Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6755 del 06/02/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6755 Anno 2014
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: PAOLONI GIACOMO

SENTENZA
sul ricorso proposto da FERRONATO Federico, nato a Padova il 17/08/1970,
avverso la sentenza in data 03/06/2013 dalla Corte di Appello di Venezia;
esaminati gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Giacomo Paoloni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto Procuratore Generale dott.
Eugenio Selvaggi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione
1. Con sentenza del 28.11.2011 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la
decisione con cui il g.u.p. del Tribunale di Padova, all’esito di giudizio abbreviato, ha
dichiarato Federico Ferronato colpevole di concorso in otto rapine pluriaggravate ai sensi
dell’art. 628, co. 3 n. 1 (triplice previsione), c.p. (di cui una tentata), commesse in danno
di agenzie di istituti di credito veneti, nonché di concorso nei plurimi connessi reati di
porto ingiustificato di oggetti destinati all’offesa (“taglierini”), di furto e di ricettazione di
autoveicoli, condannandolo -unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione- alla
pena di sette anni di reclusione ed euro 2.800 di multa.

Data Udienza: 06/02/2014

2. Adita dall’impugnazione del Ferronato, questa Corte di Cassazione con
sentenza in data 27.11.2012 (Sez. 2, n. 154/13), accogliendo -alla luce della decisione delle
Sezioni Unite del 29.3.2012 (S.U., n. 21837/12, Alberti, rv. 252518: “la circostanza
aggravante speciale richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al
momento di realizzazione della violenza o della minaccia”)- il solo motivo di ricorso
concernente la sussistenza dell’aggravante speciale dell’azione compiuta da «più persone
riunite» (art. 628, co. 3 n. 1-terza previsione, c.p.), contestata per gli episodi di rapina
ascritti al prevenuto, ha annullato la sentenza di appello limitatamente a detta

10,

3. Giudicando in sede di rinvio, la Corte di Appello di Venezia con sentenza del
3.6.2013 ha escluso la configurabilità dell’aggravante delle persone riunite per sette degli
episodi di rapina (ivi inclusa quella tentata), riconoscendola per la sola rapina (capo L
della rubrica) commessa il 22.7.2009 presso la filiale della Cassa di Risparmio di Venezia
di Fiesso d’Artico. Per l’effetto i giudici lagunari hanno rideterminato la pena inflitta al
Ferronato nella più mite misura di sei anni e otto mesi di reclusione ed euro 2.200 di
multa. Pena cui sono pervenuti, applicando gli incrementi sanzionatori per la
continuazione tra tutti i reati e per la contestata recidiva sulla pena base del reato di
rapina di cui al capo D) della rubrica, individuato come reato più grave nei precedenti
giudizi di merito “con accertamento ormai divenuto cosa giudicata”, altresì tenendo conto del
fatto che il reato di rapina sub D) è comunque connotato delle aggravanti dell’uso di
armi e del “travisamento” dell’autore della condotta criminosa e che il g.u.p. aveva
stabilito una pena detentiva corrispondente al minimo edittale della fattispecie aggravata
ex art. 628, co. 3 n. 1, c.p. (quattro anni e sei mesi di reclusione).
4. Per la cassazione di tale sentenza di appello in sede di rinvio ha proposto
ricorso il difensore dell’imputato, denunciando il vizio di violazione di legge per erronea
applicazione dell’art. 81 co. 2 c.p.
Ad avviso del ricorrente la Corte di Appello è incorsa in un duplice errore.
Il primo è quello di aver ritenuto l’individuazione del reato più grave coperta dal
giudicato a seguito della sentenza di annullamento parziale della S.C. Ma così non è,
perché una simile inferenza non può essere tratta dalla decisione di legittimità, che nulla
ha precisato al riguardo e che ha confinato il giudizio di rinvio nella sola verifica
(questione di diritto) della sussistenza o non dell’aggravante delle persone riunite nei
diversi episodi di rapina ascritti al Ferronato. Pertanto la Corte territoriale conservava
intatti poteri (art. 627 co. 2 c.p.) di modificare, dopo l’eventuale esclusione della
aggravante, il trattamento sanzionatorio applicato al condannato e di individuare una
diversa violazione più grave sulla cui base operare gli aumenti ex art. 81 co. 2 c.p.
Il secondo correlato errore si annida nella individuazione del reato più grave, che
la Corte di Appello ha continuato a riconoscere nella rapina di cui al capo D) della
rubrica, benché per la stessa abbia escluso la ricorrenza dell’aggravante delle persone
riunite, confermata per la sola rapina (con le altre due aggravanti dell’arma e del
travisamento) di cui al capo L) della rubrica, che in tal modo è divenuta la violazione più
grave (unica rapina qualificata da tutte e tre le aggravanti di cui all’art. 628, co. 3 n. 1,
c.p.), siccome punita con pena edittale più grave. Connotazione che con recente decisione
delle Sezioni Unite della S.C., adottata prima della pronuncia dell’impugnata sentenza di
appello pur se con motivazione depositata dopo tale pronuncia (S.U. 28.2.2013 n. 25939,
2

aggravante ed ha rinviato gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia per
la decisione su tale punto. In motivazione questa Corte ha chiarito come i giudici del
rinvio dovessero limitare il nuovo giudizio all’esame delle risultanze processuali relative
alle rapine contestate “al solo scopo di verificare se e in quali di esse vi sia stata la simultanea
presenza di due persone nel luogo e nel momento della condotta violenta o minatoria, escludendo
l’aggravante nei casi in cui la predetta simultanea presenza di due o più persone non risulti
accertata”. La stessa decisione di legittimità, rigettando per i restanti motivi di censura il
ricorso, non ha mancato di precisare che l’impugnata sentenza di appello acquisiva, ai
sensi dell’art. 624 co. 1 c.p.p., autorità di cosa giudicata sull’affermazione di
responsabilità del Ferronato per tutti i reati attribuitigli.

dep. 13.6.2013, P.G. in proc. Ciabotti, rv. 255347), deve essere assunta a criterio di
individuazione del reato più grave ai fini dell’applicazione dell’art. 81 co. 2 c.p. (S.U.: “In
tema di reato continuato la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena
edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la
fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio di comparazione fra di esse”). Ne discende,
sostiene il ricorrente, l’erroneità del giudizio espresso dalla Corte di Appello in punto di
identificazione del reato più grave tra quelli contestati al Ferronato, che avrebbe dovuto
essere individuato nell’indicato fatto di rapina di cui all’imputazione sub L).
inammissibile per radicale difetto di interesse alla coltivazione del mezzo di
impugnazione, in uno alla stessa assorbita genetica inammissibilità del medesimo ricorso
per infondatezza manifesta delle delineate censure.
6.1. E’ infatti agevole osservare che, quand’anche si ipotizzi che la decisione di

annullamento con rinvio di questa S.C. non abbia formalmente (o in modo espresso)
determinato il passaggio in giudicato dell’entità della pena base individuata per il reato
più grave ex art. 81 co. 2 c.p. tra quelli commessi dal Ferronato, circoscrivendo il
giudicato alla sola già affermata responsabilità dell’imputato per tutti i reati contestatigli,
non appare revocabile in dubbio che la ridetta misura della pena base sia stata attinta da
definitività implicita (giudicato parziale) con conseguente immutabilità della sua
determinazione stabilita dai giudici di merito dei precedenti gradi di giudizio.
Per la semplice ragione che giammai la Corte di Appello avrebbe potuto
individuare una pena base di maggiore entità di quella già fissata, a meno di incorrere in
una patente violazione del divieto di reformatio in peius previsto dall’art. 597 co. 3 c.p.p.,
vanificando in parte qua la più favorevole precedente decisione di appello, poi annullata
nei descritti termini da questa S.C. Tanto più quando si consideri che, come detto, tale
pena base era stata individuata in misura equivalente al minimo edittale detentivo
previsto per il reato di rapina aggravata dall’art. 628 co. 3 c.p., pari a quattro anni e sei
mesi di reclusione (cfr.: S.U. 27.9.2005 n. 40910, Morales, rv. 232066; Sez. 6, 15.5.2012 n.
45866, Costanzo, rv. 254129; Sez. 6, 7.11.2012 n. 4162/13, Ancona, rv. 254263).
6.2. E’ ben vero che i giudici del rinvio avrebbero potuto (o perfino dovuto, per

seguire la tesi del ricorrente) qualificare, ferma rimanendo la già definita entità della
pena base del calcolo della continuazione, come reato più grave sul piano formale (pena
di legge) l’episodio di rapina di cui al capo L) della rubrica scandito dalla sussistenza di
tutte e tre le evenienze aggravanti previste dall’art. 628, co. 3 n. 1, c.p. (arg. ex: Sez. 2,
5.3.2013 n. 26729, Fadda, rv. 256649; S.U., 18.4.2003 n. 33752, Papola, rv. 255660).
Ma tale eventualità offre immediata e plastica dimostrazione della travisante
latitudine dell’odierno ricorso del Ferronato.
Come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice,
l’interesse all’impugnazione deve sempre rivestire i caratteri dell’attualità e della
concretezza. Per la sussistenza dell’interesse al ricorso per cassazione, richiesto dall’art.
568 co. 4 c.p.p. come condizione di ammissibilità di ogni impugnazione, è indispensabile
che questa esprima una concreta effettività e attualità in quanto sia suscettibile di
produrre -indipendentemente dalla ortodossia giuridica della pronuncia impugnata- la
rimozione di un pregiudizio reale, intesa come tangibile esito riveniente dagli effetti
primari e diretti della decisione impugnata, non sussistendo nel vigente ordinamento
processuale un autonomo interesse formale all’esattezza giuridica della decisione.
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5. Il ricorso proposto nell’interesse di Federico Ferronato deve essere dichiarato

Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore
della cassa delle ammende. Somma che, avuto riguardo al coefficiente di colpa
determinante la rilevata causa di inammissibilità (fatto palese dalle valenze dilatorie del
proposto ricorso), appare conforme a giustizia stabilire in misura di euro 1.500
(millecinquecento).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro millecinquecento in favore della cassa delle ammende.
Roma, 6 febbraio 2014

Dal momento che nel caso di specie -come chiarito- i giudici del rinvio non
avrebbero potuto definire una pena base ex art. 81 co. 2 c.p. in misura superiore a quella
già determinata nel precedente giudizio, né in misura ad essa inferiore perché già fissata
nel minimo edittale del reato di rapina aggravata (è indiscussa la maggiore gravità dei
fatti di rapina aggravata tra tutti i numerosi connessi reati ascritti al Ferronato), è
evidente come sul piano pratico il prevenuto non avrebbe conseguito alcun concreto
beneficio in termini di diversa e più favorevole quantificazione della pena assunta a base
del calcolo delle addizioni sanzionatorie dovute alla continuazione tra tutti i reati di cui è
stato dichiarato colpevole. E’ altrettanto evidente, quindi, che l’eventuale annullamento
dell’impugnata sentenza di appello oggetto dell’attuale ricorso mai potrebbe condurre
ad un diverso e più favorevole giudizio in punto di pena base del calcolo della
continuazione. Questa emergenza processuale era ben chiara all’atto della proposizione
del ricorso dell’imputato e privava fin da quel momento di ogni attualità e concretezza
l’interesse impugnatorio del ricorrente contro la decisione di rinvio della Corte di
Appello, sì da rendere per un verso improponibile il petitum, formato dalla richiesta di
annullamento volta ad individuare come reato più grave tra quelli unificati dalla
continuazione un reato diverso da quello già ritenuto tale in sede di giudizio di merito e
da configurare -per altro verso- lo stesso ricorso come non idoneo a instaurare un valido
rapporto impugnatorio di legittimità (artt. 581, co. 1-lett. b, e 591, co. 1-lett. c, c.p.p.).

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