Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6753 del 22/12/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6753 Anno 2016
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BERARDINI MARIO N. IL 10/01/1949
avverso la sentenza n. 2393/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del 17/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 22/12/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FRANCESCO SALZANO che ha
chiesto il rigetto del ricorso
Udito l’avv. EUGENIO ALUFFI in sostituzione dell’avv. MARIA LORENA BINELLO
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1 La Corte d’appello di Genova con sentenza del 17 ottobre 2013 ha
dichiarato prescritto il reato di calunnia per il quale Berardini Mario era stato
condannato dal Tribunale di Sanremo il 27 gennaio 2012 ed ha confermato le
statuizioni civili.
La vicenda trae origine da un primo procedimento a carico del ricorrente per
lavori edilizi abusivi su un fondo di sua proprietà. In particolare Berardini veniva
condannato per aver edificato senza concessione, essendo quella conseguita
ormai decaduta, e, comunque, in totale difformità dalla stessa, opere edili anche
dopo il 31 dicembre 1993, data rilevante ai fini del condono edilizio. Prima del
giudizio di appello avverso tale condanna, Berardini aveva denunciato tre

Data Udienza: 22/12/2015

funzionari comunali per avere reso falsa testimonianza in primo grado in ordine
allo stato ed alli epoca dei lavori da lui effettuati; tale denuncia comportava una
indagine a carico dei tre che veniva archiviata ritenendosi false le accuse del
denunciante, per cui si procedeva contro di lui per calunnia.
1.1 A seguito della condanna in primo grado, la Corte di appello, ritenuto
comunque prescritto il reato, dovendo decidere ai fini delle statuizioni civili,
rigettava nel merito l’appello del Berardini confermando la falsità della denunzia
finalizzata a simulare la responsabilità dei tre funzionari per il reato di falsa
testimonianza.Tesi del ricorrente era che aveva effettivamente eseguito opere

funzionale” e la falsa testimonianza dei funzionari comunali consisteva, quindi,
nel non aver affermato che tale opere successive al dicembre 1993 non erano
rilevanti ai fini dell’abuso edilizio.
1.2 La Corte osservava innanzitutto che nella denuncia il Berardini faceva
chiaro riferimento al compimento di tutte le opere entro la data del 31 dicembre
1993 e che la tesi di avere effettuato successivamente delle opere accessorie era
stata adottata solo dopo la sentenza di primo grado, non essendo più sostenibile
che nessuna altra opera fosse stata effettuata.
2 Bernardino ha proposto ricorso avverso tale sentenza deducendo il vizio
di motivazione sostenendo che vi sia stato travisamento del contenuto della
denuncia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per essere i motivi manifestamente infondati e,
comunque, essendo richiesta una valutazione in merito.
1 La Corte di Appello ha effettuato, in risposta alle contestazioni della difesa,
una specifica lettura del contenuto della denuncia dando atto della sua idoneità a
simulare la commissione di un reato, tanto da comportare l’iscrizione del
procedimento, poi archiviato; ha considerato come il ricorrente intendesse in
mala fede segnalare la volontà dei funzionari di descrivere le opere in modo
difforme dal reale, così da farlo ritenere responsabile o comunque aggravare la
sua posizione processuale. Alla stregua di tale motivazione, la possibile
imprecisione nel dire se i lavori successivi al 31/12/1993 non vi furono o furono
di minima entità non muta la voluta falsità della denuncia nella prospettazione
dei giudici di merito.
A fronte di una motivazione completa e logica, poi, in questa sede di
legittimità non si può procedere ad una nuova valutazione delle prove.

successivamente al 31 dicembre 1993 ma si trattava di un mero “completamento

o
Valutate le ragioni della inammissibilità, la sanzione pecuniaria va
determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuale e della somma di euro 1500 in favore della cassa delle
ammende.

Roma così d ciso nella camera di consiglio del 22 dicembre 2015

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