Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6775 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6775 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: FOTI GIACOMO

Data Udienza: 30/10/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
PESCUCCI ANDREA N. IL 24/08/1978
inoltre:
PESCUCCI ANDREA N. IL 24/08/1978
avverso la sentenza n. 5080/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
18/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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-1- Con sentenza del Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Piombino, del 20 luglio
2010, Pescucci Andrea è stato ritenuto colpevole dei reati di omicidio colposo, commesso
con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (art. 589 co. 2 cod.
pen.), e di guida in stato di ebbrezza alcolica (art. 186 cod. str.) e lo ha condannato alle pene
ritenute di giustizia; sospesa quella inflitta per il delitto di omicidio, sostituita la pena
dell’arresto irrogata per il reato contravvenzionale con la corrispondente pena pecuniaria.
-2- Impugnata tale decisione dall’imputato, in parziale riforma della stessa, la Corte
d’Appello di Firenze, con sentenza del 18 marzo 2013, riconosciuta l’attenuante di cui
all’art. 62 n. 6 cod. pen., ha ridotto la pena inflitta dal primo giudice per il delitto di omicidio
colposo, confermando, nel resto, la sentenza impugnata.
-3- Avverso detta decisione propongono ricorso per cassazione l’imputato ed il Procuratore
Generale presso la predetta corte territoriale, che deducono:
A) il Pescucci, la violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. con riguardo alla mancata
declaratoria di prescrizione del reato di guida in stato di ebbrezza alcolica, maturatasi nelle
more del procedimento;
B) il PG, violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata con riguardo
al riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 cod. pen.
Considerato in diritto.

Ì(2′

Ambedue i ricorsi sono infondati.

-1- Giustamente la corte territoriale non ha emesso declaratoria di prescrizione del reato
contravvenzionale contestato, atteso che il capo della sentenza di primo grado che lo
riguardava non è stato oggetto di specifico motivo d’appello.Correttamente, quindi, la stessa
corte ha ritenuto che tale capo della sentenza aveva acquistato autorità di cosa giudicata, di
guisa che doveva ritenersi ormai preclusa la possibilità di rilevare, ex art. 129 cod. proc. pen.
eventuali cause di estinzione del reato (nella specie, la prescrizione).
E’ pur vero che “La mancata impugnazione sulla ritenuta responsabilità dell’imputato fa
sorgere una preclusione su tale punto ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione
l’autorità di cosa giudicata quando per lo stesso capo d’imputazione penda impugnazione
sulla sussistenza di circostanze o sulla quantificazione della pena”(Cass. n. 7676/12), ma è
altresì vero che, nel caso di specie, con riferimento al reato contravvenzionale, l’imputato
non aveva proposto appello neanche sotto il profilo della quantificazione della pena. Risulta,
invero, a tale proposito, che nell’atto di appello il Pescucci, dopo aver premesso che “la
sentenza è senz ‘altro corretta in punto di ricostruzione dell’evento così come in punto di
affermazione della responsabilità dell’imputato in ordine ai reati ad esso ascritti”, ha
specificato che “il prevenuto intende impugnare la sentenza del Tribunale solo in punto di
eccessività della pena inflitta per il delitto di cui al capo A) della rubrica…” (omicidio
colposo).
Non v’è quindi dubbio che, con riguardo al reato contravvenzionale, la sentenza del
tribunale era passata in giudicato, per cui era certamente precluso alla corte d’appello di
rilevare l’invocata prescrizione.
-2- Corretta si presenta, altresì, la decisione della corte territoriale concernente il
riconoscimento dell’attenuante del risarcimento del danno, in relazione al quale i giudici del
gravame hanno richiamato le quietanze risarcitorie dei familiari della vittima che, essendo
stati risarciti, non si erano costituiti parti civili.

2_

Ritenuto in fatto.

Sul punto, le osservazioni svolte dal PG ricorrente si presentano generiche e per certi versi
infondate, laddove, per sostenere la non riconoscibilità della predetta attenuante, richiama
una giurisprudenza ormai da tempo superata e sostituita dal principio, condiviso da questa
Corte, secondo cui, ai fini dell’attenuante in questione, il risarcimento del danno, pur
eseguito dalla società assicuratrice, deve ritenersi effettuato personalmente dall’imputato.
-3- I ricorsi devono essere, dunque, rigettati ed il ricorrente Pescucci Andrea deve essere
condannato al pagamento delle spese processuali.

Rigetta il ricorso del Procuratore Generale e quello di Pescucci Andrea e condanna
quest’ultimo al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2013.

P.Q.M.

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