Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6772 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6772 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Bonafede Antonino nato il 24/10/1935
Centonze Vincenza nata il 02/05/1942
avverso la sentenza 844/2014 della Corte d’appello di Palermo, V sezione
penale, del 21.02.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B.Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Mario
Maria Stefano Pinelli , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
MOTIVI della DECISIONE

1.Con la sentenza indicata in epigrafe , la Corte di appello di Palermo , ha
determinato in € 45.000,00 l’entità della somma confiscata a Bonafede

Data Udienza: 06/11/2015

Antonino, così correggendo un errore materiale della prima decisione e
confermando nel resto, ha riconosciuto a Centonze Vincenzina, le generiche
riducendo di conseguenza la pena in relazione alle imputazioni di seguito
riportate:

„a) del reato di cui agli artt. 99, commi 1, 2 nn. 1) e 2), 3 e 4, 110 c.p.; 30 e 31 L.
n. 646/82, per avere — essendo stato condannato, il primo, con sentenze definitive
(27 1.2001 e 26.1.2008) per II delitto di cui all’art. 416-bis c.p. ed avendo avuto
(tre) ex L. n. 575/65 con provvedimento del Tribunale Sezione M.P. di Trapani
divenuto definitivo il 13 giugno 2000 e pertanto essendo obbligato, ai sensi
dell’art. 30 cit., a comunicare per i successivi dieci anni dalle date predette ed
entro trenta giorni dal fatto al Nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora
abituale tutte le variazioni nell’entità e nella composizione del patrimonio
concernenti elementi di valore non inferiori ad € 10.329,14_-__pmesso di
comunicare la vendita in favore della moglie Centonze Vincenza — con il concorso
della quale agiva – con la quale vigeva il regime della separazione dei beni, di n. 3
terreni di sua proprietà (1 terreno esteso mq. 19.970 sito in Marsala contrada
“Fontana Coperta-Maimone” 181 pp.18, 489, 490, 512 — 2, terreno
esteso mq, 54.810 sito in Marsala e.da “Fontana. Coperta. Maimone” fm, 221
p. 9 — 3. terreno esteso mq. 81.130 sito in Marsala c.da “Fontana Coperta-Maimone” fin. 221
p. 155), avvenuta con atto in notar Leonardo Pizzo dell’S ottobre 2008 registrato il
successivo 13 ottobre 2008 al n. 19222, dietro pagamento del prezzo di 45.000,00
mediante assegno circolare non trasferibile del Banco di Sicilia, filiale di Strasatti,
D5.910.092.991-10. Con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale.In Trapanil’8
novembre 2008
b) del reato di cui agli artt. 99, commi 1, 2 nn. I) e 2), 3 e 4, 1.1.0 c.p.:, 12-quinquies,
comma 1, D.L. n. 306/92 conv. con modif. nella L. n. 356/92; per avere, agendo in
concorso tra loro, preventivamente costituendo cori atto in notar Leonardo Pizzo del 24
luglio 2008 un fondo patrimoniale e contemporaneamente modificando il regime patrimoniale
coniugale in quello di separazione dei beni e successivamente, il primo, formalmente
alienando in favore della seconda, mediante l’atto a titolo oneroso indicato sub a), i
tre terreni ivi indicati contro il prezzo di € 45.000,00, attribuito fittiziamente a
quest’ultima, con il previo accordo della quale agiva, la titolarità dei suddetti beni
immobili al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione
patrimoni-ali alte quali i beni anzidetti erano esposti in virtù della disciplina del D.L.
n. 92/2008 conv. con modif. nella 1. n. 125/2008; fittizietà, in particolare, desumibile:
1. dall’omessa comunicazione sub a);
2.

dalla pedissequa stipulazione da parte della Centonze – formale venditrice in luogo del

marito, effettivo dante causa – dì n. 2 preliminari di vendita (12.12.2008 e
1/.2.2009) aventi ad oggetto (anche) i. terreni sub 2 e 3 del capo che precede in favore della

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applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale della P.S. per anni 3

”Danvoir Energia srl” con sede in Roma e per essa dei suoi legali rappresentanti Josefowitz
Nicholas Frederick Myren e Frigerio Maurizio Alberto, per un valore dichiarato di €
150.000,00.Con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquerinale per il primo.In Marsala, 18
ottobre 2008

1.1 Avverso tale sentenza ,hanno proposto ricorso gli imputati per mezzo del
loro difensore di fiducia, deducendo:
a) la violazione dell’art.606, lett.b) e d e), cpp: violazione dell’art.12 quinquies
di ritenuta colpevolezza di entrambi gli imputati. Lamenta il ricorrente che la
motivazione è carente in ordine al

dolo specifico previsto dalla norma. La

Corte di merito, pur riconoscendo che gli imputati avevano dedotto l’effettiva
fittizietà dell’intestazione per scopi affatto diversi da quelli rilevanti ex art. 12
quinquies D.L. 306/92, non ne ha tratto le conseguenze in ordine all’assenza di
elementi di responsabilità né ha valutato adeguatamente il fatto che analoghe
intestazioni fittizie non erano state adottate per la gran parte del restante
patrimonio immobiliare di Bonafede. Ha inoltre sottovalutato che l’eventuale
finalità illecita della fittizia intestazione, asseritamente consistente nello scopo
di sottrarre quei beni ad eventuali apprensioni giudiziarie, non poteva in alcun
modo essere perseguita attraverso l’intestazione degli stessi beni alla moglie,
essendo quest’ultima esposta, allo stesso modo del marito, ai medesimi rischi.
b) Art.606, lett. b) ed e), cpp: violazione e falsa applicazione degli artt.30 e 31
L.646/82; difetto di motivazione in punto di colpevolezza del Bonafede.
Censura il ricorrente la motivazione che ritiene possibile che il dolo, seppur
generico, presupposto dall’art.30 L.646/82, sia integrato allorchè il
trasferimento che abbia dato luogo alla variazione patrimoniale sia stato
effettuato mediante atto pubblico, assicurando quest’ultimo la pubblicità più
ampia al negozio.
c) Art.606, lett. b) ed e), cpp: violazione e falsa applicazione degli artt.240 cp e
12 quinquies, comma II, D.L.306/92; mancanza di motivazione in relazione alla
confisca disposta in danno di Centonze Vincenza.Essendo del tutto evidente che
la condizione di benestante giustifica ex se la possibilità di pagare un prezzo di
appena diecimila curo, indipendentemente dalla giustificazione fiscale di tale
modesta disponibilità. D’altro canto, atteso che il regime patrimoniale della
famiglia Bonafede era a quell’epoca (2002) quello della comunione dei beni
(risulta in sentenza, pag.1, che soltanto a luglio 2008 i coniugi Bonafede-

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D.L. 306/92, conv. con mod. nella L. n°356/92; difetto di motivazione in punto

Centonze passarano dal regime di comunione legale a quello di separazione),
non appare congruo alle risultanze processuali considerare, ai fini della
capacità economica della Centonze, i suoi soli redditi, anzicchè quelli dell’intero
nucleo familiare.
2. Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel
giudizio di legittimità.

l’appello , ai quali la Corte d’appello aveva dato ampia e motivata risposta con
argomentazioni fondate in fatto ed in diritto e prive di vizi evidenti.
2.2 La Corte,invero, in relazione alla imputazione sub b) dopo aver premesso,
che Bonafede Antonino,aveva costruito una operazione economica che
prevedeva che, dopo avere, costituito un fondo patrimoniale con la
moglie Centonze Vincenza, il 24 luglio 2008, passando nel contempo dal
regime di comunione legale dei beni a quello di separazione, 18 ottobre
2008, aveva ceduto in favore della moglie la metà indivisa di tre terreni
a lui pertinenti siti in Marsala, in rubrica compiutamente indicati, per il
prezzo di euro 45.000,00. Due di tali terreni erano stati, subito dopo ,i1 12
dicembre 2008 e 1’11 febbraio 2009 , fatti oggetto di due contratti preliminari di
vendita in favore della società Danvoir energia s.r.l. con sede in Roma,
operante nel settore delle energie rinnovabili, rispettivamente per euro
90.000,00 e per curo 150.000,00 e che di tali negozi e della relative variazione
patrimoniale, Bonafede, benché sottoposto alla sorveglianza speciale,
aveva omesso di dare comunicare al Nucleo di Polizia Tributaria del
luogo di abituale dimora.
2.3 Sotto un primo profilo la Corte, aderendo alla decisione del primo
giudice,e rispondendo al motivo di appello , rifacendosi alla consolidata
giurisprudenza di legittimità, ha affermato che il dolo proprio del reato
proprio è configurabile anche quando l’omissione abbia ad oggetto il
conferimento di beni per atto pubblico, in quanto tali formalità non
garantiscono l’effettiva conoscenza della variazione in capo
all’amministrazione finanziaria. A questo riguardo è stato affermato dalla
giurisprudenza di maggior fondamento di questa Corte , che il collegio
condivide, (Cass., Sez. 5, 18 febbraio 2003 n. 15220, rv. 224379, da Sez. 5, 25
febbraio 2005 n. 14996, rv. 231365, da Sez. 1,15 giugno 2006 n. 25862, rv.

4

2.1 I ricorrenti,infatti hanno reiterato i medesimi motivi già proposti con

235263 e da Sez. 1, 25 ottobre 2006 n. 37408, rv. 235142) che la
comunicazione consente di informare l’amministrazione finanziaria con celerità,
stante la natura del reato, omissivo proprio, il cui evento giuridico consiste nel
pericolo di illiceità delle fonti patrimoniali ( n.10432 del 2010 rv 246398); la
circostanza che l’accrescimento o il decrescimento patrimoniale avvenga per
atto pubblico non esime il condannato per mafia dall’obbligo della
comunicazione in quanto la consultazione dei registri immobiliari può essere del
polizia giudiziaria di effettuare accertamenti periodici nei confronti di tutti
coloro che risultano trovarsi in quelle situazioni.
2.4 I1 reato inoltre prescinde dalla natura lecita della provenienza dei beni,
accertabile solo ex post, e sussiste qualora sia provato il dolo desunto da indici
storici del fatto. Nel caso concreto, tali indici storici sono individuabili
nell’essere stato l’imputato perfettamente al corrente di aver riportato condanna
per il reato di cui all’art. 416 bis c.p. trovandosi così nella consapevolezza
discendente ex lege (il dolo è pertanto in re ipsa) di avere l’obbligo (in forza del
quale l’ignoranza è inescusabile) di dover avanzare a chi di dovere la relativa
comunicazione (Cass.n.12433 del 2009 ,Cannamela,rv.243486).
2.5 In ordine alla imputazione sub b), dopo aver puntualizzato che gli imputati
non contestano la fittizietà dell’operazione di trasferimento dei beni dal
Bonafede alla Centonze, bensì la ritenuta finalità di fraudolenta
occultazione della titolarità di beni o della disponibilità di valori
finalizzati ad eludere i provvedimenti previsti in materia di
prevenzione patrimoniale, i giudici del merito ha inoltre ritenuto che le mere
dichiarazioni degli imputati circa intenzioni diverse da quelle proprie della
fattispecie di reato contestato, non fossero idonee a provare l’assunto difensivo
tenuto conto che il fatto che le norme in tema di misure di prevenzione
comportano una presunzione di titolarità in capo ai proposto dei beni
intestati ai familiari con lui conviventi ,non vale nel caso di intestazione
fittizia in capo ad un familiare, potendo essere vinta la presunzione di
fittizietà dalla prova contraria,che nel caso in esame si è sostanziata
nell’attribuzione, secondo la non comprovata propsettazione difensiva, alla
Centonze della qualità di benestante.
2.6 Ad ogni buon conto con una valutazione assolutamente condivisibile perché
logica e coerente cori gli elementi rilevati .e pertanto non sindacabile in questa

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tutto casuale e non completa; ne’ può ritenersi sussistere un obbligo della

sede, attenendo al merito della questione, la Corte ha affermato che la finalità
del reato è dimostrata dalla stessa natura stessa del negozio posto in essere dai
due imputati, a nulla rilevando che per altri beni del patrimonio di Bonafede
non furono adottate analoghe modalità di trasferimento e che il dolo ascrivibile
alla Centonze non era sicuramente riconducibile al rapporto di coniugio che la
legava al Bonafede quanto piuttosto al ruolo ,cosciente e volontario richiesto
all’imputata, per portare a termine l’intera operazione commerciale, i cui

2.7 Quanto all’ultimo motivo, rileva che la Corte di merito, contrariamente
a quanto afferma il ricorrente ha compiutamente ed adeguatamente
motivato il provvedimento ablativo. Infatti, dopo aver osservato che i
terreni della Centonze sono stati in primo grado confiscati sulla base della
sproporzione sussistente tra i redditi leciti percepiti dalla donna(tali da
garantire a stento il soddisfacimento di elementari bisogni di vita) ed il
valore dei beni posseduti, i giudici di merito hanno rilevato essere stato
accertato che all’epoca dell’acquisto l’imputata non disponeva certamente di
della somma necessaria ad acquisire i beni,avendo avuto introiti di minore
entità, appena sufficienti al soddisfacimento delle più elementari di vita,
non potendosi accogliere, in assenza di comprovate evidenze , la tesi
difensiva secondo la quale la donna avrebbe avuto ulteriori introiti
derivanti da attività agricola.
3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al
versamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del
dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di curo 1.000,00 alla cassa delle
ammende.

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Così de so iiE1 Roma , il 06 novembre 2015
Il Presidente
Il Consilierd i1ensore

L

vantaggi erano comunque destinati a ricadere anche su di lei.

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