Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6769 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6769 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PANGALLO FRANCESCO N. IL 01/06/1988
avverso l’ordinanza n. 309/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 12/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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°1-0 aw< AJAll /A.74,14-4C24-At£42-014 C-AZ+ e) L UditiCdifensorcAvv.i e,_ i t 02..1 3 HE i‘ri r e,0 A- V--n- puft_ ~LO 62 Ag-4- Data Udienza: 30/01/2014 .,,,,,te~ c RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza del 12 aprile — 17 agosto 2013 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l'ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Pangallo Francesco, emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Reggio Calabria in data 28 gennaio 2013 per il reato di cui agli artt. 416 c.p. e 7 della L. n. 203/91 [capo sub C) dell'imputazione provvisoria], per aver partecipato, con il ruolo di promotore ed organizzatore, ad un'associazione per delinquere all'organizzazione mafiosa di cui al capo sub A) ed operante in Melito Porto Salvo, Reggio Calabria ed altre località limitrofe dal mese di novembre 2006 — nonché per i reati-fine di illegale detenzione e porto di armi comuni da sparo - di cui ai capi sub C11), C23-bis), C24), C25) - e per gli ulteriori reati [rispettivamente contestati ai capi sub D) e D2)] di associazione fmalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti del tipo hashish e marijuana e di illecita detenzione e cessione di grammi 31,51 di hashish, escludendo tuttavia [quanto ai capi sub C), C11), C23-bis) C24) e C25)] le condizioni per la presenza dell'aggravante di cui al su citato art. 7, sul presupposto che l'indagato non risulta aver intrattenuto rapporti diretti con i membri dell'organizzazione di cui al capo sub A). 2. Avverso la suddetta pronuncia del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del Pangallo, deducendo tre motivi di doglianza il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 2.1. Vizi di violazione di legge e carenze motivazionali in relazione agli artt. 192 c.p.p., 73 e 74 del D.P.R. n. 309/90, per avere il Tribunale del riesame ritenuto l'esistenza del reato associativo sulla base di un unico episodio (capo sub D2) in cui il ricorrente avrebbe ceduto a Fosso Francesco un modesto quantitativo di hashish (gr. 31), che a sua volta sarebbe stato ceduto a due acquirenti. L'impugnata ordinanza, inoltre, prendendo in considerazione un solo episodio, peraltro risalente all'anno 2007, ha omesso di spiegare se vi fosse la piena consapevolezza e volontà di appartenere all'associazione, senza neanche verificare l'eventuale configurabilità dell'ipotesi di cui al sesto comma dell'art. 74 del su citato D.P.R.. Infine, il Tribunale ha ritenuto sussistente la posizione del promotore, ovvero dell'organizzatore, in assenza di comportamenti indicativi in tal senso. 2.2. Vizi di violazione di legge e carenze motivazionali in relazione all'art. 192 c.p.p., per quel che attiene all'associazione finalizzata al traffico di armi (capo sub C), avendo il Tribunale illogicamente ritenuto gli episodi ascritti — peraltro avvenuti in un arco temporale assai ristretto, ossia dal febbraio al giugno del 2007 - di gravità tale da giustificare la misura custodiale, sebbene si tratti di tentativi di 1 finalizzata all'acquisto, vendita e detenzione di armi e munizioni — associazione ritenuta collegata cessione, o addirittura di "baratti", di armi giocattolo modificate, mal funzionanti, e destinate ad ipotetici acquirenti (fatti, dunque, sicuramente non idonei a configurare in capo al Pangallo la sussistenza dell'ipotizzato reato associativo, peraltro aggravato dal ruolo di promotore od organizzatore assegnatogli nella provvisoria contestazione). Il Tribunale, infine, ha ritenuto sussistente l'ipotesi di reato addebitata nel capo sub C24) attraverso una motivazione solo apodittica, senza considerare la ricostruzione alternativa proposta dalla difesa attraverso l'esito delle investigazioni ex art. 391-bis, c.p.p., 2.3. Vizi di violazione di legge e carenze motivazionali in relazione all'art. 275 c.p.p., tenuto conto dell'entità del tempo trascorso dalla commissione dei reati, dell'incensuratezza e della giovane età del ricorrente, che ben avrebbero potuto consentire l'applicazione di una misura meno afflittiva, quale quella degli arresti domiciliari. CONSIDERATO IN DIRITTO 3. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati. 4. Con riferimento al contenuto dei motivi di doglianza sopra evidenziati in narrativa (nei parr. 2.1. e 2.2.), pur essendo chiaramente evincibile, dal tessuto motivazionale dell'impugnata ordinanza, un quadro di consistente gravità indiziaria per i su menzionati reati-fine dei sodalizi criminali oggetto delle provvisorie imputazioni articolate in sede cautelare — dovendo ritenersi genericamente formulati i rilievi difensivi riguardo all'addebito di cui al capo sub C24), ed avendo il Tribunale correttamente proceduto ad una esaustiva valutazione degli elementi indiziari specificamente emersi a carico del ricorrente, nel dar conto, in maniera logica ed adeguata, delle ragioni che giustificano l'epilogo del relativo percorso decisorio - deve rilevarsi, sotto altro, ma connesso profilo, come le sequenze motivazionali mostrino un andamento incerto, frutto di un insufficiente approfondimento in merito alla valutazione dell'effettiva consistenza del panorama indiziario, laddove esse trascurano di considerare, sulla base di un congruo supporto critico-argomentativo, i puntuali rilievi difensivi espressi in merito alla configurazione del titolo della responsabilità. Entro tale prospettiva si rende necessario chiarire, in particolare, i presupposti di fatto, le note modali e l'estensione temporale del ruolo specificamente assunto dal ricorrente all'interno dei sodalizi individuati nei temi d'accusa [capi sub C) e D)], oltre alle connotazioni proprie delle correlative condotte di partecipazione oggetto degli addebiti cautelari, alla luce dei principii in questa Sede più volte statuiti, secondo cui, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile ed organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del 2 il cui contenuto deponeva in senso contrario all'ipotesi formulata dall'accusa. sodalizio, tale da implicare, più che uno "status" di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l'interessato "prende parte" al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell'ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. 1 n. 1470 del 11/12/2007, dep. 11/01/2008, Rv. 238838). Occorre, dunque, la precisa delineazione di un quadro indiziario concretamente indicativo della prestazione di un effettivo contributo, che può essere anche minimo, di qualsiasi forma e contenuto, purché destinato a fornire efficacia al mantenimento in vita della struttura o al perseguimento degli In tal senso è necessario, altresì, rilevare: a) che la messa a disposizione dell'organizzazione criminale, rilevante ai tini della prova dell'adesione, non può risolversi nella mera disponibilità eventualmente manifestata nei confronti di singoli associati, quand'anche di livello apicale, al servizio di loro interessi particolari, ma deve essere incondizionatamente rivolta al sodalizio, ed essere di natura ed ampiezza tale da dimostrare l'adesione permanente e volontaria ad esso per ogni fine illecito suo proprio (Sez. 1, n. 26331 del 07/06/2011, dep. 06/07/2011, Rv. 250670); b) che la partecipazione dell'imputato al sodalizio criminoso può essere desunta anche dalla commissione di singoli episodi criminosi, purché siffatte condotte, per le loro connotazioni, siano in grado di attestare, al di là di ogni ragionevole dubbio e secondo massime di comune esperienza, un ruolo specifico della persona, funzionale all'associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita criminale, e le stesse siano espressione non occasionale dell'adesione al sodalizio criminoso ed alle sue sorti, con l'immanente coscienza e volontà dell'autore di farne parte e di contribuire al suo illecito sviluppo (Sez. 6, n. 44102 del 21/10/2008, dep. 26/11/2008, Rv. 242397). Né, peraltro, risultano chiaramente indicati, allo stato, gli specifici elementi di fatto su cui si radica l'ipotizzato ruolo di promotore ed organizzatore dei sodalizi da parte del ricorrente, ove si consideri che, per poter affermare la presenza di tale qualità, è necessaria la prova dei compiti in concreto svolti da coloro cui tale qualifica viene attribuita, non potendo i compartecipi di un'associazione priva di struttura gerarchica, per ciò stesso ed in modo automatico, essere ritenuti "promotori" od "organizzatori" di un organismo associativo (Sez. 6, n. 25698 del 15/06/2011, dep. 28/06/2011, Rv. 250515). Invero, l'attribuzione di tali qualifiche all'interno dell'associazione non può genericamente discendere dall'importanza del ruolo che il partecipe assume nell'organizzazione criminosa, bensì dallo specifico contenuto delle funzioni in concreto esercitate, sì come accertate sulla base di una puntuale e completa verifica dei relativi elementi di riscontro sul piano indiziario. In tal senso, dunque, deve ribadirsi il quadro di principii secondo cui, in tema di reato associativo, e in particolare di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, riveste il ruolo di promotore non solo chi sia stato l'iniziatore dell'associazione, coagulando attorno a sè le prime adesioni 3 scopi di essa (Sez. 2, n. 2350 del 21/12/2004, dep. 26/01/2005, Rv. 230718). e consensi partecipativi, ma anche colui che, rispetto ad un gruppo già costituito, provochi ulteriori adesioni, sovraintenda alla complessiva attività di gestione di esso ed assuma funzioni decisionali (Sez. 6, n. 5501 del 12/12/1995, dep. 04/06/1996, Rv. 205653), mentre l'attribuzione a taluno del ruolo di "organizzatore" non implica che costui debba essere necessariamente investito di compiti di coordinamento e di direzione dell'attività di altri soggetti (rientrando piuttosto i detti compiti in quelli propri dei "capi" e "dirigenti"), ma richiede, quanto meno, che l'attività svolta dal soggetto presenti i requisiti della essenzialità e della infungibilità (intesa, quest'ultima, peraltro, in senso relativo, e cioè dep. 11/12/1993, Rv. 195764). Tale qualifica, dunque, spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l'impiego delle strutture e delle risorse associative, nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un'attività che assuma i caratteri dell'essenzialità e dell'infungibilità, non essendo invece necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell'altrui attività (Sez. 5, n. 39378 del 22/06/2012, dep. 05/10/2012, Rv. 254317). 5. A tale riguardo, infine, non può non evidenziarsi come costituisca ius receptum, nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, il principio secondo cui l'obbligo di motivazione in materia di misure cautelari personali non può ritenersi assolto, per quanto concerne l'esposizione dei gravi indizi di colpevolezza, con la mera elencazione descrittiva degli elementi di fatto, occorrendo invece una valutazione critica ed argomentata delle fonti indiziarie, singolarmente assunte e complessivamente considerate, in relazione alla tipologia delle condotte delittuose oggetto della, pur provvisoria, contestazione articolata in sede cautelare (Sez. 6, n. 18190 del 04/04/2012, dep. 14/05/2012, Rv. 253006; Sez. 6, n. 40609 del 01/10/2008, dep. 30/10/2008, Rv. 241214). E' ovvio, infatti, che la ricerca dell'elemento indiziante, e della stessa valenza ad esso attribuibile, non può essere compiuta in sede di legittimità, mediante la lettura dei dati di fatto, come elencati dal giudice di merito, posto che ciò trasformerebbe il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito, con la sovrapposizione della propria valutazione dei fatti a quella ivi operata. La funzione di legittimità è invece limitata alla verifica dell'adeguatezza del ragionamento e della valutazione adottata nel provvedimento sottoposto al suo esame, che, in ragione di quanto or ora esposto, deve manifestare, con chiarezza ed esaustività, quali argomentazioni critiche lo abbiano sorretto nel pervenire alla ricostruzione dei fatti, tenendo conto di tutti gli elementi, sia contrari, sia a favore del soggetto sottoposto al suo esame. 6. Ferme le implicazioni riconducibili alle su esposte considerazioni, e tenuto conto della natura delle contestazioni allo stato formulate a carico del ricorrente, il Giudice di merito dovrà riesaminare 4 come non facile intercambiabilità e non come assoluta insostituibilità (Sez. 1, n. 11344 del 10/05/1993, anche il profilo delle esigenze cautelari (v., supra, il par. 2.3.), alla stregua del pacifico insegnamento giurisprudenziale in questa Sede elaborato, secondo cui lo specifico riferimento dell'art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen., alla valutazione del "tempo trascorso dalla commissione del reato", impone un ben preciso dovere di motivazione del provvedimento de libertate e costituisce chiara espressione del principio secondo cui la pregnanza del pericolo di recidiva si "attualizza" in proporzione diretta con il "tempus commissi delicti", in quanto alla maggior distanza temporale dei fatti corrisponde, di regola, un proporzionale affievolimento delle esigenze di cautela oggetto di apprezzamento (Sez. Un., 09/05/2013, Rv. 255725). 7. S'impone, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, per un nuovo esame dei punti critici sopra evidenziati, che nella piena libertà dei relativi apprezzamenti di merito, dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei su esposti principii di diritto in questa Sede stabiliti. La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti previsti dall'art. 94, comma 1-ter, disp. att., c.p.p. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1-ter, disp. att., c.p.p. Così deciso in Roma, li, 30 gennaio 2014 Il Consigliere estensore Il Presidente n. 40538 del 24/09/2009, dep. 20/10/2009, Rv. 244377; Sez. 6, n. 20112 del 26/02/2013, dep.

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