Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6734 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6734 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NOCE SALVATORE N. IL 26/11/1961
avverso l’ordinanza n. 765/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
29/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
L.
lette/sentite le conclusioni del PG Boit. ok
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Uditi difensor Avv.;

A

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Data Udienza: 28/01/2014

ritenuto in fatto
1. Con ordinanza depositata il 16.4.2013 il Tribunale di Roma accoglieva
parzialmente l’istanza interposta nell’interesse di NOCE Salvatore, diretta a fare
ravvisare: a) il ne bis in idem tra le decisioni del Tribunale Centrale di Madrid
8.3.1996, n. 17/1996 e del Tribunale di Roma 11.4.2003, divenuta definitiva il
17.2.2007, b) il vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati oltre che con
le due sentenze suindicate, con le sentenze del Tribunale di Napoli 25.5.2001 e del

Tribunale di Roma aveva giudicato il Noce per il reato sub b) (avente ad oggetto
l’importazione via nave di 12 chili di cocaina), reato che corrispondeva a quello
giudicato dall’AG madrilena, che ebbe a condannare il Noce a pena detentiva di
anni otto e mesi sei di reclusione, cosicchè doveva dichiararsi eseguita la pena
inflitta relativamente a tale titolo di reato. Aggiungeva però che il Tribunale di
Roma, con la sentenza suindicata (11.4.2003) aveva condannato il prevenuto
anche per altri reati, ovverosia per i reati rubricati sub d), e), f), g), h). In tale
realtà veniva quindi concluso in primis che non era possibile l’applicazione della
continuazione in executivis tra reati giudicati in Italia ed altri giudicati all’estero,
posto che il riconoscimento della sentenza penale straniera produce nel nostro
ordinamento solo gli effetti previsti dall’art. 12 cod.pen., tra cui non è compresa la
disciplina del reato continuato; in secondo luogo che la richiesta di applicazione
dell’art. 671 cod.proc.pen. in executivis, con riferimento ai reati giudicati con
sentenze Tribunale di Roma e Tribunale di Napoli, era già stata valutata e rigettata
con provvedimento in data 20.4.2012, nulla essendo stato offerto quale quid
novum per dover ritornare sul giudizio già espresso.
Per quanto riguarda la pena che veniva ritenuta già espiata, veniva rilevato
che la sentenza del Tribunale di Roma non aveva indicato la pena più grave su cui
operare l’aumento, cosicchè veniva stimata in anni due di reclusione ed euro
10.000 di multa la sanzione per il reato sub b) dell’imputazione della sentenza del
Tribunale di Roma.

2.

Avverso tale decisione, interponeva ricorso per cassazione l’interessato

pel tramite di difensore, sviluppando cinque motivi:
2.1

violazione degli artt. 178 lett. c), 179 c. 1 cod.proc.pen., 111 Cost. :

l’ordinanza indicata dal Tribunale, che costituisce precedente ostativo alla
rivalutazione, non sarebbe mai stata comunicata all’interessato, che non ebbe
contezza dell’incardinarsi del procedimento di esecuzione , cosicchè deve essere
dichiarata emessa in violazione degli artt. 178 lett. c) e 179 cod.proc.pen., nonché
dell’art. 111 Cost.
C

Tribunale di Berlino 15.7.1999. In particolare il Tribunale a quo rilevava che il

2.2 violazione degli artt. 81 , 138 cod.pen. 649, 657, 669 cod.proc.pen. , 54 e
56 Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, art. 4 prot. 7
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e della Libertà fondamentali,
49,50, 51, 52 e 53 Carta di Nizza: secondo la difesa, una volta accertata la
sussistenza dell’identità tra il fatto sub b) della sentenza di Roma e l’unico fatto
relativo alla sentenza di Madrid, ed una volta riconosciuto lo spazio di applicabilità
dell’art. 669 cod.proc.pen., il periodo di carcerazione sofferto dal Noce in Spagna

consistenza l’opinare secondo cui non sarebbe stata indicata la pena per il reato
più grave su cui operare l’aumento ex art. 81 cod.pen., atteso che la sentenza
del Tribunale di Roma aveva stabilito la pena complessiva di anni dieci di
reclusione ed euro 40.000 di multa, di cui anni due di reclusione ed euro 10.000,
a titolo di continuazione, considerato come reato più grave il reato sub b). La
pena di anni otto e mesi sei inflitta in Spagna ed interamente scontata andava
considerata come presofferto fungibile.
2.3 Violazione degli artt. 12, 81 cod.pen., 671 cod.proc.pen., 54, 56
Convenzione di Schengen , 4 prot. 7 Convenzione per la Salvaguardia dei diritti
dell’Uomo e delle libertà fondamentali, 49,50,51, 52,53 Carta di Nizza: l’ordinanza
impugnata ebbe a rigettare l’applicazione della disciplina del reato continuato con
sentenze straniere riconosciute, a fronte dei limiti indicati dall’art. 12 cod.pen. ed
in ragione del fatto che le sentenze straniere non possono subire variazioni,
quanto alla durata ed alla natura della sanzione. E’ stato fatto osservare che nel
caso di specie la situazione sarebbe differente, poiché sia la sentenza spagnola
che quella tedesca, già avvinte dal vincolo della continuazione, sono state
interamente scontate nei rispettivi paesi, cosicchè è impossibile che le pronunzie
subiscano una qualsiasi variazione per specie ed entità della pena.
Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona e della Carta di Nizza, si è
addivenuti ad una sostanziale equiparazione tra la sentenza definitiva pronunciata
da uno stato contraente e quella emessa dalle proprie autorità giudiziarie, in
considerazione della sostanziale omogeneità degli ordinamenti dei paesi firmatari
dell’accordo, per effetto della comune adesione ai principi generali del diritto
comunitario. Sottesa alla prevenzione e soluzione dei conflitti di giurisdizione non
vi è solo l’esigenza di evitare che per la stessa vicenda vi sia dispersione di
energie processuali, ma anche la necessità di impedire la violazione del divieto
del bis in idem, quindi di un principio posto a garanzia dell’individuo che è stato
elevato dall’art. 50 della Carta di Nizza tra quelli fondamentali dell’Unione
Europea e che con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è da ritenere
direttamente applicabile in tutti i sistemi giuridici nazionali. Si insiste quindi per
la disapplicazione dell’art. 12 cod.pen o meglio viene chiesto che gli effetti del ne
3

doveva essere interamente scomputato ex art. 138 cod.pen., non avendo

bis in idem siano fatti rientrare nella dizione dell’art. 12 cod.pen. “o altro effetto
penale della condanna”.
2.4 Violazione degli artt. 81 cod.pen e 671 cod.proc.pen.: dalla sentenza
emessa dal Tribunale di Napoli si poteva evincere con tranquillità che si aveva
riguardo ad un traffico internazionale di stupefacenti in corso con Spagna, Italia
e Germania sulla base di numerose indicazioni sfuggite al tribunale a quo.
2.5 Violazione degli artt. 138 cod.pen. , 657 cod.proc.pen. , 54, 56

dell’Uomo e delle libertà fondamentali , 49,50,51, 52 , 53 Carta di Nizza: non
sarebbe stato esplicitato il percorso logico argomentativo condotto dal Tribunale
sulla disciplina della fungibilità della pena presofferta a titolo provvisorio e sulla
mancata applicazione dell’indulto.

3.

Il Procuratore Generale ha chiesto con parere motivato l’annullamento

dell’ordinanza impugnata solo in punto individuazione del reato più grave nella
sentenza 11.4.2003 Tribunale di Roma e determinazione della relativa pena .
4.

E’ stata depositata medio tempore memoria con motivi aggiunti , con cui

è stato evidenziato che la tesi secondo cui non sarebbe possibile la continuazione
con reati giudicati con sentenza straniera riconosciuta, seppure astrattamente
condivisibile, sarebbe inconferente nella presente fattispecie in cui la richiesta di
applicazione dell’aumento a titolo di continuazione è stato chiesto sulla base di
pena che è già stata scontata, cosicchè non sarebbe intaccata la statuizione del
giudice straniero , né verrebbe operata alcuna invasione in area straniera. Tanto
più avendosi riguardo a pena inflitta da autorità di paese facente parte
dell’Unione, nell’ottica della cooperazione in materia giudiziaria e del mutuo
riconoscimento delle decisioni giudiziarie. Principio quest’ultimo che dovrebbe
spingere verso una completa equiparazione delle decisioni giudiziarie adottate
negli stati membri, ben al di là dei limiti previsti dall’art. 12 cod.pen. Vien fatto
rilevare che in materia di benefici penitenziari (liberazione anticipata) questa
stessa Corte ha ritenuto che si possa considerare anche il periodo di detenzione
espiato in un paese estero della comunità europea, quando l’espiazione venga poi
completata nello stato italiano. Ragion per cui si insiste per un’interpretazione
dell’art. 12 cod.pen più conforme ai principi enucleati in sede europea sul mutuo
riconoscimento di cui all’art. 82 TFUE, così da includere tra gli effetti del
riconoscimento di sentenze penali straniere la possibilità per il giudice italiano di
utilizzare la statuizione contenuta nella sentenza comunitaria come base per
applicare l’aumento di cui all’art. 81 c. 2 cod.pen. a fronte di reati commessi
all’estero in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In caso contrario
4

Convenzione di Schengen , 4 prot. 7 Convenzione per la Salvaguardia dei diritti

ritiene la difesa che questa Corte debba sollevare questione alla Corte di giustizia
europea, onde valutare se l’indirizzo formatosi in relazione all’art. 12 cod.pen sia
compatibile con il principio del mutuo riconoscimento di cui all’art. 82 paragrafo
II TFSUE e con la decisione quadro 2008/909/GAI. Nell’ipotesi poi che si escluda
che l’art. 82 TFSUE sia direttamente applicabile all’interno del nostro sistema
giuridico nazionale, unica via sarebbe quella di sollevare questione di legittimità
costituzionale dall’art. 12 cod.pen, nella parte in cui si ritenga che i limiti fissati al

emesse dal giudice nazionale comunitario. In particolare la difesa ravvisa una
frattura con gli artt. 11 e 117 Cost., quali norme interposte rispetto all’art. 82
paragrafo II del TFSUE, posto che in tale prospettiva l’art. 12 cod.pen opererebbe
come fattore normativo di diritto interno impeditivo a che il principio di mutuo
riconoscimento operi all’interno del nostro sistema processuale , finendo per
paralizzare l’attuazione di norme comunitarie. Sarebbe poi apprezzabile la
violazione dell’art. 3 Cost., poiché il Noce verrebbe a subire un trattamento più
severo rispetto a quello che gli sarebbe toccato se fosse stato giudicato solo dal
giudice nazionale. Secondo la difesa si tratta di prendere atto della intervenuta
creazione in materia penale di un patrimonio comune di principi e valori che
implica, se non una piena omologazione delle categorie di diritto sostanziale,
quantomeno una loro omogeneizzazione, con conseguente equiparazione dei
risultati, specie se relativi al trattamento sanzionatorio del condannato.
Viene poi riformulata la doglianza sulla mancata notificazione dell’ordinanza
del 20 aprile 2010 emessa dal Tribunale di Napoli , con richiesta di restituzione nel
termine per impugnare: viene ribadito che né l’interessato, né il suo difensore
ebbero conoscenza del procedimento, cosicchè veniva impugnata con il ricorso in
cassazione anche l’ordinanza del 20 aprile 2010 del Tribunale di Napoli, da
considerarsi adottata in violazione delle norme volte a garantire il contraddittorio
anche nella fase esecutiva.
Viene ancora

ribadita l’illogicità dell’ordinanza impugnata che avrebbe

ricalcato quanto disposto dal Tribunale di Napoli, riproducendone i vizi. Si è
sostenuto che i reati non erano della stessa indole, laddove trattasi di violazione
del tutto omogenee e lesive del medesimo bene giuridico protetto, risultando
irrilevante che i luoghi di consumazione dei reati non siano uguali. Vien fatto
rilevare che mentre nel processo di Roma si escluse l’ipotesi associativa e la
condanna riguardava soltanto reati di spaccio, nel processo di Napoli gli episodi
di spaccio vennero in rilievo come delitti-fine dell’associazione di cui all’art. 74 dpr
309/90 e veniva evidenziato come la parziale difformità in nessun modo si
configurava quale ostacolo al riconoscimento del vincolo.

riconoscimento di sentenze penali straniere si applichino anche alle decisioni

E’ stata infine ribadita la doglianza sulla illogicità della motivazione in punto
determinazione della pena complessiva da scontare: i giudici a quibus avrebbero
fatto un calcolo arbitrario, nel senso che sarebbero stati scomputati solo due anni
di reclusione, corrispondente al valore dell’episodio sub b), quale reato satellite
della continuazione ritenuta fra detto reato e quelli sub capi d,e,f,g,h , laddove per
quello stesso reato il Noce fu condannato dal Tribunale di Madrid alla pena di anni
otto e mesi sei di reclusione che espiò e che trascorse anche due anni presso il

giudice tedesco per fatti in continuazione rispetto a quelli accertati nella sentenza
spagnola. I Giudici a quibus non solo avrebbero effettuato un assurdo calcolo
circa il computo della pena da eseguire in astratto, ma avrebbero omesso di
considerare che la pena espiata nello stato estero di condanna è sempre
computata ai fini dell’esecuzione a norma dell’art. 738 cod.proc.pen. Con il che
una volta calcolata correttamente la pena totale da espiare, data la piena
fungibilità delle pene e del presofferto nello spazio comunitario, si sarebbe dovuto
scomputare l’intero ammontare di reclusione patita dal Noce , pari ad otto anni.

Considerato in diritto.

1. Premesso che il quinto motivo di ricorso appare generico; prima di entrare
nel merito delle plurime questioni di diritto sollevate dalla difesa, deve essere
affrontato il profilo dell’intervenuta definitività dell’ordinanza emessa il 20.4.2010
dal Tribunale di Roma, con cui era stata disattesa l’istanza di applicazione della
disciplina del reato continuato tra i reati giudicati con sentenze del Tribunale di
Roma 11.4.2003, confermata dalla Corte d’Appello Roma il 22.12.2006, e del
Tribunale di Napoli 25.5.2001, irrevocabile il 16.1.2003, sul presupposto del
diverso locus commissi delicti e della distanza cronologica tra i singoli reati,
nonché in ragione del fatto che i reati giudicati dal Tribunale romano non furono
apprezzati come reati fine dell’associazione criminosa di cui si era occupata l’AG
partenopea. Dagli atti processuali -che possono essere esaminati in quanto la
Corte di Cassazione è giudice anche del fatto ai fini dell’accertamento dell’error in
procedendo e può accedere all’esame diretto dei relativi atti processuali (Cass.
Sez. Un., 31 ottobre 2001, Policastro; Cass. Sez. Un., 30 ottobre 2002, Arrivoli)emerge che detta ordinanza venne notificata all’avvocato di fiducia e domiciliatario
del Noce, avv.to Emanuela Favara, che accettò la ricezione dell’atto in data
19.5.2010, sia come difensore che come domiciliatario del suo assistito, non
ritenendo per parte sua di esperire alcun mezzo di impugnazione ed accettando
così il contenuto del provvedimento. Non risulta che impugnazione sia stata
interposta dall’interessato che oggi lamenta di non averlo fatto perché all’oscuro
6

carcere di Berlino a seguito di condanna ad anni quattro di reclusione, inflitta dal

della esistenza dell’ordinanza. La richiesta di restituzione nel termine che oggi il
Noce avanza sul presupposto di aver avuto contezza dell’ordinanza in parola solo
in data 17.4.2013, con la notificazione dell’ordinanza fatta oggetto della presente
impugnazione, non può essere presa in considerazione, essendo l’istante ormai
ampiamente decaduto dal proporla: infatti egli avrebbe dovuto attivarsi in tale
senso nei ristretti tempi stabiliti dall’art. 175 c. 1 cod.proc.pen., termini
decorrenti dal momento in cui era cessato il fatto costituente caso fortuito o forza

stesso ricorrente, pel tramite del suo difensore, che solo il 17.4.2013 venne a
conoscere l’ordinanza del 20.4.2010, quindi la richiesta di restituzione doveva
essere formulata nei dieci giorni successivi, laddove intervenne solo con la
memoria depositata il 10.1.2014.
Deve pertanto concludersi che, come correttamente opinato dal Tribunale a
quo, sulla richiesta di applicazione del regime della continuazione tra i fatti
giudicati con le due sentenze emesse dal Tribunale di Napoli e dal Tribunale di
Roma è preclusa una nuova valutazione, a causa del giudicato esecutivo formatosi
a seguito del non esperimento a suo tempo dei mezzi di impugnazione disponibili,
salva la deducibilità di evidenze nuove che non furono fatte oggetto di
valutazione in precedenza. Evidenze che nel caso di specie non sono state
allegate .

2. Quanto al profilo della non applicabilità in executivis della continuazione
tra i reati commessi in Italia e quelli commessi all’estero, si deve ricordare che
questa Sezione ancora recentemente (Sez. I 24.10.2011, sent. 44604), pur a
fronte del nuovo e più ampio orizzonte in cui si è mossa la legislazione
comunitaria, ha ribadito che non è applicabile in sede di esecuzione la
continuazione tra il reato giudicato in Italia e il reato giudicato con sentenza
straniera riconosciuta nell’ordinamento italiano, alla luce del fermo indirizzo
seguito da questa Corte per il quale non è predicabile l’applicazione della
continuazione in

executivis

tra reati giudicati in Italia e reati giudicati all’estero,

oggetto di sentenza riconosciuta in Italia, posto che il riconoscimento della
sentenza penale straniera produce nell’ordinamento interno i soli effetti di cui
all’art. 12 cod.pen., tra i quali non è compresa la continuazione tra reato giudicato
in Italia e reato giudicato all’estero, neanche “sub specie” di effetto penale della
condanna ai sensi dell’art. citato, comma 1, n. 1, posto che la disciplina del reato
continuato presuppone un giudizio di merito e quindi il riferimento a categorie di
diritto sostanziale (reati e pene), che si qualificano soltanto in ragione del diritto
interno (cfr. tra le molte Sez. I, 11.5.2006, n. 31422).

C

maggiore che ebbe ad impedire l’osservanza del termine: e’ stato detto dallo

Tale interpretazione trova del resto il suo solido ancoraggio nell’ordinanza n.
72/1997 della Corte Costituzionale, che ebbe ad escludere che la non prevedibilità
di applicazione della disciplina del reato continuato tra i reati giudicati da autorità
giudiziarie straniere e quelli giudicati da autorità giudiziarie italiane infrangesse
principi a rilevanza costituzionale, sul presupposto che “la disciplina del reato
continuato postula il riferimento a categorie di diritto sostanziale (reati e pene),
che si qualificano soltanto in ragione del diritto interno”

di guisa che

subita all’estero, determinerebbe un’ automatica invasione del giudicato estero al
di fuori di qualsiasi meccanismo convenzionale, così restando totalmente eluso, fra
l’altro, il principio della prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale
generale, programmaticamente assunto a chiave di volta (art. 696 cod. proc.
pen.) della disciplina dettata dal nuovo codice in tema di rapporti giurisdizionali
con autorità straniere”. Il fatto che lo stesso più recente decreto legislativo
7.9.2010, n. 161, recante disposizioni per conformare il diritto interno alla
Decisione Quadro 20087909/GAI, relativa al principio del reciproco riconoscimento
alle sentenze penali che infliggono pene detentive ai fini della loro esecuzione in
ambito europeo, all’art. 16 abbia ribadito che quando è pronunciata sentenza di
riconoscimento la pena è eseguita secondo la legge italiana, applicandosi le
disposizioni in materia di amnistia, indulto e grazia, senza citare l’istituto della
continuazione, è in linea con quanto a suo tempo affermato dalla Corte
Costituzionale. A tali conclusioni è dato addivenire non potendosi confondere il
profilo del riconoscimento della sentenza penale straniera ai fini della sua
esecuzione, che è aspetto fuori da ogni discussione, con l’operazione di riduzione
unilaterale della pena che segue al riconoscimento della continuazione in sede
esecutiva e che ragionevolmente non è stata contemplata negli accordi tra stati,
in quanto comportante un giudizio comunque modificativo (in termini di misura
della sanzione) di quella sentenza di cui è chiesto il riconoscimento. Non solo,
ma opinando nel senso sollecitato dalla difesa non si vedrebbe confermata la
finalità che è propria della disciplina della continuazione in sede esecutiva, che
come è noto è quella di porre rimedio alla celebrazione di giudizi in separate sedi
in seguito ad evenienze del tutto imponderabili che ebbero ad impedire una
trattazione unitaria, evenienze che nel caso della sentenza straniera non
sussistono, perché i giudicati promanano da ordinamenti diversi.
Quindi deve concludersi che l’interpretazione offerta dalla Corte Costituzionale
continua ad essere attuale, nonostante l’intensificarsi degli interventi di
cooperazione tra Stati sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni
giudiziarie, avendo individuato lo specifico profilo che non autorizza
all’applicazione dell’istituto in relazione alle sentenze straniere, se non a costo di
8

“l’applicazione della continuazione tra la condanna subita in Italia e la condanna

ammettere un intervento unilaterale modificativo,che non è previsto da alcuna
fonte normativa europea. Ad opinare diversamente non conduce neppure la tesi
difensiva secondo cui si avrebbe riguardo a pena già espiata nel paese
condannante, atteso che in ogni caso si tratterebbe di riconoscere al condannato
conseguenze non immediate rispetto alla entità della pena da espiare, ma che
potrebbero dispiegare gli effetti benefici in una periodo successivo, così
traducendosi ancora in un’unilaterale modificazione di un pronuncia di Autorità

In conclusione, non è in gioco la libera circolazione ed il reciproco
riconoscimento di ogni tipo di decisione giudiziaria che sono valori assodati e fatti
propri dagli stati europei che si sono impegnati a riconoscere le sentenze degli
stati dell’Unione e ad eseguirle come se fossero sentenze emesse nel proprio
Stato, bensì il potere riconosciuto nel nostro stato al giudice dell’esecuzione di
modificare unilateralmente la misura della sanzione, in via del tutto sussidiaria al
giudice della cognizione straniero, che come è stato detto non trova alcun
ancoraggio nella normativa dell’Unione – la generica norma di cui all’art. 82 del
trattato dell’U.E. invocata nel ricorso limitandosi all’evidenza, per cui norísii è
spazio per interventi interpretativi della Corte di giustizia, a propugnare il
riconoscimento delle sentenze straniere che, lo si ribadisce, è concetto diverso
che non ne pregiudica l’intangibilità – né alcuna giustificazione, andando ben al di
là degli intenti che si sono prefissi gli stati dell’Unione negli accordi di
collaborazione. Con il che non sono ravvisabili, né forzature ai principi
costituzionali interni (già disconosciute con il lontano intervento della Corte
Costituzionale), né profili di inadeguatezza della norma interna (art. 12 cod.pen.)
rispetto alla normativa internazionale, poichè non compromette affatto
l’esecuzione del provvedimento di altro stato nel nostro paese ma salvaguarda il
potere dello stato estero di determinare la sanzione, senza incorrere nel rischio
di vederla modificata in forza di interventi unilaterali ad opera del paese in cui
l’esecuzione della condanna abbia luogo. Vanno quindi disattese le ampie
argomentazioni avanzate dalla difesa sul punto, escludendo che vi sino snodi
normativi interni incompatibili o in dissonanza con la normativa europea.

3. Va quindi rilevato che il Tribunale di Roma ha correttamente ravvisato la
sovrapponibilità di giudicati tra la sentenza di condanna dell’Autorità Giudiziaria di
Madrid che ebbe a condannare il Noce alla pena di anni otto e mesi sei di
reclusione per un episodio di importazione di dodici chili di cocaina in Italia, con il
fatto rubricato sub b) dell’imputazione giudicato con la pronuncia del Tribunale
di Roma 11.4.2003, sentenza che contemplava altre ipotesi di reato sub lettere d),
e), f), g), h) e ha inflitto al Noce condanna complessiva a dieci anni di reclusione.
9

Giudiziaria di altro Paese.

Dunque è intervenuto per impedire gli effetti distorti del bis in idem in ossequio a
principi condivisi a livello internazionale.
Orbene, al fine di determinare la sanzione espiata all’estero dall’interessato,
da detrarre alla pena inflitta con la sentenza suindicata, correttamente il
Tribunale ha considerato che la condanna in Italia a dieci anni di reclusione fu
inflitta per più reati in continuazione, con il che la detenzione patita all’estero per
un fatto identico ad uno dei reati ritenuti dal giudice italiano avvinti da tale

gli altri, in quanto l’istituto della continuazione mira a mitigare l’entità della pena
complessivamente inflitta, in relazione a violazioni costituenti espressione di un
identico disegno criminoso, ma non sopprime la loro autonomia fenomenologica,
così ponendosi correttamente nel filone interpretativo già segnato da questa Corte
(Sez. I, 4.7.2008, n. 31943, RV 240682). Pertanto erra la difesa quando pretende
che tutta la pena espiata in Spagna dal Noce venga calcolata in detrazione sulla
pena a lui inflitta in Italia, per vari reati oltre che quello sub b), già giudicato in
Spagna.

4. Si deve invece convenire con la difesa sul punto della non correttezza della
operazione che ha condotto alla determinazione della pena inflitta per il capo b) ,
in sovrapposizione al reato per cui intervenne condanna in Spagna, posto che è
mancata da parte del giudice dell’esecuzione, che a ciò era tenuto non avendovi
provveduto il giudice della cognizione, la individuazione in concreto del reato più
grave tra quelli giudicati con la sentenza del Tribunale di Roma, valutazione che, a
parità di gravità formale, andava condotta tenendo conto di tutti gli elementi
significativi quali certamente sono i quantitativi di stupefacente trafficato ed in
contestazione. In altre parole, se non si è ravvisato nel reato sub b) come
sostiene la difesa quello più grave, ancorchè si fosse trattato di traffico di ben
dodici chili di cocaina, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto argomentare sulle
ragioni per le quali andava ritenuta più grave altra imputazione, che andava
specificata.

Pertanto l’impugnata ordinanza deve essere annullata limitatamente alla
determinazione della pena già eseguita, con rinvio al Tribunale di Roma che dovrà
prima di tutto individuare il reato più grave tra quelli per cui Noce riportò
condanna in Italia da parte del Tribunale di Roma, quindi dovrà determinare la
misura della pena riconducibile al reato sub b), che dovrà essere dichiarata
interamente o parzialmente espiata in Spagna. Solo dopo tale operazione, previo
accertamento della durata della detenzione sofferta all’estero a fini estradizionali
10

vincolo, doveva essere presa in considerazione soltanto per esso e non anche per

e con l’applicazione dei benefici indulgenziali spettantigli, dovrà infine essere
calcolata la pena residua che il Noce deve espiare.
Il ricorso deve essere rigettato nel resto, così come deve essere rigettata la
richiesta di restituzione nel termine per impugnare l’ordinanza Tribunale di Roma
20.4.2010 per le motivazioni suindicate.

p.q.m.

pena già eseguita e rinvia per nuovo esame al riguardo al Tribunale di Roma;
rigetta nel resto il ricorso e rigetta la richiesta di restituzione nel termine.
Così deciso in Roma, addì 28 Gennaio 2014.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla determinazione della

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