela penale, individuabili in quelli
della salute pubblica, della sicurezza e dell’ordine pubblico e della salvaguardia
delle giovani generazioni, beni che sono messi in pericolo anche dallo spaccio di
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assenza di una valutazione tecnica circa l’efficacia stupefacente del quantitativo

dosi contenenti un principio attivo al di sotto della soglia drogante, per cui la
condotta può essere ritenuta inoffensiva soltanto se sia priva della concreta
attitudine ad esercitare, anche in misura assai limitata, l’effetto drogante; ne
consegue che esulano dalla sfera dell’illecito solo le condotte afferenti a
quantitativi di stupefacente talmente tenui, quanto alla presenza del principio
attivo, da non poter indurre, neppure in misura trascurabile, la modificazione
dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore; per converso, anche dosi inferiori a
quella media singola ben possono configurare il delitto in esame (Sez. 4,

20/09/2013, Carioti, Rv. 258095; Sez. 4, n.21814 del 12/05/2010, Renna, Rv.
247478).
Ora, nel caso di specie, la Corte d’appello, pur dando atto della mancanza di
una indagine tecnica in ordine all’efficacia drogante del quantitativo di sostanza
stupefacente analizzato, ne ha desunto la presenza / nella sostanza ceduta
dall’imputato e successivamente sequestrata/ sulla base del dato quantitativo e
qualitativo fornito dal consulente tecnico, ritenuto sufficiente a determinare tale
effetto, escludendo che il quantitativo di principio attivo presente nella sostanza
analizzata potesse essere definito irrisorio.
Tale motivazione risulta conforme all’orientamento interpretativo ricordato e
resiste alla censura di insufficienza formulata dal ricorrente, in quanto illustra il
criterio seguito per escludere la dedotta inoffensività del fatto, indicando anche i
quantitativi di eroina rintracciati (milligrammi 31,1 di diacetilmorfina cloridrato),
motivatamente ritenuti non irrisori, con la conseguente infondatezza dell’unico
motivo posto a fondamento del ricorso.

2. La sentenza deve, tuttavia, essere annullata con rinvio per la
rideterminazione della pena, a seguito delle modifiche legislative sopravvenute.
Per effetto di tali mutamenti l’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R.
relativamente alle sostanze stupefacenti c.d. “pesanti”, tra cui rientra l’eroina, in
relazione alla quale è stata affermata la responsabilità del ricorrente, costituisce
attualmente fattispecie autonoma ed è punita con la pena della reclusione da sei
mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329; per il ricorrente
il Tribunale di Genova ha determinato la pena, applicate le circostanze attenuanti
generiche e la diminuente del rito, di mesi sei di reclusione ed euro 2.000 di
multa, con la conseguente necessità di rideterminare la pena tenendo conto del
nuovo quadro sanzionatorio e della mutata cornice edittale.
La sentenza impugnata deve quindi essere annullata, limitatamente alla
determinazione della pena, con rinvio alla Corte d’appello di Genova, perché
proceda ad una nuova commisurazione della stessa alla luce della disciplina più
favorevole applicabile, considerando anche che il giudice, nel determinare la

3

Sentenza n. 44136 del 27/10/2015, Cinus, Rv. 264910; Sez.4, n.43184 del

pena, valuta, con riferimento alla congruità in concreto delle sanzioni irrogate,
sia il limite minimo sia quello massimo, avendo come riferimento, per la
commisurazione, la pena in astratto stabilita, con la conseguenza che, mutato
rispetto al giudizio di primo grado il parametro di riferimento, il giudice del
merito deve inderogabilmente esercitare il potere discrezionale conferitogli dagli
artt. 132 e 133 cod. pen., illustrando le specifiche ragioni e le relative
circostanze di fatto che lo hanno indotto a determinare la pena stabilita in
concreto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di
Genova limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 19/11/2015

Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

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