Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6768 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6768 Anno 2014
Presidente: GARRIBBA TITO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIOBERTI OSVALDO N. IL 14/09/1961
avverso il decreto n. 84/2012 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 18/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dalt
(IL

Uditi difensor Av

Data Udienza: 30/01/2014

1. Gioberti Osvaldo propone ricorso per cassazione avverso il decreto della Corte
di appello di Reggio Calabria con la quale è stata data conferma alla misura di
prevenzione personale comminata al ricorrente all’uopo disposta in primo grado
dal Tribunale della medesima città .
2. Lamenta in particolare il ricorrente violazione di legge in ragione di una
asserita radicale mancanza di motivazione . Il provvedimento impugnato sarebbe
infatti esclusivamente fondato su una assolutamente erronea lettura dell’unico

intercettazione meglio descritta in ricorso che , letta correttamente , mai avrebbe
potuto giustificare , considerato il tenore letterale della relativa trascrizione, la
affermata appartenenza del ricorrente al clan indicato nel provvedimento
impugnato . Trattasi di una lettura e distorta e artificiosa della fonte probatoria ,
di una interpretazione del medesimo fatto storico in ordine al quale è stata
esclusa ogni responsabilità penale prima in sede cautelare e poi nel merito ed al
quale non poteva ascriversi alcun valore indiziante rispetto al tema giudicato
della pericolosità sociale.
4.

Con requisitoria scritta La Procura generale ha chiesto dichiararsi la

inammissibilità del ricorso , proposto deducendo motivi cìnon consentiti dalla
legge.
Con memoria depositata il 27 gennaio 2014 la difesa ha replicato alle conclusioni
della Procura generale , ribadendo la contraddittorietà e la illogicità della lettura
del dato captato fornito dalla Corte territoriale e contrastando l’affermata
inammissibilità del gravame
5. IL ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
6. Giova ribadire che nel procedimento di prevenzione, il ricorso per Cassazione,
secondo il disposto dell’art. 4, comma II, legge 27 dicembre 1956 n.1423,
richiamato dall’art. 31ér, comma 2, legge n. 575/1965 , è ammesso soltanto per
violazione di legge.
Ne consegue che, in tema di sindacato sulla motivazione, sono escluse dal
novero dei vizi deducibili in sede di legittimità le ipotesi previste dall’art. 606,
comma 1, lett. e), cod.proc.pen., potendosi soltanto denunciare, ai sensi della
lett.c) dello stesso articolo, la motivazione inesistente o meramente apparente,
integrante la violazione dell’obbligo – imposto dall’art. 4, comma 10 legge n.
1423/1956 – di provvedere con decreto motivato. Ne consegue che, in sede di
legittimità, non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa non sia

dato indiziario posto fondamento della ritenuta pericolosità qualificata , id est la

del tutto carente, o presenti difetti tali da renderla meramente apparente e in
realtà inesistente, ossia priva dei requisiti minimi di coerenza, di completezza e
di logicità; ovvero quando la motivazione stessa si ponga come assolutamente
inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito,
oppure, ancora, allorché le linee argomentative del provvedimento siano
talmente scoordinate e carenti dei necessari passaggi logici da fare risultare
oscure le ragioni che hanno giustificato la decisione della misura (ex plurimis,

La limitazione del ricorso alla sola “violazione di legge” è stata tra l’altro
riconosciuta dalla Corte Costituzionale non irragionevole (sent. n. 321 del 2004),
data la peculiarità’ del procedimento di prevenzione sia sul piano processuale che
su quello sostanziale.
7. Nel caso , la motivazione sottesa al provvedimento impugnato sfugge
evidentemente ad un così marcato vizio tale da giustificare il controllo di
legittimità.
La decisione impugnata riposa sulla lettura dell’unico dato offerto a sostegno
della ritenuta pericolosità sociale : una intercettazione ambientale relativa ad un
colloquio nel quale si discuteva di cariche ripartite all’interno della “ndrangheta”
tra soggetti al vertice della medesima consorteria riferita indiziariamente al
Gioberti . Nel corso della detta conversazione il ricorrente viene indicato da due
degli interlocutori ( Commisso Giuseppe , capo locale di Siderno e Giuseppe
Bruzzesi, capo locale di Grotteria) quale soggetto certamente affiliato all’interno
del locale mafioso di Siderno per avere ricevuto in tal senso una formale
investitura di rilievo ( la Santa ).
Muovendo da tale colloquio in tali termini interpretato , la Corte territoriale
evidenzia che siffatta lettura coincide integralmente con quella fornita dal GUP
nel processo promosso ai danni del ricorrente con l’imputazione di cui all’ad 416
bis cp. E , dopo aver puntualmente e del tutto correttamente accennato
all’indifferenza dell’accertamento legato al detto giudizio di responsabilità (
sfociato nell’assoluzione del ricorrente ) rispetto a quello afferente la pericolosità
sociale ( laddove non venga in gioco, come nella specie il medesimo fatto storico
in termini di negazione dello stesso) nonché la diversa concezione del profilo
partecipativo ( per la responsabilità ex art 416 bis cp ) rispetto alla mera
appartenenza ( in termini di contiguità utile alla pericolosità qualificata ex ad 1
legge 575/65 ), la Corte è pervenuta al giudizio di pericolosità in ragione della

Sez. 6, n. 35044, del 8/03/2007, dep. 18/09/2007, Bruno, Rv. 237277).

certa affiliazione del Gioberti al clan in contestazione. Il tutto condividendo
coerentemente le valutazioni rese dal Giudice nel processo penale nell’affermare
che dalla intercettazione non emerge uno specifico ruolo ascritto al ricorrente
all’interno dell’associazione criminale ma la mera affiliazione alla medesima e al
contempo rimarcando , che tale dato , se utile a giustificare l’esonero dalla
responsabilità penale per l’imputazione associativa, non elide tuttavia i profili di
pericolosità sociale qualificata già considerati dal primo giudice .

sociale .
8. Questo il tenore della motivazione adottata , di certo la stessa sfugge al vizio
lamentato in ricorso. La linea argomentativa tracciata si pone in piena coerenza
al dato normativo applicato e si fonda su un adeguato materiale indiziario, utile a
giustificare i profili di contiguità associativa destinati a validare il reso giudizio di
pericolosità sociale . E , nel ribadire la nota autonomia tra accertamento della
responsabilità penale e giudizio sulla pericolosità sociale, si pone in linea con la
lettura interpretativa (dell’identico dato fattuale posto a fondamento dei due
procedimenti) fornita dal giudice del processo penale , ricavando tuttavia dallo
stesso , in termini di assoluta coerenza, i profili funzionali alla applicazione
dell’intervento in prevenzione .
Piuttosto , per quanto sopra già accennato , le doglianze sollevate con il gravame
si pongono evidentemente al di fuori del perimetro relativo al vaglio di legittimità
ascritto a questa Corte in materia di prevenzione. Certa l’inconferenza delle
valutazioni autonomamente resa in ordine al medesimo materiale indiziario in
sede cautelare prima e di merito poi , le contestazioni mosse in ricorso si
sostanziano in una lettura alternativa del colloqui intercettati destinata in quanto
tale ad investire la motivazione sottesa alla decisione impugnata in termini non
consentiti dalla legge così da imporre la declaratoria di inammissibilità del
gravame.
9. Alla inammissibilità del ricorso consegue a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma
in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
ritiene equo determinare in Euro mille.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Da qui la ritenuta contiguità posta a fondamento del reso giudizio di pericolosità

spese processuali e della somma di Euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 30 gennaio 2014
Il Presi ente

Il Consigliere Estensore

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