Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6767 del 24/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6767 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALARCO DOMENICO SALVATORE MARCO N. IL 24/04/1987
avverso l’ordinanza n. 708/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/09/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4ette/sentite le conclusioni del PG Dott. 71J G–1Y1 P0
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Data Udienza: 24/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6 settembre 2013 il Tribunale di Reggio Calabria ha rigettato
l’appello proposto ex art. 310 c.p.p. da Calarco Domenico Salvatore avverso l’ordinanza
emessa dal G.i.p. presso il medesimo Tribunale in data 14 giugno 2013, che rigettava la
richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere cui l’istante è
sottoposto per la partecipazione a due sodalizi in materia di traffico di stupefacenti e di

2. Avverso l’ordinanza pronunziata dal Tribunale in sede di appello ha proposto ricorso per
cassazione il difensore del Calarco, deducendo vizi motivazionali e di violazione di legge con
riferimento all’art. 275 c.p.p., per avere il Tribunale omesso ogni valutazione in ordine
all’effetto deterrente del lungo periodo di detenzione patito dall’indagato, tenuto conto della
sua giovane età e dell’impossibilità di reiterare la condotta, dato che il provvedimento
cautelare originario ha disarticolato il sodalizio criminoso e che l’invocato provvedimento degli
arresti domiciliari in un luogo lontano da quello di contestazione degli addebiti consente di
salvaguardare le residue esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

4.

Congrua deve ritenersi, nell’iter motivazionale dell’impugnato provvedimento, la

giustificazione offerta riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari, desunte
dall’evidenziato rischio di reiterazione delle gravi condotte oggetto degli addebiti cautelari, che
in ragione della loro entità e della specifica rilevanza che hanno assunto sia nel settore del
traffico di stupefacenti, che in quello relativo al commercio di armi da fuoco, hanno
coerentemente indotto il Tribunale a ritenere adeguata la misura cautelare in essere rispetto al
grado di pericolosità oggetto di prognosi in sede cautelare.
Pur sinteticamente esposto, tale apprezzamento viene delineato, in punto di fatto,
attraverso un insieme di sequenze motivazionali chiare e prive di vizi logici, rispetto alle quali il
ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione tali da inficiare la complessiva
tenuta del discorso argomentativo sviluppato nell’impugnata ordinanza, ma ha sostanzialmente
contrapposto una lettura alternativa delle medesime risultanze processuali,sollecitando una
rivalutazione di profili di merito già puntualmente vagliati dinanzi al G.i.p., ovvero in sede di
appello cautelare.
Al riguardo v’è da osservare, peraltro, che l’ordinamento non conferisce a questa Suprema
Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ne’
alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi compreso
1

commercializzazione di armi da fuoco, oltre che di molteplici reati-fine.

l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta
l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale chiamato a pronunciarsi sulle connesse
questioni de libertate. Il controllo di legittimità, pertanto, è circoscritto esclusivamente alla
verifica dell’atto impugnato, al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due
requisiti, uno di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, la cui contestuale presenza,
come avvenuto nel caso in esame, rende l’atto per ciò stesso insindacabile: 1) l’esposizione

illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (da ultimo, v. Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, dep. 18/11/2010, Rv.
248698).

5. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo
quantificare nella misura di euro mille.
La Cancelleria provvederà all’espletamento degli incombenti di cui all’art. 94, comma

I-

ter, disp. att., c.p.p.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per
gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att., c.p.p. .

Così deciso in Roma, lì, 24 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza nel testo di

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