Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6779 del 18/12/2013
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6779 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: ROMIS VINCENZO
SENTENZA
•
sui( ricorse proposte da:
BALZAMO VINCENZO N. IL 15/07/1947
D’ORSI AMALIA N. IL 27/01/1955
DE MARTINO PASQUALE N. IL 12/11/1963
IMPARATO GENNARO N. IL 16/05/1974
avverso la sentenza n. 10214/2011 CORTE APPELLO di ROMA, del
11/10/2012
visti gli atti, la sentenza e i4 ricorsg,
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/12/2013 la relazionefatta dal
Consigliere Dott. VINCENZO ROMIS
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 444 R,te49/47.
che ha concluso per
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.< ,A , ,tel.2 cLJ 4'Gva -t • i u yg kelt -1--(A-Q-C4A-t~ Data Udienza: 18/12/2013 Udito, per la parte civile, l'Avv i o 1,(-.4 3 tu ItAz ìy o i
Uditi difensorpivv.i-i . 4/14/1« Od& (4,94 4
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1. Il GUP del Tribunale di Roma, all'esito di giudizio celebrato con il rito abbreviato, condannava alle rispettive pene ritenute di giustizia Balzamo Vincenzo, Cardillo Pasquale, De Martino Pasquale, Simeonov Georgi ed Imparato Gennaro, per il reato associativo di cui all'art.
74 del d.P.R. n. 309/90 - nonché per i reati fine a ciascuno contestati - escludendo per tutti
l'aggravante ex art. 4 L. 146/206, contestata ai capi A), B) e C) della rubrica, nonché l'ag- le riconosceva agli imputati le attenuanti generiche che, con riferimento agli imputati Balzamo, Cardillo ed Imparato, valutava con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva agli
stessi contestata.
1.1. La vicenda processuale era scaturita dalle indagini dell'A.G. dì Napoli su un gruppo criminale facente capo a Pasquale Mazzarella, persona dedita a un traffico di hashish proveniente dalla Spagna, nel cui ambito era emersa la figura di tale Pasquale Locatelli quale fornitore della sostanza. In particolare, gli inquirenti partenopei, a seguito di intercettazioni telefoniche e servizi di OPC compiuti da operanti della Guardia di Finanza, avevano accertato
che il Locatelli, residente in Spagna, si procurava lo stupefacente dal Marocco e quindi lo
trasferiva in Italia con la collaborazione di Yannich Valenzuela, Jesus Torres Bianco e Georgi
Simeonov. A seguito di declaratoria della propria incompetenza territoriale da parte del Tribunale di Napoli, gli atti erano pervenuti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Roma ed avevano quale oggetto il rapporto di collaborazione fra il Locatelli, ed i suoi accoliti, con il gruppo degli acquirenti italiani, rappresentato in una prima fase da Carlo Lista e
Vincenzo Balzamo, e, successivamente, capeggiato da Pasquale Cardillo.
Tale collaborazione, nella prospettazione accusatoria condivisa dal GUP, aveva assunto carattere di una associazione criminale finalizzata allo scopo di commettere più delitti di importazione nel territorio nazionale, trasporto e spaccio della menzionata sostanza stupefacente. Come specificato nel capo A dell'imputazione, sul versante spagnolo il Locatelli procurava la sostanza e dirigeva il gruppo dei sopra menzionati collaboratori: fra questi, Torres
Bianco si occupava del regolare svolgimento del narcotraffico (protezione del corriere
mediante servizio di staffetta, mantenimento dei contatti con gli acquirenti, esazione dei
corrispettivi); Valenzuela svolgeva il ruolo di corriere della droga; Simeonov prendeva in
consegna il denaro corrisposto dagli acquirenti e provvedeva al trasferimento in Spagna dello stesso. Sul versante italiano il gruppo, secondo il GUP, era capeggiato dal Cardillo: questi,
che era il destinatario delle partite illecitamente importate, si avvaleva della collaborazione
di Gennaro Imparato e Pasquale De Martino, oltre che dei summenzionati Lista e Balzamo.
In particolare, Balzamo e Imparato, oltre a coadiuvare Cardillo nelle trattative per l'acquisto
dello stupefacente, svolgevano attività di staffetta durante il trasporto e di raccordo con i
corrieri. Balzamo fungeva, inoltre, da elemento di collegamento con gli acquirenti della so/
1 Al‘') gravante di cui al comma 3 dell'art. 74 d. P. R. citato, pure contestata al capo A); il Tribuna- stanza. Lista, unitamente a Imparato (genero di Cardillo) e Balzamo, coadiuvava quest'ultimo nelle trattative per l'acquisto dello stupefacente. De Martino si occupava di reperire i subacquirenti dell'hashish (fra cui tale Gianni, capo di un'organizzazione napoletana) e metteva a disposizione del sodalizio il ristorante "Papà Gennaro", da lui gestito in Roma, quale
sede logistica e luogo di incontro. Gli imputati sopra indicati nell'incipit, oltre che per il delitto associativo, venivano condannati dal GUP anche per i reati fine di cui ai capi B e C, rispettivamente riguardanti una partita di 835 chili di hashish (fatto del 26 gennaio 2006) e Simeonov è stato ritenuto colpevole, in concorso con Locatelli, anche del delitto relativo a
una partita di 307 chili di hashish (fatto del 16 marzo 2006). 2. A seguito di rituale gravame proposto dagli imputati, la Corte d'Appello di Roma, per la
parte che in questa sede rileva, così decideva: confermava l'affermazione di colpevolezza
pronunciata dal primo giudice nei confronti degli imputati Balzamo, Cardillo, De Martino ed
Imparato in ordine ai reati loro ascritti, richiamando esplicitamente quanto già evidenziato
dal primo giudice in rito e nel merito; pronunciava declaratoria di improcedibilità nei confronti del Simeonov in relazione al reato associativo sub A) per mancata concessione dell'estradizione, eliminando la relativa pena.
2.1. La Corte distrettuale - disattesa l'eccezione di nullità della sentenza impugnata, sollevata dall'imputato Balzamo sul rilievo della asserita illegittimità dell'ordinanza con la quale il
primo giudice aveva ritenuto insussistente il legittimo impedimento a comparire addotto dal
Balzamo stesso in base a certificazione medica allegata all'istanza di rinvio dell'udienza dava conto delle proprie statuizioni di merito, ivi compresa la affermata configurabilità del
reato associativo, richiamando espressamente le argomentazioni svolte dal primo giudice,
ritenute condivisibili perchè esaustive ed ancorate al compendio probatorio acquisito, e indicava a sua volta le emergenze probatorie di maggiore spessore, con particolare riferimento
all'esito delle intercettazioni telefoniche, riportando, di talune conversazioni captate, i brani
ritenuti di maggiore valenza probatoria. Sul piano sanzionatorio, la Corte territoriale riteneva il reato sub C) assorbito in quello sub B) sul rilievo che si trattava di condotte aventi ad
oggetto la medesima partita di droga, escludeva la recidiva per Balzamo ed Imparato, disattendeva la richiesta del Cardillo finalizzata ad ottenere il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sulle aggravanti - ritenendo sussistente in concreto la recidiva allo stesso
contestata - affermava la sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantitativo di droga di
cui all'art. 80 del d.P.R. n. 309/90 la cui configurabilità era stata contestata dal De Martino,
e rideterminava per tutti la pena, applicando la diminuzione per le attenuanti generiche - già
concesse dal primo giudice per gli imputati De Martino, Balzamo ed Imparato - avendo per
gli ultimi due escluso la recidiva che il GUP aveva valutato equivalente a dette attenuanti. 2 Ivo' una di oltre 139 chili della medesima sostanza (fatto del 14/2/2006). 3. Ricorrono per cassazione gli imputati Balzamo, Imparato e De Martino, nonché D'Orsi
Amalia moglie del Cardillo, articolando le censure come di seguito sintetizzate:
3.1. Balzamo Reitera l'eccezione in rito, sostenendo che il primo giudice, per disattendere - la certificazione medica posta a base della richiesta di rinvio per legittimo impedimento a
comparire dell'imputato, avrebbe dovuto disporre visita fiscale; denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta partecipazione ad una struttura associativa, sostenendo che non
sarebbe emersa alcuna prova circa un suo collegamento stabile con il gruppo straniero per mere l'estraneità del Balzamo al reato contestato al capo B) della rubrica [importazione in
Italia di una partita di stupefacente pari a circa 830 kg. di hashish] già dalla ordinanza cautelare posto che il GIP aveva disatteso la richiesta di misura cautelare per tale reato, evidentemente per la insussistenza del quadro indiziario prospettato al riguardo dall'accusa;
inoltre, ai capi B) e C) della rubrica sarebbero stati ascritti al Balzamo due addebiti aventi ad
oggetto, secondo la tesi difensiva, una medesima condotta, posta in essere in relazione alla
medesima sostanza stupefacente e nel medesimo arco temporale; il ricorrente denuncia infine vizio di motivazione circa il diniego delle attenuanti generiche, e si duole che la Corte
territoriale ha ritenuto sussistente e rilevante in concreto la recidiva - pur facoltativa - in
relazione a condanna riportata per fatti analoghi dal Balzamo nel 1979, con "conseguente
impossibilità di operare il giudizio di bilanciamento ex art. 69 tra il V comma dell'art. 73
D.P.R. 309/90 e la recidiva contestata" (così testualmente a pag. 16 del ricorso)
3.2. Imparato - Denuncia vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta appartenenza ad un sodalizio malavitoso posto che mancherebbe il presupposto della continuità del collegamento, e tenuto conto altresì che l'Imparato era stato monitorato dagli investigatori per un breve lasso di tempo (circa 6 mesi); inoltre il gruppo spagnolo sarebbe
stato addirittura in conflitto con la compagine italiana, e sostanzialmente all'Imparato, come
reati-fine, sarebbero state contestate due ipotesi riferibili invece alla medesima partita di
droga; né potrebbe assumere rilievo, ai fini della configurabilità del reato associativo, il numero elevato di conversazioni intercettate e la constatazione di un traffico di stupefacenti
sia pur consistente; il ricorrente contesta infine la ritenuta sussistenza dell'ingente quantitativo di droga;
3.3. De Martino - due atti di impugnazione, uno a firma dell'avv. Edoardo Cardillo, l'altro a firma dell'avv. Anna Orlando; ricorso avv. Cardillo - vizio motivazionale in ordine alla ritenuta sussistenza dell'associazione malavitosa, nonchè relativamente alla partecipazione del De
Martino alla stessa, non essendo emersa alcuna prova concreta al riguardo, e non potendo
trarsi elementi a sostegno dell'affermata colpevolezza per il reato associativo dalla contestazione al De Martino del reato sub B) nel quale peraltro è stato ritenuto assorbito quello di
cui al capo c); avv. Orlando - vizio di motivazione sul rilievo che la Corte territoriale non
avrebbe dato risposta puntuale ai motivi di appello, come integrati dai motivi nuovi depositati ai sensi dell'art. 585 c.p.p. e da una ulteriore memoria difensiva (a tale riguardo, è stata 3 AA4‘41 1 l'importazione della droga dalla Spagna in Italia; i giudici di merito avrebbero dovuto desu- allegata al ricorso copia degli atti così richiamati), dunque omettendo qualsiasi accenno a
specifici motivi di impugnazione: si rappresenta in proposito che non è stata data risposta
alcuna alla deduzione difensiva secondo cui tal Ariosto Ferdinando - soggetto che secondo
l'accusa sarebbe stato individuato dal De Martino quale corriere per il trasporto della droga
da Roma a Napoli (capo c] di imputazione), e mai menzionato nelle due sentenze di merito
- non esisterebbe nel processo; il De Martino sarebbe stato condannato in base a mere
congetture e supposizioni, e per il solo fatto di essere titolare di un ristorante individuato con lo specifico riferimento all'esito di singole intercettazioni, ed in proposito non vi sarebbe
stata alcuna risposta da parte dei giudici di seconda istanza, né sarebbe stata data idonea
giustificazione a sostegno del convincimento circa il ritenuto linguaggio criptico delle conversazioni captate, nè risposta alle deduzioni difensive circa l'interpretazione delle conversazioni stesse; con i motivi di appello erano state illustrate le doglianze concernenti l'individuazione di soggetti che secondo la sentenza di primo grado sarebbero stati contattati dal De
Martino - quali, oltre all'Ariosto Federico, tali "Gianni", "comare concetta" e "compariello" ed anche in proposito non vi sarebbe stata risposta da parte della Corte distrettuale. 4. Ha proposto altresì ricorso per cassazione D'Orsi Amalia - moglie dell'imputato Cardillo il quale non ha presentato ricorso - dolendosi della confisca disposta nei confronti del Cardillo ed avente ad oggetto i beni indicati, con riferimento alla posizione di quest'ultimo, nel
dispositivo della sentenza di primo grado, statuizione oggetto di conferma con la sentenza
della Corte d'Appello. CONSIDERATO IN DIRITTO 5. Preliminarmente deve essere esaminata l'eccezione in rito sollevata dall'imputato Balzamo circa il rigetto da parte della Corte d'Appello della censura avente ad oggetto il mancato
rinvio dell'udienza nel giudizio di primo grado, differimento che era stato invocato sul presupposto di un prospettato legittimo impedimento a comparire per motivi di salute dello
stesso Balzamo.
La doglianza è infondata. Questa Corte ha avuto modo più volte di precisare che in tema di
impedimento a comparire dell'imputato, il giudice, nel disattendere un certificato medico ai
fini della dichiarazione di contumacia, deve attenersi alla natura dell'infermità e valutarne il
carattere impeditivo, potendo pervenire ad un giudizio negativo circa l'assoluta impossibilità
a comparire solo disattendendo, con adeguata valutazione del referto, la rilevanza della patologia da cui si afferma colpito l'imputato (in tal senso, "ex plurimis", Sez. U, n. 36635 del
27/09/2005 Ud. - dep. 11/10/2005 - Rv. 231810). Nel caso in esame il primo giudice ha espresso una valutazione - condivisa dai giudici di seconda istanza - che non presenta alcuna
connotazione di illogicità o inadeguatezza laddove, prendendo atto cha lo stato morboso da
4 01 quale punto di incontro per i "sodali"; con l'impugnazione le tesi difensive erano state svolte cui era affetto il Balzamo determinava per costui un deficit funzionale nella deambulazione,
ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per considerare come assoluto, l'impedimento
a comparire rappresentato dall'imputato: osserva il Collegio, invero, che sarebbe stato certamente possibile l'accompagnamento del Balzamo con i mezzi che possono ovviare ad una
difficoltà di deambulazione e consentono il raggiungimento di aule di udienza in qualsiasi
struttura giudiziaria, anche in quelle che per avventura non siano ancora state aggiornate 6. Ciò premesso in rito, e procedendo al vaglio delle ulteriori censure del Balzamo e di quelle degli altri ricorrenti, va rilevata l'infondatezza delle doglianze formulate dal Balzamo e
dall'Imparato - in gran parte ai limiti della inammissibilità perché formulate in chiave di puro merito e ripetitive delle argomentazioni difensive già svolte in sede di merito - per cui i
loro ricorsi devono essere rigettati. 7. La Corte distrettuale ha ancorato il proprio convincimento, circa la ritenuta sussistenza di
un sodalizio malavitoso, al complesso degli elementi probatori acquisiti all'indagine (informazioni ottenute attraverso l'attività captativa disposta dal'A.G.; controlli della polizia giudiziaria in punto di identificazione degli imputati e di accertamento dell'illecito traffico), evidenziando che da tali elementi emergeva un complesso di comportamenti e rapporti unificati
dall'esistenza di un organismo criminoso costituito e strutturato allo scopo di realizzare una
serie indeterminata di atti di importazione dall'estero, per lo smercio in Italia, di più partite
di sostanza stupefacente del tipo hashish. Di tal che, i comportamenti dei singoli imputati
acquistavano valenza e significato nell'ambito di tale contesto, così come argomentato già
dal primo giudice. La Corte di merito ha espresso detta valutazione senza limitarsi ad un
mero richiamo "per relationem", sul punto, alla conforme ed argomentata sentenza di primo
grado, ma svolgendo anche un'autonoma analisi dell'acquisito compendio probatorio, con
particolare riferimento a talune conversazioni intercettate che avevano visto quali interlocutori gli imputati, non mancando di riportare testualmente i brani più significativi di quelle ritenute di maggiore spessore probatorio. In aggiunta agli accertati episodi criminosi contestati e alle operazioni di polizia che avevano portato al sequestro della sostanza, l'esito delle
intercettazioni e le altre risultanze investigative evidenziavano come il programma delittuoso avesse avuto ad oggetto plurime importazioni in Italia di stupefacente del tipo hashish: e
ciò emergeva dallo stesso linguaggio esplicito usato nelle loro comunicazioni dagli imputati i
quali si incontravano più volte, riconoscendosi, anche formalmente, come sodali.
Nell'ambito di siffatto contesto associativo, spiccava la figura centrale del Cardillo.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per la configurabilità dell'associazione
dedita al traffico di stupefacenti non è richiesta la presenza di una complessa e articolata
organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l'esistenza di
una struttura, anche rudimentale, desumibile dalla predisposizione di mezzi e suddivisione
5 vv- per il superamento delle barriere architettoniche. dei ruoli, per il perseguimento del fine comune, idonea a costituire un supporto stabile e duraturo alla realizzazione delle singole attività delittuose (in tal senso Sez. 1, n. 30463 del
07/07/2011, P.G. in proc. Calì, Rv. 251011; Sez. 1, n. 4967 del 22/12/2009 - dep.
08/02/2010, Galioto, Rv. 246112). La sentenza impugnata si è attenuta a tali criteri ravvisando la sussistenza del delitto associativo nell'accordo stabile e duraturo intercorso tra gli
associati per la commissione di un numero indeterminato di delitti attinenti al traffico di stupefacenti, nella esistenza di una struttura organizzativa - nell'ambito della quale era possibi- bilità economica, ed attribuzione al dEnCardillo di un ruolo predominante nei rapporti
con gli altri associati. Nel caso in esame, l'elemento aggiuntivo e distintivo del reato associativo rispetto alla contigua fattispecie del concorso di persone nel reato continuato (di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti) è stato correttamente ravvisato nel carattere
dell'accordo criminoso che contemplava la commissione di una serie non previamente determinata di delitti, con permanenza del vincolo associativo tra i partecipanti che, anche al
di fuori dell'effettiva commissione dei singoli reati programmati, assicuravano la propria disponibilità duratura e indefinita nel tempo al perseguimento del programma criminoso proprio del sodalizio (in tal senso Sez. 5, n. 42635 del 04/10/2004, Collodo ed altri, Rv.
229906). A tali conclusioni la sentenza impugnata è pervenuta attraverso la valutazione delle risultanze processuali (con particolare e specifico riferimento ad accertamenti di polizia
giudiziaria ed intercettazioni telefoniche) condotta in conformità ai criteri logici ed insuscettibile di ulteriore riesame di merito. La proposizione di interpretazioni alternative della piattaforma probatoria acquisita, quali prospettate nei ricorsi dell'Imparato e del Balzamo, si
traduce nella surrettizia richiesta a questa Corte di svolgere apprezzamenti di fatto difformi
da quelli espressi dal competente giudice del merito, che esulano dal sindacato di legittimità. 8. Quanto alla partecipazione dell'Imparato e del Balzamo all'associazione, parimenti la Corte distrettuale ha reso congrua ed adeguata motivazione, in relazione al tenore dei motivi di
appello dagli stessi dedotti, evidentemente ritenuti dai giudici di seconda istanza tali da non
scalfire il percorso argomentativo seguito dal primo giudice. 9. Per quel che riguarda l'Imparato, la Corte territoriale ha evidenziato il suo stretto legame
con il Cardillo (anche di parentela, essendo suo genero) ed il ruolo di esecutore delle direttive impartite dal Cardillo stesso come desumibile dall'esito dell'attività di captazione e di investigazione. L'Imparato si era portato in Spagna per controllare operazioni, provvedendo
altresì a mantenere i contatti per conto del suocero (il Cardillo) con il gruppo dei subacquirenti napoletani.
Né valgono ad inficiare la tesi dei giudici di merito - circa la ritenuta sussistenza del reato
associativo e la partecipazione dell'Imparato al sodalizio - le deduzioni del ricorrente secon6 le individuare una ripartizione di compiti tra gli associati - con dotazione di mezzi e disponi- do cui le compagini oggetto di vaglio nell'ambito del presente procedimento sarebbero state
tra loro in contrapposizione o addirittura in contrasto. Mette conto sottolineare, invero, che
la prospettata contrapposizione tra i gruppi non appare, dal testo della sentenza impugnata,
essersi manifestata come tale; né il ricorrente ha addotto elementi specifici e significativi, in
proposito, essendosi limitato a formulazioni generiche dalle quali potrebbe desumersi al più
la prospettazione di un'autonomia tra i gruppi. Di tal che, a dimostrazione dell'infondatezza
della censura sul punto, è sufficiente evocare l'indirizzo interpretativo condivisibilmente af- principio così massimato: "In tema di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti, nel caso in cui l'organizzazione criminosa si articoli in due gruppi, è irrilevante
che i delitti cui sia finalizzato il vincolo associativo abbiano caratteristiche dissimili e vengano commessi separatamente dall'uno o dall'altro gruppo di associati, anche in concorrenza
tra di loro di interessi economici. Ciò che conta, infatti, è che tra i componenti della organizzazione vi sia un accordo complessivo, con assunzione di funzioni e compiti in vista di un
programma indeterminato di commissione di reati in materia di stupefacenti. (Fattispecie in
cui il ricorrente lamentava che il gruppo degli smerciatori della droga, cui apparteneva, era
in rapporto di contenziosità con quello degli importatori che lo riforniva, e conseguentemente sosteneva che nella specie non avrebbe potuto esser ravvisato il reato associativo in questione; la cassazione ha osservato che l'asserita contenziosità non si era mai manifestata
come vera e propria contrapposizione di interessi e finalità e, sulla scorta del principio di cui
in massima, ha rigettato il ricorso)" [in termini, Sez. 6, n. 10353 del 04/06/1992 Ud. - dep. 29/10/1992 - Rv. 192096; nello stesso senso, Sez. VI, 4 giugno 1992, Manfredelli].
Trattasi di orientamento assolutamente consolidato: anche recentemente è stato infatti ancora ribadito che l'associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti sussiste
non solo nel caso di condotte parallele poste in essere da persone accomunate dall'identico
interesse di realizzazione del profitto mediante il commercio di droga, non potendo considerarsi "di ostacolo alla costituzione del vincolo associativo e alla realizzazione del fine comune
né la diversità di scopo personale, né la diversità dell'utile, ovvero il contrasto tra gli interessi economici che i singoli partecipi si propongono di ottenere dallo svolgimento dell'intera
attività criminale" (Sez. 6, 10/1/2012 n 3509).
9.1. Per quel che riguarda l'affermazione di colpevolezza dell'Imparato in ordine al reatofine sub B) - in esso assorbito quello sub C), come di seguito si preciserà in relazione alla
posizione del Balzamo - la sentenza impugnata ha innanzi tutto richiamato, facendola propria, la motivazione resa in proposito dal primo giudice, ed ha quindi ricordato che l'Imparato, su ordine del suocero (il Cardillo), in concomitanza con l'acquisto della prima partita di
droga, procurò una falsa carta di identità al Locatelli, venditore della sostanza e latitante per
la giustizia italiana.
9.1.2. Priva di fondamento è infine la doglianza dell'Imparato circa la ritenuta configurabilità
dell'aggravante dell'ingente quantitativo di droga oggetto della contestazione di cui al capo
7 i 1/9/144j fermatosi in materia nella giurisprudenza di questa Corte ed efficacemente compendiato nel B) nel quale la Corte territoriale ha ritenuto assorbito quello sub C). Tale questione è stata
esaminata dalla Corte d'Appello in relazione alla posizione del Cardillo, e dunque a quella
motivazione bisogna fare riferimento avendo l'unico difensore di entrambi formulato con
l'appello le medesime deduzioni, esclusa per l'Imparato quella afferente al ruolo di capo (cfr.
pag. 4 della sentenza di appello). Ebbene, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto
configurabile l'aggravante in argomento avuto riguardo all'imponente dato ponderale (circa
140 chili di hashish), di gran lunga superiore anche alla soglia indicata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 36258 del 24/5/2012. 10. Per quel che riguarda il Balzamo, la sua partecipazione al sodalizio malavitoso è stata
desunta dai giudici di merito non solo dall'accertata sua partecipazione ai fatti contestati con
i capi B) e C) dell'imputazione, poi dalla Corte stessa ricondotti sotto l'unica imputazione sub
B), ma, come per l'Imparato, soprattutto dal compendio probatorio acquisito in sede di indagini (trattandosi di giudizio celebrato con il rito abbreviato), con particolare riferimento all'esito di numerose conversazioni intercettate. Anche nell'esaminare la posizione del Balzamo, la Corte distrettuale - confrontandosi con il tenore dei motivi di appello formulati - ha
avuto cura di richiamare le conversazioni intercettate che presentavano maggiore significato
probatorio, riportando testualmente alcuni brani che rendevano evidenti i contatti del Balzamo anche con i rivenditori spagnoli e, avuto riguardo al linguaggio adoperato dagli interlocutori, rivelavano il riferimento all'illecita attività. In particolare: Balzamo manteneva contatti con Carlo Lista a cui raccomandava che "l'operazione deve riuscire" (conv. n. 142 del
30/11/2005) e col quale si doleva del comportamento di Locatelli, definito "la femmina di
fuori" (conv. n. 491 del 14/12/2005); il 31 gennaio 2006 Balzamo era a Napoli in compagnia di Cardillo per trovare un sub-acquirente della sostanza e cercava a tale proposito di
rintracciare "Gianni"; numerose altre conversazioni, fra Balzamo ed altri associati, apparivano univocamente significative della sua attiva partecipazione al sodalizio.
10.1. Quanto alla ritenuta colpevolezza anche del Balzamo per il reato-fine sub B), la Corte
distrettuale ha richiamato le conversazioni riportate nella sentenza appellata, segnalando, in
particolare, fra le altre, quelle del 10 febbraio 2006 preparatorie dell'incontro fra Balzamo e
gli altri sodali allorché vennero pattuiti i termini della cessione dell'hashish agli acquirenti
napoletani e furono saldate le spettanze di Locatelli, a mani del suo esattore Simeonov.
La Corte distrettuale poi, proprio in accoglimento dell'osservazione della difesa del Balzamo,
ha ritenuto le condotte contestate ai capi B) e C) unificate sotto il solo capo B, di tal che la
doglianza dedotta dal Balzamo sul punto non risulta pertinente.
10.2. Le residue censure dedotte dal Balzamo - concernenti il trattamento sanzionatorio
(cfr. pag. 13 e segg. del ricorso) - sono manifestamente infondate posto che: 1) la recidiva
è stata esclusa dalla Corte d'Appello; 2) alcun giudizio di comparazione tra recidiva ed ipotesi di cui al quinto comma dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/90 poteva quindi essere effettuato,
e peraltro al Balzamo non risulta riconosciuta la detta ipotesi attenuata; 3) le circostanze at- 8 1 14/0444 ') tenuanti generiche sono state già concesse al Balzamo con la sentenza di primo grado, e la
relativa diminuzione è stata applicata dalla Corte territoriale, nella determinazione della pena, una volta esclusa la recidiva. 11. Passando all'esame del ricorso del De Martino - articolato attraverso due atti di impugnazione - il Collegio ne rileva la fondatezza nei limiti di seguito precisati.
11.1. Sono infondate le censure con le quali è stata contestata la ritenuta sussistenza di un gralmente riportate onde evitare superflue ripetizioni - le argomentazioni in precedenza
svolte nel vagliare le doglianze formulate dall'Imparato e dal Balzamo in ordine alla medesima questione.
11.2. Sono viceversa fondate, per quanto di ragione, le doglianze dedotte in ordine all'affermazione di colpevolezza del De Martino quanto alla sua ritenuta partecipazione al reato
associativo ed ai reati-fine; doglianze formulate con diffuse e specifiche argomentazioni, con
particolare riferimento all'atto di impugnazione a firma dell'av. Anna Orlando, con le quali è
stato denunciato vizio di motivazione nella parte in cui la sentenza di appello avrebbe omesso di affrontare le specifiche deduzioni illustrate nei motivi d'appello, con particolare riguardo, come
detto, al ritenuto coinvolgimento del De Martino stesso nei fatti criminosi quali descritti nell'imputazione.
11.3. I passaggi motivazionali della sentenza d'appello danno conto della ritenuta infondatezza dei
pur articolati motivi di appello - poi ulteriormente ampliati con motivi aggiunti, caratterizzati anche
dal richiamo a ben precise conversazioni intercettate, specificamente indicate - in modo estremamente sintetico (dalla fine di pag. 9 alla fine di pag. 10, per il reato associativo, e per metà pag. 13
e metà pag. 14 per i reati-fine), con considerazioni a commento di frammenti di brani riportati, cui,
ad awiso della Corte distrettuale, avrebbe dato concreto ed integrativo supporto probatorio l'esistenza di un ristorante gestito dal De Martino, dai giudici di merito ritenuto quale "base operativa del
gruppo", posto che all'interno del ristorante stesso si svolgevano le riunioni degli appartenenti all'associazione malavitosa oggetto della presente vicenda processuale: così argomentando, i giudici di
seconda istanza hanno sostanzialmente affidato l'impianto giustificativo della conferma della condanna
di primo grado, a una tecnica di motivazione cd. per relatìonem.
E' certamente ius receptum che, quando le sentenze di primo e secondo grado concordino
nell'analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive
decisioni, la struttura motivazionale della sentenza di appello può integrarsi con quella precedente per formare un unico corpo argomentativo, sicché risulta possibile, sulla base della
motivazione della sentenza di primo grado, colmare eventuali lacune della sentenza di appello. Deve tuttavia ritenersi che incorra nel vizio di motivazione il giudice d'appello il quale - nell'ipotesi in cui le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state censurate
dall'appellante con specifiche argomentazioni - confermi la decisione del primo giudice, aggiungendo la propria adesione senza però dare compiutamente conto degli specifici motivi 9 ú /(A) 1444 sodalizio malavitoso. Al riguardo, invero, è sufficiente richiamare - e da intendersi qui inte- d'impugnazione, così sostanzialmente eludendo le questioni poste dall'appellante. In tal caso
non potrebbe invero nemmeno parlarsi di motivazione "per relationem", trattandosi
all'evidenza della violazione dell'obbligo di motivare, previsto a pena di nullità dall'art. 125
c.p.p., comma 3, e direttamente imposto dall'art. 111 Cost., comma 6, che fonda l'essenza
della giurisdizione e della sua legittimazione sull'obbligo di "rendere ragione" della decisione,
ossia sulla natura cognitiva e non potestativa del giudizio.
Più specificamente, l'ambito della necessaria autonoma motivazione del giudice d'appello risulta correlato alla qualità e alla consistenza delle censure rivolte dall'appellante. Se questi si limita alla mera riproposizione di questioni di fatto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure di questioni generiche, superflue o palesemente
inconsistenti, il giudice dell'impugnazione ben può trascurare di esaminare argomenti superflui, non pertinenti, generici o manifestamente infondati. Quando, invece, le soluzioni adottate dal Giudice di primo grado siano state specificamente censurate dall'appellante, sussiste, come detto, il vizio di motivazione - in quanto tale sindacabile ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) - se il giudice del gravame non si fa carico di argomentare sulla fallacia o inadeguatezza o non consistenza dei motivi di impugnazione. Nè può ritenersi precluso al giudice di legittimità l'esame dei motivi di appello (nel caso in esame allegati al ricorso redatto
dall'avv. Anna Orlando), al fine di accertare la congruità e la completezza dell'apparato argomentativo adottato dal giudice di secondo grado con riferimento alle doglianze mosse alla
decisione impugnata, rientrando nei compiti attribuiti dalla legge alla Corte di Cassazione la
disamina della specificità o meno delle censure formulate con l'atto di appello quale necessario presupposto dell'ammissibilità del ricorso proposto davanti alla stessa Corte.
Con riguardo alla sentenza oggetto del ricorso del De Martino, mette conto di evidenziare come la corte
territoriale abbia del tutto omesso di rispondere, in modo puntuale, alle doglianze specificamente rappresentate nell'atto di appello e nei motivi aggiunti; doglianze particolarmente articolate e diffuse, nonché
dotate di specificità, ed invece succintamente sintetizzate nella parte narrativa della sentenza (fine pag.
4 ed inizio pag. 5), e nemmeno illustrate laddove è stata esaminata la posizione del De Martino cui è
stato dedicato lo spazio di poco più di due pagine complessivamente (come sopra ricordato sub 11.3).
Con i motivi di appello, e con i motivi aggiunti, la difesa del De Martino aveva analizzato specificamente
ed analiticamente gli elementi di accusa evidenziati nella sentenza di primo grado, in particolare esaminando le singole circostanze di fatto e le conversazioni telefoniche nelle quali risultava direttamente o indirettamente coinvolto il De Martino, offrendo per ciascuna di esse una chiave di lettura alternativa a
quella privilegiata dall'accusa (e fatta poi propria dalla sentenza di primo grado): tali specifiche deduzioni - con le quali erano stati addotti elementi di novità critica - sono state del tutto trascurate dal
giudice d'appello il quale ha così sostanzialmente privato di ogni concreto contenuto la previsione di un secondo controllo giurisdizionale sui fatti oggetto delle accuse sollevate nei confronti del De Martino.
Tali premesse impongono di considerare viziata, nei confronti del De Martino, la motivazione
della sentenza in questa sede impugnata, ai sensi dell'art. 606, comma primo, lett. e), cp.p., 10 o ) con la conseguente pronuncia dell'annullamento con rinvio della stessa ad altra Sezione della
Corte d'appello di Roma, affinché provveda alla revisione della motivazione censurata dal De
Martino - quanto al coinvolgimento dello stesso nei fatti delittuosi contestati - tenendo conto
delle argomentazioni sopra illustrate. 12. Resta infine da esaminare il ricorso di D'Orsi Amalia (moglie del Cardillo) avverso la con- ferma della confisca la cui revoca era stata sollecitata in appello dal Cardillo il quale non ha mazione, posto che la ricorrente è estranea al reato e non è parte nel processo; questa Corte ha
condivisibilmente precisato in materia che "il terzo estraneo al reato non è legittimato all'impugnazione della sentenza nel capo relativo alla confisca di un bene di sua proprietà e può
far valere le sue ragioni con la proposizione di un incidente di esecuzione. (La Corte ha precisato altresì che il terzo estraneo al reato può impugnare la misura cautelare del sequestro
con la richiesta di riesame)" [in termini, "ex plurimis", Sez. 3, n. 23926 del 27/05/2010
Cc. - dep. 22/06/2010 - Rv. 247797]. 13. Al rigetto dei ricorsi dell'Imparato e del Balzamo, ed alla declaratoria di inammissibilità
del ricorso della D'Orsi, segue la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali; la D'Orsi deve essere inoltre condannata al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo determinare in euro 300,00, non ravvisandosi cause di esonero. P. Q. M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di De Martino Pasquale con rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Roma per l'ulteriore corso; rigetta i ricorsi di Balzamo Vincenzo e di Imparato Gennaro e dichiara inammissibile il ricorso di D'Orsi Amalia e li condanna al
pagamento delle spese processuali, nonchè la D'Orsi anche al pagamento della somma di
300,00 euro in favore della cassa delle ammende.
Roma, 18 dicembre 2013 Il Presidente poi proposto ricorso. Orbene il Collegio rileva l'inammissibilità del ricorso, per difetto di legitti-