Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6773 del 24/10/2013


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Penale Sent. Sez. U Num. 6773 Anno 2014
Presidente: SANTACROCE GIORGIO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Imperia
nel procedimento nei confronti di Francesco Caltagirone Bellavista e altri

avverso la ordinanza del 27/07/2012 del Tribunale di Imperia

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Giovanni Diotallevi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza con rinvio
al Tribunale di Imperia;
uditi l’avv. Filippo Dinacci, per la Acquamare s.r.I., l’avv. Paolo Maria Gemelli, per
la Acqua Marcia Turismo Real Estate s.p.a, e l’avv. Franco Coppi, per Francesco
Caltagirone Bellavista, i quali hanno concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 24/10/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso del 21 febbraio 2012 il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Imperia ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale di
Imperia in data 27 luglio 2012, con la quale, sull’appello proposto dal medesimo
Pubblico ministero

ex art. 322-bis cod. proc. pen., era stata confermata

l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale di rigetto
della richiesta di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca di

aventi valore corrispondente all’ingiusto profitto dal medesimo conseguito in
conseguenza della realizzazione delle illecite condotte descritte nel capo B) e
relative al reato di cui agli artt. 110, 81 cpv., 40, comma secondo, 61, n. 7 e 9,
e 640, comma secondo, n. 1, cod. pen.
La concessione aveva infatti trasferito ad un soggetto privato, la s.p.a. Porto
d’Imperia, il diritto-dovere di costruire l’opera e di goderne lo sfruttamento
economico per tutta la durata del provvedimento, con l’unica pretesa per l’Ente
pubblico Comune di percepirne il canone, oltre che di controllare il corretto uso
della stessa opera. Il Comune, come ente pubblico, oltre che il demanio, doveva
ritenersi estraneo ai rapporti economici della s.p.a. con gli altri soggetti coinvolti
nella costruzione dell’opera, potendo intervenire invece nella gestione della s.p.a.
nella sua qualità di soggetto privato titolare di un terzo delle azioni. In
quest’ottica del tutto privatistica, non rilevava, secondo il Tribunale, la qualifica
della s.p.a. Porto di Imperia.
A fronte di dette argomentazioni, il Pubblico Ministero denuncia l’erronea
applicazione della legge penale, con riferimento, in particolare alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n.1, cod. pen.
Si rileva al riguardo che il nodo da sciogliere è quello relativo alla natura
giuridica di Porto d’Imperia s.p.a. e si lamenta che il Tribunale non ha affrontato
la questione relativa ai criteri da utilizzare per definire la natura giuridica
dell’ente interessato, quello formalistico ovvero quello di natura sostanziale, con
ciò eludendo la specifica richiesta contenuta nell’atto di appello, e concentrando
la sua attenzione sulla sussistenza dei danni subiti dal Comune, di natura
indiretta, e dal demanio (allo stato non quantificabili).
In realtà il thema decidendum, secondo il P.M., riguarda il problema della
qualificazione delle truffe commesse in danno delle società partecipate, in
particolare del danno cagionato ad una società concessionaria e, nello specifico,
dell’ingiusto profitto che l’imputato Francesco Caltagirone Bellavista, per il
tramite delle società a lui riconducibili, si sarebbe procurato lucrando ai danni
della concessionaria Porto d’Imperia s.p.a., sulla cui natura giuridica dunque si

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alcuni beni immobili riconducibili all’imputato Francesco Caltagirone Bellavista ed

ritiene necessaria una specifica pronunzia con riferimento alla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n 1, cod. pen..
Sotto questo profilo viene sottolineato che con la “concessione” un soggetto
formalmente privatistico assurgerebbe al rango di organo “indiretto” della p.a. la
quale attribuisce al medesimo tutte le proprie connotazioni pubblicistiche; tale
fattispecie diverge pertanto da quella delle c.d. società municipalizzate (derivate
da un processo di privatizzazione e prive di concessione) attraverso le quali
l’ente pubblico di riferimento si spoglia di funzioni proprie che finiscono con

specie, la giurisprudenza citata dal Tribunale per giustificare la sua decisione. Gli
atti posti in essere dal concessionario in funzione della concessione, e che non
avrebbe potuto compiere senza la concessione, non costituiscono attività di
diritto privato, ma conservano la natura di attività di diritto amministrativo in
senso oggettivo, agendo anche, in forza della investitura in pubbliche funzioni,
per attuare i fini propri della p.a.
Richiama infine la pronuncia del Tribunale del riesame di Genova con cui, nel
confermare l’applicazione del provvedimento di custodia cautelare in carcere a
carico di Francesco Caltagirone Bellavista e del coimputato Carlo Conti, è stata
confermata la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n.
1, cod. pen.

2. Le difese delle parti private hanno depositato due distinte memorie (in
data 9 gennaio 2013 e 16 maggio 2013) sostenendo, con argomentazioni
antitetiche a quelle utilizzate dal P.M., l’inapplicabilità dell’aggravante del
secondo comma, n. 1, dell’art. 640 cod. pen.
Con la memoria del 16 maggio 2013, in particolare, la difesa segnala un
contrasto giurisprudenziale attualmente esistente non solo fra la decisione della
Corte di cassazione n. 42408 del 2012 che ha rigettato il ricorso avverso la citata
ordinanza di custodia cautelare e quelle di altre sezioni della Corte, ma anche in
relazione a pronunce consolidate della stessa Seconda Sezione, così allegando
l’ordinanza del 15 marzo 2013 con la quale un diverso collegio della Seconda
Sezione aveva rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa alla
puntualizzazione degli indici di “riconoscibilità esterna” dei soggetti di diritto
pubblico, la cui soluzione non è rinvenibile in un approccio meramente casistico
della materia. Il Primo Presidente aveva peraltro restituito gli atti al collegio
remittente per aspetti meramente procedurali, sicché non venne data risposta al
quesito indicato, che in questa sede è stato riproposto.

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l’assumere carattere privato. In questo senso sarebbe inconferente, nel caso di

3. La difesa degli indagati sostiene poi che il suddetto assunto si fonda
sull’isolata sentenza della Seconda Sezione penale della Corte di cassazione n.
42408 del 2012, emessa nell’ambito del procedimento incidentale de libertate
relativo alla posizione dell’imputato Francesco Caltagirone Bellavista, che
riconduce la qualificazione pubblica o privata di una società a partecipazione
pubblica all’aspetto funzionale o di scopo pubblico perseguito, così
abbandonando il consolidato criterio per il quale la connotazione pubblica o
privata della società deve essere ricondotta all’aspetto”strutturale” della società

La difesa, pertanto, sollecitando la rimessione alle Sezioni Unite della
questione relativa all’individuazione dei parametri o degli indici necessari a
stabilire il carattere privato o meno di una società di capitali a partecipazione
pubblica, rileva l’illegittimità di un’interpretazione estensiva di norme penali a
discapito dell’imputato, ed ha evidenziato che l’adesione all’interpretazione
fornita dalla sentenza della Corte di cassazione n. 42408 del 2012 porrebbe
aspetti rilevanti di costituzionalità in relazione agli artt. 25, secondo comma, 111
e 117 Cost. da sottoporre al vaglio della stessa Corte Costituzionale.

4. La Seconda Sezione penale, cui il ricorso era stato assegnato, ha
sottolineato che, secondo la tesi del P.M., «il soggetto attributario di una
concessione pubblica (nella specie Porto d’Imperia s.p.a.) assume la natura di
sostituto della pubblica amministrazione, poiché la concessione si caratterizza,
nella specie, per il trasferimento dall’ente pubblico ad un soggetto privato di
poteri pubblici, e ciò anche quando detta traslazione riguardi beni demaniali,
verificandosi pur sempre un passaggio di situazioni soggettive capaci di
determinare atti unilaterali di carattere imperativo», sicché «con la concessione
un soggetto formalmente privatistico assurgerebbe al rango di organo indiretto
della pubblica amministrazione, la quale attribuisce al medesimo tutte le proprie
connotazioni pubblicistiche».

partecipata da un ente pubblico.

Sussistendo sul punto un contrasto giurisprudenziale, la Seconda Sezione
penale ha quindi rimesso il ricorso alle Sezioni Unite con ordinanza del 19 giugno
2013.

5. Con decreto in data 19 luglio 2013, il Primo Presidente ha assegnato il
ricorso alle Sezioni Unite penali, fissandone la trattazione per l’odierna udienza in
camera di consiglio.

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-i(

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione sottoposta all’esame della Corte è la seguente: “se, ai fini
dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 640, comma secondo,
n. 1, cod. pen., debba riconoscersi natura pubblica o privata ad una società per
azioni partecipata da un ente pubblico e concessionaria di opera pubblica.”

2. Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile.

configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 640, comma secondo, n. 1, cod. pen.
con riferimento alla s.p.a. Porto d’ Imperia, tenendo presente, peraltro, che la
valutazione della sussistenza dell’aggravante, pur astrattamente configurabile,
non è stata evocata nel caso in esame, in relazione al danno al demanio, in base
alla ritenuta impossibilità di quantificazione dello stesso, come affermato dal
Tribunale del riesame; e il provvedimento, sotto questo profilo, non è stato
considerato meritevole di impugnazione da parte del P.M. ricorrente.
2.2. Secondo la prospettazione dell’Ufficio ricorrente la qualifica di ente
pubblico deve essere attribuita alla società per azioni, in particolare titolare di un
provvedimento di concessione da parte dell’ente territoriale Comune, da cui
deriverebbe la sua natura di ente pubblico; ciò comporterebbe l’attribuzione della
qualità di unico soggetto passivo della truffa, aggravata per questo ai sensi del
comma secondo, n.1, dell’art. 640 cod. pen., dovendosi ritenere il Comune, in
quanto socio della s.p.a. Porto d’Imperia soltanto danneggiato in via indiretta.
2.3. Ritiene la Corte che, in realtà, per un corretto esame della questione,
non si potrebbe prescindere dal considerare che, nell’ipotesi in cui, come nella
fattispecie in esame, la natura pubblica o privata di un ente non risulti
chiaramente dalla legge o non sia convalidata da una lunga tradizione giuridica,
dovrebbe essere risolto preliminarmente il problema degli “indici di
riconoscimento” della natura pubblica di un ente, variamente individuati dalla
dottrina e dalla giurisprudenza. La estrema difficoltà di definire il perimetro
concettuale della nozione unitaria di ente pubblico ha infatti progressivamente
comportato un’analisi di carattere casistico per definire tale categoria. Il
problema ha assunto poi una dimensione ancora più rilevante a seguito del
processo di privatizzazione di enti pubblici e la conseguente sempre più
accentuata tendenza legislativa a riconoscere in capo a soggetti, anche
struttura societaria, operanti normalmente

iure privatorum

a

la titolarità o

l’esercizio di compiti di spiccata valenza pubblicistica.
Orbene la soluzione di questo problema dovrebbe interessare gli arresti della
Corte costituzionale sul punto, gli indirizzi emersi in sede di normazione

2.1. Ai fini della decisione deve esaminarsi la questione giuridica della

comunitaria, la normazione sulle “privatizzazioni” di cui alla legge n. 359 del
1998, nonché la giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti,
oltre che della Corte di cassazione civile e penale, per verificare la possibilità di
superare le distinzioni esistenti nelle singole realtà nazionali, attraverso
l’elaborazione di una nozione di “organismo pubblico”, che faccia leva
essenzialmente su una concezione sostanzialistica o funzionale, anche in base
agli interventi della Corte di Giustizia, in ipotesi riconducibili alla questione che
qui interessa, sotto il profilo del possesso della personalità giuridica, di diritto

ritenere che le decisioni dell’ente siano sotto l’influenza determinante di un
soggetto pubblico e che l’istituzione della persona giuridica soddisfi
specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o
commerciale.
In sostanza occorrerebbe avere riguardo al rapporto di servizio tra l’agente e
la pubblica amministrazione, caratterizzato dal fatto di investire un soggetto,
altrimenti estraneo all’amministrazione medesima, del compito di porre in essere
in sua vece un’attività, senza che rilevi né la natura giuridica dell’atto di
investitura – provvedimento, convenzione o contratto – né quella del soggetto
che la riceve, sia essa una persona giuridica o fisica, privata o pubblica. Ciò
comporterebbe la necessità di verificare se l’affidamento da parte di un ente
pubblico ad un soggetto esterno, da esso controllato, della gestione di un
servizio pubblico, integri una relazione incentrata sull’inserimento del soggetto
medesimo nell’organizzazione funzionale dell’ente pubblico con l’attribuzione
della conseguente responsabilità in cui può incorrere il concessionario privato di
un pubblico servizio o di un’opera pubblica, quando la concessione investe il
privato dell’esercizio di funzioni obiettivamente pubbliche, attribuendogli la
qualifica di organo indiretto dell’amministrazione, onde egli agirebbe per le
finalità proprie di quest’ultima.
In ogni caso dovrebbe essere analizzata anche la questione concernente la
compatibilità di tale operazione ermeneutica con il principio di legalità.
Orbene, se questo è il quadro di riferimento e se a tale quadro fosse
riconducibile la fattispecie de qua, circostanza che allo stato rimane fuori dalla
valutazione di questo Collegio,per quanto di seguito verrà specificato, essendo la
ricostruzione operata finalizzata a verificare la correttezza ultima, sotto il profilo
delle norme di riferimento, della configurazione dei motivi di censura sollevati dal
Pubblico Ministero, appare evidente come la prospettazione dell’Ufficio ricorrente
concernente in via esclusiva il mancato riconoscimento della natura
sostanzialmente pubblica della s.p.a. Porto d’Imperia, con la configurazione della
consumazione della truffa in suo danno e non al Comune di Imperia, destinatario

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pubblico o privato, della presenza di elementi, alternativi fra loro, che facciano

di un danno di natura meramente indiretta, in realtà appare orientata in modo
disarmonico, rispetto alla prospettata sostanziale integrazione della società
(formalmente) privata all’interno del comparto pubblico, riconducibile
complessivamente all’ente territoriale, secondo una ricostruzione che configura
la società concessionaria come organo indiretto della p.a.
In sostanza, la scelta di una interpretazione “sostanzialista” quale quella
prospettata dall’Ufficio ricorrente, rispetto a quella “nominalistica”, adottata nel
provvedimento impugnato, a prescindere, si ripete, dalla sua condivisione sul

potrebbe parlarsi di danno all’ente partecipante quale mero effetto riflesso della
partecipazione societaria. L’aggettivo “strumentale” (o indiretto) mette
sicuramente in evidenza il fatto che questi soggetti non sono organi nel senso di
titolari di uffici pubblici in quanto non agiscono in nome della pubblica
amministrazione, dalla quale sono state loro trasferite le funzioni pubbliche, né si
servono di mezzi forniti dalla pubblica amministrazione; il sostantivo “organi”
mette invece in evidenza che anch’essi, come gli organi diretti, svolgono attività
di natura amministrativa, in quanto esercitano pubbliche funzioni. Queste
funzioni non potrebbero essere svolte senza la avvenuta concessione a natura
traslativa; ma in presenza di questa le funzioni potrebbero e dovrebbero essere
svolte in modo tale che la concessione operi come investitura del concessionario
ad operare nell’ambito delle funzioni trasferite, con gli stessi poteri e con gli
stessi obblighi che avrebbe un organo diretto della p.a.
2.4. La cesura operata invece con la individuazione del danno diretto nei
confronti della sola società concessionaria rende impossibile affrontare in modo
sistematico i termini della questione presupposta, proprio perché il perimetro
dell’analisi, sia essa funzionale ad una decisione che possa condividere la tesi
“nominalistica” ovvero la tesi “sostanzialista”, appare delimitato in modo parziale
ed insufficiente.
2.5. A ciò deve aggiungersi un ulteriore elemento di intrinseca
contraddittorietà del ricorso del P.M., che attinge il limite dell’inammissibilità. Il
riferimento, infatti, alla perdita dei diritti demaniali da parte della s.p.a. Porto
d’Imperia, che, in tesi, vengono ritenuti non quantificabili per la truffa
consumata ai danni dello stesso demanio, e che per tale ragione non fanno
oggetto del presente ricorso, vengono al contrario ritenuti fare parte del profitto
del comportamento truffaldino perpetrato, in ipotesi, in danno della stessa s.p.a.
e come tali sono stati inclusi tra gli elementi posti a sostegno della tesi sostenuta
dall’Ufficio ricorrente.

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piano giuridico, implica che, nel caso di un rapporto strumentale tra enti, non

2.6. Le suesposte considerazioni non rendono possibile, a parere delle
Sezioni Unite, entrare nel merito del quesito di diritto formulato nel caso di
specie.

3. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.

Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso 1 24/10/2013.

P.Q.M.

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