Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6709 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6709 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CROCE’ FORTUNATA BARBARA N. IL 14/10/1977
CROCE’ FRANCESCO N. IL 18/07/1971
avverso l’ordinanza n. 25/2013 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 27/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza pronunciata il 28.02.2013 il Tribunale di Reggio Calabria,
costituito ai sensi dell’art. 324 cod.proc.pen., ha confermato il provvedimento in
data 2.02.2013 con cui il Giudice per le indagini preliminari in sede aveva
disposto il sequestro preventivo delle società SGS Group s.r.I., SDS Holding
s.r.I., CIEFFETRE s.r.I., con sede in Reggio Calabria, nell’ambito del
procedimento penale per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. avente come
indagati Crocè Fortunata Barbara e Crocè Giuseppe (rispettivamente

medesima società, il secondo, titolare di numerosi esercizi commerciali esercenti
la grande distribuzione alimentare tramite supermercati a marchio SMA operanti
in Reggio Calabria e provincia), in qualità di concorrenti esterni della cosca di
ndrangheta Tegano-De Stefano.
L’accusa ipotizzata a carico dei consorti Crocè era quella di aver favorito gli
interessi economici della cosca mafiosa mediante la condotta consistita nel
garantire (nel periodo compreso tra il luglio 2008 e il luglio 2012) il
mantenimento dei patti assunti con l’associazione criminale dal precedente
dominus della SGS Group, Suraci Domenico detto Dominique, nella cui gestione
imprenditoriale i Crocè erano subentrati, attraverso l’esecuzione dei contratti di
fornitura di beni e servizi con imprese riconducibili alla cosca, stipulati, per conto
di quest’ultima, da Schimizzi Paolo e De Stefano Paolo Rosario; secondo l’ipotesi
accusatoria, in forza di tali accordi la cosca mafiosa continuava a ottenere
vantaggi economici dalla gestione della SGS Group in maniera più occulta e
sofisticata di quella assicurata dal Suraci, e la SGS Group aumentava a sua volta
le proprie capacità reddituali, ampliando il numero dei punti vendita.
Le altre due società colpite dal sequestro, la CIEFFETRE e la SDS Holding,
rispettivamente amministrate da Crocè Francesco, la prima, e da Crocè Fabrizio
Maria, la seconda, fratelli di Crocè Fortunata Barbara e tutti figli di Crocè
Giuseppe, erano a loro volta titolari dell’intero capitale sociale della SGS Group,
posseduto dalla CIEFFETRE direttamente per il 40% e indirettamente, per il
residuo 60%, tramite la SDS Holding, di cui era unica socia.
Gli indizi della condotta illecita ipotizzata a carico dei Crocè erano stati tratti dal
giudice della cautela, in particolare, dalle dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia che avevano descritto gli stretti rapporti esistenti tra il Suraci,
precedente titolare della SGS Group, e la criminalità organizzata facente capo
alla cosca Tegano-De Stefano, e dal contenuto delle intercettazioni telefoniche e
ambientali – ampiamente riportato nell’ordinanza del Tribunale del riesame intercorse, in specie, tra Crocè Giuseppe, subentrato al Suraci nella titolarità
effettiva della società di gestione dei supermercati, e Utano Pasquale, uomo di
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amministratrice unica della SGS Group, la prima, e dominus effettivo della

fiducia ed esponente della cosca di ndrangheta.
Secondo l’ipotesi accusatoria, il subentro dei consorti Crocè nella titolarità della
SGS Group (e delle sue controllanti) non aveva comportato mutamenti negli
illeciti accordi di fornitura stretti con gli esponenti della cosca mafiosa dalla
precedente gestione del Suraci, ma solo una modifica delle relative modalità
esecutive, con conseguente prosecuzione dell’attività di concorso esterno
realizzato mediante la strumentalizzazione della SGS Group al perseguimento
degli interessi economici dell’organizzazione criminale.

perseguito dalla cosca mafiosa nel settore della grande distribuzione alimentare,
il cui fumus era ravvisabile negli elementi sopra esposti, ne giustificava pertanto
il sequestro preventivo funzionale alla confisca ai sensi dell’art. 321 comma 2
cod.proc.pen. e dell’art. 416 bis, comma 7, cod. pen..
2. Avverso l’ordinanza del giudice del riesame hanno proposto ricorso per
cassazione Crocè Fortunata Barbara e Crocè Francesco, a mezzo del medesimo
difensore, nelle loro rispettive qualità di amministratrice unica della SGS Group
s.r.l. e di socio della CIEFFETRE s.r.I., deducendo come unico motivo violazione
di legge ex artt. 325 comma 1 e 606 comma 1 lett. b) cod.proc.pen., in relazione
agli artt. 321 comma 2 e 125 comma 3 del codice di rito.
I ricorrenti richiamano i contenuti dell’ordinanza emessa il 18.02.2013 con cui il
medesimo Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame ex art.
309 cod.proc.pen., aveva annullato, in accoglimento dell’istanza di riesame
proposta da Crocè Fortunata Barbara, la misura cautelare personale (della
custodia in carcere) applicata dal GIP nei confronti della stessa per il medesimo
fatto e titolo di reato per il quale era stata invece confermata la misura cautelare
reale oggetto del presente ricorso, sul presupposto che il materiale indiziario
raccolto non era sufficiente a dimostrare l’intervento di un nuovo accordo
(novativo di quello precedentemente raggiunto dal Suraci) tra i consorti Crocè e
la ndrangheta, e che difettava la prova dell’ipotizzato nesso causale tra la
protezione offerta dall’associazione mafiosa e il preteso vantaggio economico
tratto dai Crocè nella loro attività imprenditoriale; in particolare, l’ordinanza
richiamata, pur dando atto dell’esistenza di indizi della volontà dei Crocè di
proseguire gli accordi che erano stati presi dal Suraci con la cosca, valorizzava,
agli effetti di escludere l’idoneità di un tale atteggiamento ad accreditare l’ipotesi
di un concorso esterno nel reato associativo degli imprenditori indagati, la
circostanza che la proposta di rinegoziare gli accordi pregressi formulata da
Crocè Domenico non era stata accolta da Utano Pasquale per conto degli
esponenti della cosca Schimizzi e De Stefano, così rivelando l’assenza di parità
contrattuale tra le parti e la carenza di potere negoziale in capo ai Crocè, clrfis.

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La strumentalità delle società gestite dai consorti Crocè al disegno espansivo

avevano dovuto piegarsi e sottostare al volere della controparte mafiosa
accettando il contenuto dei patti già fissati col Suraci; rilevava altresì che non vi
era prova che l’aumento della capacità reddituale e l’ampliamento dei punti
vendita dei supermercati gestiti dai Crocè fossero stati determinati dal
mantenimento degli accordi pattizi con la ndrangheta, piuttosto che da fattori
contingenti come l’abbattimento della concorrenza nel settore, dovuto al
fallimento di numerosi supermercati, o la contemporanea chiusura di altri
esercizi commerciali.

tra imprenditore colluso, titolare di un rapporto sinallagmatico con la cosca
mafiosa in grado di produrre vantaggi per entrambi i contraenti (consistenti per
l’imprenditore nell’acquisire una posizione dominante nel territorio, e per il
sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utilità), e imprenditore vittima,
soggetto all’intimidazione della cosca mafiosa alle cui imposizioni deve
soggiacere, subendone il danno ingiusto e limitandosi a perseguire un’intesa
volta a limitarlo – censurano il diverso e opposto apprezzamento del medesimo
quadro indiziario operato dal Tribunale del riesame in sede di valutazione della
sussistenza dei requisiti di emissione delle due misure cautelari, personale e
reale, nonostante che agli effetti della verifica dei presupposti del sequestro
preventivo (sub specie del fumus commissi delicti) fosse richiesta non già la
mera astratta configurabilità del reato ipotizzato, ma la puntuale e coerente
valutazione delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione
emergente dagli elementi forniti dalle parti; e deducono l’estendibilità delle
argomentazioni, in forza della quali l’ordinanza richiamata del 18.02.2013 aveva
annullato la misura custodiale nei confronti di Crocè Fortunata Barbara, al padre
Crocè Giuseppe, la cui posizione era perfettamente sovrapponibile a quella della
figlia essendo attinta dal medesimo materiale indiziario (da valutarsi in modo
unitario) che il Tribunale reggino aveva ritenuto inidoneo ad avallare l’ipotesi
accusatoria sotto il profilo dei presupposti della cautela personale.
I ricorrenti chiedono pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, fondata,
per le ragioni sopra illustrate, su una motivazione apodittica e apparente, e come
tale sostanzialmente mancante, che non poteva individuarsi nella valorizzazione
dell’elemento – in sé neutro – rappresentato dalla cessazione delle forniture
provenienti dalla ditta Antico Molino, in pretesa conformità alla richiesta di Crocè
Domenico, a distanza di due mesi dai dialoghi intercorsi con Utano Pasquale.
3. Con successiva memoria depositata il 13.11.2013, la difesa dei ricorrenti
evidenzia che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, con ordinanza

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pronunciata il 13.07.2013, aveva revocato la misura cautelare personale
disposta dal GIP per l’ipotizzato reato di concorso esterno nella cosca

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I ricorrenti – premessa la distinzione operata dalla giurisprudenza di questa Corte

ndrangheta Tegano-De Stefano anche nei confronti di Crocè Giuseppe, mentre
questa Corte di legittimità – con sentenza 11.07.2013 – aveva rigettato il ricorso
del pubblico ministero avverso l’ordinanza 18.02.2013 che aveva accolto l’istanza
di riesame proposta da Crocè Fortunata Barbara, rendendo definitivo nei suoi
confronti l’annullamento della misura custodiale per insussistenza del requisito
dei gravi indizi di colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente rilevata la tardività dei motivi nuovi depositati in udienza

della sentenza pronunciata da questa Corte, Sez. 6, in data 11.07.2013, n.
47893, nel procedimento cautelare de libertate riguardante Crocè Fortunata
Barbara, sentenza già citata nella memoria difensiva tempestivamente
depositata il 13.11.2013 e nota alla Corte in quanto depositata e pubblicata
prima dell’udienza odierna del 5.12.2013, e le cui motivazioni sono dunque
compulsabili e utilizzabili (anche d’ufficio) per la decisione.
2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento, sotto l’assorbente profilo della
evidente insussistenza del fumus commissi delicti in ordine all’ipotizzato concorso
esterno dei consorti Crocè nel reato di associazione mafiosa posto a fondamento
del sequestro preventivo funzionale alla confisca obbligatoria delle società di loro
proprietà, sancita dall’art. 416 bis, comma settimo, cod. pen.: l’assenza di uno
dei presupposti ai quali la legge processuale subordina la legittimità della misura
cautelare reale disposta dal GIP integra una tipica violazione di legge, deducibile
mediante ricorso per cassazione ex art. 325, comma 1, cod.proc.pen. avverso
l’ordinanza confermativa della misura emessa dal tribunale del riesame.
3. Occorre premettere che il fumus commissi delicti richiesto per l’applicazione
delle misure cautelari reali e i gravi indizi di colpevolezza che legittimano
l’adozione delle misure cautelari personali postulano regole di valutazione
diverse e non sovrapponibili, con la conseguenza che la misura reale ben può
essere disposta, in via di principio, a carico dello stesso soggetto e nell’ambito
del procedimento avente per oggetto il medesimo fatto e titolo di reato, anche
nel caso in cui non sussistano i presupposti giustificativi della misura personale.
Ciò non toglie, tuttavia, che, nel singolo caso concreto, l’insussistenza della
gravità del quadro indiziario, che sia stata ritenuta nel procedimento cautelare
de libertate, possa esplicare efficacia anche al fine di escludere la ricorrenza del
presupposto della misura reale, come si verifica allorchè la sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza a carico dell’indagato sia stata esclusa sotto il profilo
dell’inidoneità della condotta contestata a integrare il reato ipotizzato, dal
momento che l’esclusione, con siffatta motivazione, del requisito richiesto dal 10
comma dell’art. 273 cod.proc.pen. è idonea a far venir meno la stessa astraa
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dalla difesa dei ricorrenti, che peraltro essenzialmente richiamano i contenuti

configurabilità della fattispecie criminosa, che costituisce requisito essenziale per
l’applicabilità della misura cautelare reale: in tale situazione, la giurisprudenza di
questa Corte ha ritenuto che la valutazione di insussistenza del fumus commissi
delicti per l’emissione del sequestro preventivo può legittimamente tener conto,
nell’ambito del procedimento incidentale di riesame della misura reale, del
provvedimento di annullamento dell’ordinanza applicativa della misura cautelare
personale intervenuto nel parallelo procedimento de libertate (Sez. 6, n. 39249
del 25/10/2011, Rv. 251085), giungendo ad affermare il principio che anche la

del tribunale del riesame confermativa del sequestro preventivo dei beni
dell’indagato può essere superata dal sopravvenuto annullamento della misura
cautelare personale disposta per lo stesso reato (Sez. 6, n. 34506 del
13/06/2012, Rv. 253253), allorquando la sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza sia stata esclusa con una motivazione attinente a un’interpretazione
del quadro indiziario che abbia valutato la condotta dell’indagato in maniera
difforme da quella indispensabile per l’integrazione della fattispecie criminosa.
4. E’ proprio questa la situazione che ricorre nel caso in esame, nel quale lo
stesso compendio indiziario che il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha
ritenuto idoneo, nell’ordinanza impugnata del 28.02.2013, a integrare il fumus
commissi delicti necessario a supportare la conferma del sequestro preventivo
delle società dei ricorrenti, è stato invece valutato insufficiente – soltanto dieci
giorni prima – dal medesimo giudice del riesame a integrare i gravi indizi di
colpevolezza a carico di Crocè Fortunata Barbara, conseguentemente annullando
con ordinanza 18.02.2013 la misura della custodia cautelare in carcere disposta
nei confronti della stessa, sotto il profilo dell’inconfigurabilità, nella condotta
dell’indagata attinta dalla misura personale, degli estremi del concorso esterno
nel reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. costituente il presupposto della confisca
in funzione della quale era stata disposta la cautela reale.
Secondo quanto dedotto dai ricorrenti, che trova puntuale riscontro nella
motivazione della citata sentenza n. 47893 dell’11/07/2013 con cui questa Corte
(Sez. 6) ha rigettato il ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza emessa
il 18.02.2013 dal Tribunale di Reggio Calabria, il giudice del riesame ha annullato
la misura cautelare personale sul presupposto dell’inidoneità del materiale
indiziario raccolto ad affermare che i Crocè non abbiano subito gli accordi sulle
forniture loro imposti dalla cosca mafiosa, ma se ne siano resi diretti
corresponsabili, traendone a loro volta, in una situazione sostanzialmente
paritaria, un beneficio o vantaggio economico sotto il profilo dell’ampliamento
della loro attività d’impresa e dei corrispondenti profitti, rilevando – tra l’altro che talune marginali modifiche apportate al quadro complessivo dei rapporti i

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preclusione derivante dal giudicato cautelare formatosi a seguito della pronuncia

fornitura precedentemente instaurati dalla gestione societaria del Suraci, come
quella relativa all’estromissione della ditta Antico Mulino dalla fornitura di pane a
un supermercato della catena, non valevano a sorreggere l’ipotesi accusatoria
secondo cui i Crocè avrebbero in certa misura imposto anche il loro punto di
vista agli esponenti mafiosi, stringendo accordi in termini di reciprocità di
interessi, e quindi in regime di collaborazione esterna, funzionale al perpetuarsi
della diffusività e dell’infiltrazione economica della cosca criminale dominante
nella provincia di Reggio Calabria.

escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di Crocè Fortunata
Barbara, e ha successivamente revocato in data 13.07.2013 (come dato atto dai
ricorrenti nella memoria da ultimo depositata) la misura personale anche nei
riguardi di Crocè Giuseppe, sotto il profilo essenziale della riconducibilità della
posizione dei Crocè – nei loro rapporti con gli esponenti della ndrangheta – alla
categoria dei soggetti imprenditoriali vittime del condizionamento mafioso (e non
già collusi con esso), strutturalmente incompatibile col nesso di contiguità e
apporto causale necessario a integrare il concorso esterno nell’associazione
criminale nel quale si esaurisce la condotta delittuosa ipotizzata a loro carico,
conducono perciò consequenzialmente ad escludere anche la sussistenza del
fumus commissi delicti necessario a legittimare il sequestro preventivo degli enti
societari, facenti capo ai ricorrenti, attraverso i quali sarebbe stato prestato quel
contributo, penalmente rilevante, al perseguimento degli interessi economici
della cosca mafiosa, di cui è stata esclusa, nel procedimento de libertate basato
sui medesimi elementi di valutazione, la stessa configurabilità (da vagliarsi,
anche in sede di riesame della misura reale, non già sulla base della mera
postulazione astratta del reato da parte del pubblico ministero, ma alla stregua
delle concrete risultanze processuali e della situazione complessiva emergente
dagli elementi forniti dalle parti: Sez. 4, n. 15448 del 14/03/2012, Rv. 253508).
5. L’adozione della misura cautelare reale in assenza dei presupposti di legge, in
particolare del fumus commissi delicti, comporta l’annullamento senza rinvio
dell’ordinanza impugnata, con conseguente annullamento del provvedimento di
sequestro preventivo, emesso in data 2.02.2013 dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Crocè Francesco e
Crocè Fortunata Barbara, sui beni di cui va ordinata la restituzione agli aventi
diritto.
P.Q.M.

annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il provvedimento di sequestro
preventivo emesso il 2/02/2013 dal Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Reggio Calabria nei confronti di Crocè Francesco e Crocè Fortunatrp ./_.,1
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Le motivazioni, appena riportate, in forza delle quali il Tribunale del riesame ha

Barbara e ordina la restituzione dei beni in sequestro agli aventi diritto. e?:

Così deciso il 5/12/2013

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