Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6765 del 24/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6765 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI FIRENZE
nei confronti di:
LUCHI GIAN PIERO N. IL 05/01/1953
LOTTI ALBERTO N. IL 30/12/1948
PINARELLI PAOLO N. IL 21/03/1957
COCCHI PAOLO N. IL 30/05/1958
LUCHI LUCA N. IL 13/10/1958
CIANTI DANILO N. IL 18/08/1951
BARDAZZI BARBARA N. IL 21/03/1958
CIANTI SIMONE N. IL 04/02/1972
avverso la sentenza n. 779/2013 GIP TRIBUNALE di FIRENZE, del
21/01/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
-lette/sentite le conclusioni del PG Dott. l iGEIV;9
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Data Udienza: 24/01/2014

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 21 gennaio – 8 aprile 2013 il G.i.p. presso il Tribunale di
Firenze ha dichiarato non doversi procedere: a) nei confronti di Luchi Gian Piero, Lotti Alberto,
Pinarelli Paolo e Luchi Luca perché il fatto non sussiste (capo sub A), in relazione al reato di cui
agli artt. 110, 117 e 323 c.p.); b) nei confronti di Cocchi Paolo e Cianti Danilo perché il fatto
non sussiste (capo B, in relazione al delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319 e 321 c.p.); c) nei

relazione al delitto di cui all’art. 379 c.p. e sub D), in relazione al delitto di cui agli artt. 110 e
321 c.p.]; d) nei confronti di Pinarelli Paolo, inoltre, perchè il fatto non sussiste (capo sub G),
ex art. 323 c.p.) e perché il fatto non costituisce reato (capo sub I), ex art. 479 c.p.); e) nei
confronti, infine, di Lotti Alberto e Pinarelli Paolo, perchè il fatto non sussiste (in relazione al
delitto di cui agli artt. 110, 323 c.p., contestato nel capo sub L).

2. Il procedimento ha ad oggetto, in particolare, fatti di abuso d’ufficio e falso ideologico
posti in essere, entro un arco temporale variamente ricompreso negli anni 2002-2010, da
pubblici amministratori e funzionari del Comune di Barberino di Mugello (ossia, dal Sindaco
Luchi Gian Piero, dal vice Sindaco Lotti Alberto e da Pinarelli Paolo, quale responsabile
dell’Ufficio gestione del territorio), nonché fatti di corruzione contestati sia al Cocchi (quale
consigliere della Regione Toscana dal 2000 al 2010 ed assessore alla cultura, al turismo e al
commercio dall’agosto 2007) che al Cianti Danilo, imprenditore con interessi economici
prevalentemente individuati nell’ambito del su indicato territorio comunale.

3. Avverso la su indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il
medesimo Tribunale, deducendo, con riferimento alle posizioni di tutti gli imputati,
un’articolata serie di censure incentrate su vizi di illogicità e contraddittorietà della
motivazione, nonchè di violazione di legge in relazione all’erronea applicazione dell’art. 425
c.p.p., avendo il G.i.p. motivato la sua decisione sulla base di ricostruzioni ipotetiche dei fatti
descritti nei rispettivi capi d’imputazione, ed alternative a quelle ivi formulate, con una
personale reinterpretazione, priva di riscontri oggettivi, del materiale indiziario raccolto.
Il G.i.p. ha infatti limitato le sue valutazioni soltanto ad alcune delle fonti di prova
acquisite nel corso delle indagini, trascurandone altre ed omettendo di valutare
adeguatamente, in particolare, le risultanze emergenti dal complesso materiale probatorio
scaturito dalle conversazioni oggetto di intercettazione telefonica.

3.1. Con riferimento alla vicenda descritta nel capo sub A), in particolare, il P.M. ha
dedotto, fra l’altro, l’estraneità delle argomentazioni utilizzate nell’impugnata pronuncia
rispetto al contenuto del tema d’accusa, ove si fa riferimento alla circostanza che tra l’adozione
del piano regolatore e la sua approvazione l’amministrazione comunale interessata – retta dal
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confronti di Bardazzi Barbara e Cianti Simone perché il fatto non sussiste [capi sub C), in

Sindaco Luchi Gian Piero – ha ritenuto di dovere emanare una variante a seguito della quale
sono stati anticipati gli effetti previsti dal’atto di pianificazione generale – ossia, il PRG riguardo ad uno specifico comparto – area denominata “Sottocastello” – che è quella ove
insiste un terreno del fratello, che in tal modo, prima dell’approvazione del PRG e della
conseguente disamina delle relative osservazioni, avrebbe beneficiato di tale situazione,
realizzando nell’area quaranta appartamenti.

l’omesso apprezzamento, da parte del Giudice, di talune delle segnalazioni inviate dalla Polizia
Municipale al Pinarelli – nella sua qualità di responsabile dell’ufficio gestione del territorio del
Comune di Barberino – inerenti all’abusivo svolgimento di attività di somministrazione di
bevande e pubblico intrattenimento in orario notturno, sebbene il titolo autorizzativo in
possesso degli esercenti lo stabilimento balneare evocato nel capo d’imputazione prevedesse
esclusivamente la possibilità di svolgere attività musicale al di fuori dell’orario notturno.
Il P.M. ha altresì dedotto, al riguardo, la contraddittorietà delle risposte fornite dal G.u.p.
in merito alla contestata omissione di una tempestiva risposta del Pinarelli al Difensore civico
in merito alle segnalazioni pervenute da un cittadino che si doleva della rumorosità dell’attività
commerciale svolta in orario notturno: da un lato, infatti, sarebbe stata negata l’esistenza di
un dovere di risposta alle richieste di informazioni sul punto avanzate dal Difensore civico,
mentre, dall’altro lato, si è affermato che le risposte tardivamente fornite non avrebbero avuto
carattere elusivo, ma anzi avrebbero manifestato l’assenza di un comportamento inerte da
parte dell’imputato.

3.3. Con riferimento ai temi d’accusa enucleati nei capi sub I) ed L), inoltre, il P.M. ha
rilevato come il G.u.p. fosse tenuto a verificare se i comportamenti ivi descritti fossero o meno
conformi al divieto di favoritismi da parte dei pubblici funzionari chiamati ad un compito di
tutela e controllo nell’interesse della collettività, e come il principio di imparzialità e correttezza
imposto agli appartenenti alla P.A. sia stato addirittura ribaltato nella motivazione della
sentenza impugnata, che definisce “auspicabile” il fatto che i pubblici funzionari coinvolti
nell’indagine non solo abbiano omesso di adottare i provvedimenti conseguenti all’accertata
mancanza dei documenti previsti, ma si siano persino prestati a ricevere per fax o per mail i
progetti presentati dal soggetto sottoposto al loro controllo per apportarvi eventuali
integrazioni o correzioni, offrendosi di predisporre in suo favore una traccia del testo
mancante, che poi avrebbe dovuto essere oggetto di verifica e controllo da parte dello stesso
Ufficio tecnico e del medesimo Assessorato, retti dalle persone chiamate a svolgere tale opera
di collaborazione con la parte privata richiedente.
Al riguardo, inoltre, il P.M. ha dedotto, fra l’altro, la censurabilità del compito di
“segreteria” svolto ed avallato dagli imputati, consistito nell’aggiornare la parte privata circa gli
esiti delle sedute della Commissione edilizia o del Consiglio comunale nel caso in cui detti
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3.2. Con riferimento alla vicenda di cui al capo sub G), il P.M. ha lamentato, in particolare,

organi erano chiamati a valutare il relativo progetto, o ancora nel ricordargli le date delle
future sedute degli organi comunali chiamati a pronunziarsi, così da preparare in tempo utile la
documentazione ancora mancante.
Né, infine, il Giudice ha motivato per quale ragione, pur a fronte di stretti rapporti
personali tra uno degli imputati (il Pinarelli) ed i rappresentanti della società interessata, la
falsa attestazione contestata nel capo sub I) debba qualificarsi come mero errore, non sorretta
dalla coscienza e volontà di affermare il falso, così da favorire ulteriormente la rapida

contenuto delle intercettazioni telefoniche disposte nel corso delle attività d’indagine
preliminare.

3.4. Con riferimento ai reati di cui ai capi sub B), C) e D), infine, il P.M. rileva come fosse
evidente che il Cocchi, in ragione dell’incarico ricoperto a livello politico in seno all’ente
territoriale chiamato a sovraintendere alla complessiva gestione del territorio, si trovava in una
posizione di influenza rispetto ai vari amministratori locali, alcuni dei quali erano stati in
passato suoi stretti collaboratori, e come quelle materie certamente rientrassero nell’ambito
della sua generica competenza funzionale. Entro tale prospettiva, secondo il P.M., il Cianti ha
potuto spesso fruire di informazioni riservate ottenute dal Cocchi proprio in forza della carica
pubblica da lui ricoperta, ed ha potuto, altresì, sfruttare il suo interessamento per assicurarsi in
anticipo terreni ed aree poi destinate proprio a quelle attività urbanistico – edilizie auspicate dal
Cianti.
Né il Giudice, a tale riguardo, ha spiegato per quale ragione il Cianti avrebbe erogato non
trascurabili somme di denaro in favore del Cocchi – di importo oscillante tra i diecimila ed i
duecentocinquantamila euro, in un arco temporale, peraltro, alquanto ristretto – qualora egli
non avesse potuto procurargli alcun concreto ed effettivo vantaggio.
La presunta assenza di competenza del Cocchi circa le determinazioni urbanistico – edilizie
adottate dall’amministrazione comunale di Barberino è inoltre smentita dall’interrogatorio reso
al P.M. dal coimputato Lotti, mentre la motivazione dell’impugnata pronuncia risulterebbe,
sotto vari profili, contraddittoria laddove il G.u.p. ha riqualificato la fattispecie contestata alla
luce della nuova disciplina del traffico d’influenze, tenuto conto, fra l’altro, della rilevata
presenza di comportamenti contrari ai doveri di segretezza ed imparzialità imposti ai pubblici
ufficiali, nonché dell’erronea argomentazione secondo cui lo sponsorizzare e quindi l’assicurare
ad un imprenditore un trattamento di favore da parte dei rappresentanti delle pubbliche
amministrazioni con cui egli è chiamato a rapportarsi sia un comportamento privo di
connotazione illecita, atteso che i concorrenti del Cianti non hanno potuto usufruire delle stesse
facilitazioni, ma hanno ricevuto invece un trattamento deteriore.

4. Con memoria depositata in Cancelleria in data 2 gennaio 2014 il difensore di Cocchi
Paolo, Avv. Pier Matteo Lucibello, ha illustrato una serie di argomentazioni a sostegno della
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definizione del progetto commerciale, alla luce dei rapporti confidenziali comprovati dal

declaratoria di rigetto del ricorso del P.M., trovando la motivazione della pronuncia impugnata
un’autonoma e sufficiente giustificazione nelle valutazioni in fatto ivi richiamate (pagg. 34-38)
e dovendosi ritenere non configurabile una condotta di natura corruttiva, giacchè nessuna delle
attività rimproverate all’imputato costituisce emanazione, sia pure indiretta, della funzione
pubblica e dei poteri ad essa collegati e comunque connessi.
L’ipotizzata attività di raccomandazione, consistente nell’aver introdotto il Cianti presso
taluni amministratori pubblici al fine di agevolare la sua attività imprenditoriale, è totalmente

della diversa fattispecie di cui all’art. 346-bis c.p. .

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

6. La Corte costituzionale ha più volte affermato che le modifiche apportate alla disciplina
dell’udienza preliminare non ne hanno modificato la funzione ad essa assegnata nel disegno del
codice, nella quale “l’apprezzamento del giudice non si sviluppa.., secondo un canone, sia pur
prognostico, di colpevolezza o innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di
delibare… se risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento”
(sent. n. 82 del 1993; sent. n. 71 del 1996; sent. n. 51 del 1997; ord. n. 185 del 2001): la
funzione dell’udienza preliminare, quindi, resta pur sempre quella di verificare l’esistenza dei
presupposti per l’accoglimento della domanda di giudizio formulata dal P.M. .
Come hanno sottolineato le Sezioni unite di questa Suprema Corte (Sez. Un., n. 39915 del
30/10/2002, Vottari, in motivazione), anche l’obiettivo arricchimento, qualitativo e
quantitativo, dell’orizzonte prospettico del giudice rispetto all’epilogo decisionale, attraverso gli
strumenti di integrazione probatoria previsti dagli artt. 421-bis e 422-bis cod. proc. pen., non
attribuisce allo stesso il potere di giudicare in termini di anticipata verifica della innocenzacolpevolezza dell’imputato, poiché la valutazione critica di sufficienza, non contraddittorietà e
comunque di idoneità degli elementi probatori, secondo il dato letterale del novellato terzo
comma dell’art. 425, “è sempre e comunque diretta a determinare, all’esito di una delibazione
di tipo prognostico, divenuta più stabile per la tendenziale completezza delle indagini, la
sostenibilità dell’accusa in giudizio e, con essa, l’effettiva, potenziale, utilità del dibattimento”.
Non è ovviamente irrilevante se, all’udienza preliminare, emergono prove che, in
dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all’assoluzione dell’imputato, ma il
proscioglimento deve essere, dal giudice dell’udienza preliminare, pronunziato solo se ed in
quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento
dall’acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di
prova già acquisiti (Sez. 4, n. 43483 del 06/10/2009, Pontessilli, Rv. 245464): il quadro

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estranea alla fattispecie della corruzione propria, potendo al più rientrare nella sfera applicativa

probatorio e valutativo delineatosi in sede di udienza preliminare, dunque, deve essere
ragionevolmente ritenuto immutabile.
Ne discende che il giudice dell’udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza
di non luogo a procedere in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il
dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione.
Pertanto, l’insufficienza e la contraddittorietà degli elementi, che legittimano la pronunzia
della sentenza di non luogo a procedere, ai sensi dell’art. 425, comma 3, cod. proc. pen.,

sede di giudizio.
In definitiva, salva l’ipotesi in cui ci si trovi dinanzi ad un complesso di elementi
palesemente insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio, per l’esistenza di prove positive di
innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a
procedere non è consentita quando l’insufficienza o la contraddittorietà degli elementi acquisiti
siano superabili in dibattimento (Sez. 6, n. 10849 del 12/01/2012, dep. 20/03/2012, Rv.
252280; Sez. 6, n. 5049 del 27/11/2012, dep. 31/01/2013, Rv. 254241).

7. L’esame della sentenza impugnata rivela che il G.i.p. presso il Tribunale di Firenze non
si è attenuto al quadro di principii or ora illustrati, in quanto l’apprezzamento delle questioni di
merito si è sviluppato essenzialmente attraverso la valorizzazione di un canone di innocenza,
trascurando la fondamentale prospettiva incentrata sull’esigenza di delibare il profilo della
necessità, o meno, di dare ingresso all’acquisizione delle ulteriori progressioni cognitive proprie
della successiva fase dibattimentale.
Con riferimento a ciascuno dei punti critici oggetto delle articolate censure formulate dal
P.M. il percorso argomentativo seguito dall’impugnata pronunzia offre risposte incomplete e
parziali, contrapponendo, inoltre, una diversa valutazione di emergenze probatorie il cui reale
significato dovrebbe essere acquisito nel pieno contraddittorio processuale, all’esito di un
apprezzamento, globale ed analitico, delle correlative fonti e vicende storico-fattuali, ed in tal
guisa erroneamente anticipando, dunque, un giudizio assolutorio i cui presupposti e criteri sono
tipici di una diversa fase.
La pronuncia di non luogo a procedere, infatti, deve essere esclusa ogni qual volta ci si
trovi in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità ed alternatività di
soluzioni suscettibili di futuri sviluppi, e dunque processualmente “aperte”, con la conseguenza
che il giudizio di innocenza deve rispondere non già ad una valutazione di merito, e nel merito
del procedimento, ma a finalità di tipo processuale correlate alla prevedibile impossibilità di un
diverso esito della fase dibattimentale rispetto a quella pre-processuale.
E’, insomma, il criterio della inutilità o superfluità del dibattimento a guidare l’esercizio dei
poteri decisori del G.U.P. e non il criterio della valutazione, di tipo sostanziale e propria della
fase del merito, della innocenza o colpevolezza.

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devono avere caratteristiche tali da non poter essere considerate ragionevolmente superabili in

In caso contrario, invero, si rischierebbe di violare la regola del giudice naturale
precostituito per legge e della individuazione della sede, altrettanto naturale, in cui tale
giudizio deve essere espresso, finendo, in ultima analisi, con il pregiudicare l’intera legalità
dell’accertamento.
La valutazione della prova, infatti, nella misura in cui avvenga in maniera esorbitante dai
limiti propri dell’udienza preliminare, viene sottratta al giudice naturale (il giudice del
dibattimento), il solo deputato ad operare valutazioni decisorie nell’ambito di una dialettica
dibattimentale formatasi attraverso il pieno contraddittorio e nel rispetto di una evoluzione del

G.U.P., espandendo a dismisura i propri poteri decisori, agisce al di fuori dei limiti
giurisdizionali finendo, oltretutto, con il comprimere non solo il diritto alla prova da parte del
P.M., ma anche i diritti della difesa e delle eventuali altri parti processuali, in quanto si arroga
prerogative che non gli competono, svincolate come sono dalla prospettiva della utilità
dibattimentale (v., in motivazione, Sez. 3, n. 39401 del 21/03/2013, dep. 24/09/2013, Rv.
256848).
Sotto altro, ma connesso profilo, deve poi rilevarsi che il Giudice di legittimità ha il compito di
verificare se il Giudice dell’udienza preliminare abbia fatto un corretto esercizio del suo potere
di prognosi riguardo agli eventuali sviluppi della fase processuale, ossia con riferimento alla
possibilità per il giudizio dibattimentale di offrire elementi di prova ulteriori, ovvero di
consentire un’acquisizione metodologicamente più affidabile, perché effettuata nel pieno
contraddittorio delle parti, di elementi in precedenza assunti unilateralmente, in tal guisa
pervenendo alla delineazione di un quadro storico-fattuale basato su risultati conoscitivi che
permettano di accertare con chiarezza la vicenda oggetto del giudizio, ed al P.M. di sostenere
l’accusa ai fini della eventuale pronuncia di condanna (Sez. 6, n. 20207 del 26/04/2012, dep.
25/05/2012, Rv. 252719).
Solo se tale verifica abbia offerto esiti sicuramente negativi, nel senso che se ne possa
arguire la superfluità, ovvero l’inutilità del passaggio alla successiva fase dibattimentale, e di
tanto il Giudice dell’udienza preliminare abbia dato contezza attraverso un percorso
argomentativo congruamente articolato e logicamente coerente, alla Corte di Cassazione
resterebbe preclusa ogni possibilità di censura della decisione adottata e, tanto meno, la
rilettura dei dati informativi acquisiti durante le indagini, anche se eventualmente integrati nel
corso dell’udienza preliminare.
Orbene, sui diversi nodi problematici sopra evidenziati (v. i parr. 3.1., 3.2., 3.3. e 3.4.),
tutt’altro che marginali o secondari nel complessivo apprezzamento della vicenda storicofattuale oggetto della regiudicanda, la motivazione della sentenza impugnata risulta
obiettivamente carente o sommaria nella prospettiva della formulazione del necessario giudizio
prognostico che deve qualificare l’esercizio dei correlativi poteri decisori da parte del G.u.p..

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processo che tenga conto dell’esigenza di una formazione progressiva della prova: di fatto il

8. Ne discende l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con la conseguente
trasmissione degli atti al Tribunale di Firenze per un nuovo giudizio che si uniformi ai principii
di diritto enunciati da questa Suprema Corte.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, lì, 24 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze.

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