Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6708 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6708 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI NAPOLI
nei confronti di:
FABBROCINO MARIO N. IL 01/06/1956
avverso l’ordinanza n. 4809/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
05/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
entite le conclusioni del PG Dott. h kf
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Uditoitdifensor Avv.; p1/4

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Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza pronunciata il 5.07.2013 il Tribunale di Napoli, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod.proc.pen, ha accolto la richiesta di riesame proposta da
Fabbrocino Mario (classe 1956) avverso l’ordinanza applicativa della misura
cautelare della custodia in carcere emessa nei suoi confronti in data 10.12.2012
dal giudice per le indagini preliminari in sede, escludendo la sussistenza di gravi
indizi di colpevolezza a carico dell’indagato in ordine alla sua partecipazione
all’associazione di tipo mafioso denominata clan Fabbrocino operante in San

Il Tribunale, investito in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione che aveva
annullato la precedente ordinanza in data 8.01.2013 con cui il medesimo
Tribunale, in funzione di giudice del riesame, aveva annullato una prima volta
l’ordinanza del GIP, dato atto che la censura accolta dalla Corte di legittimità
riguardava la valutazione atomistica delle evidenze indiziarie operata nel
precedente giudizio cautelare, senza tenere conto, con sguardo prospettico, della
condotta pregressa e del passato criminale dell’indagato, con particolare riguardo
alla precedente condanna riportata dal Fabbrocino per appartenenza a
un’associazione di stampo camorristico, ribadiva che la rivalutazione del
materiale indiziario disponibile, condotta nell’ottica e alla stregua dei criteri
indicati dalla sentenza di annullamento, non consentiva di superare il giudizio,
già formulato, di insussistenza di un quadro di gravità indiziaria in ordine alla
partecipazione del Fabbrocino al nuovo sodalizio criminale operante dal 2004.
In particolare, il Tribunale rilevava che la precedente condanna per il reato di cui
all’art. 416 bis cod. pen., pronunciata dal Tribunale di Nola con sentenza del
22.06.2000, aveva riguardato un sodalizio criminale, capeggiato da Fabbrocino
Mario (classe 1943), di cui era partecipe anche l’odierno indagato, attiva a
partire dal 1996 e la cui permanenza era cessata nel 2000, e dunque alcuni anni
prima della nuova associazione mafiosa divenuta operativa nell’autunno 2004,
senza che l’accusa avesse evidenziato episodi significativi della prosecuzione di
un’appartenenza al clan dell’indagato (osservando inoltre, quanto alla sentenza
di condanna emessa nei confronti del Fabbrocino 1’8.04.2013 dal GUP del
Tribunale di Napoli, allegata a supporto della tesi accusatoria, che il pubblico
ministero si era limitato a produrre il solo dispositivo, dal cui contenuto non era
possibile ricavare il reato addebitato o altri elementi di valutazione).
La sovrapponibilità delle due associazioni mafiose (quella coperta dal giudicato
della sentenza 22.06.2000 e quella sub iudice) era inoltre contraddetta ed
esclusa dal contenuto di una conversazione riportata nella precedente ordinanza
annullata del Tribunale del riesame, da cui emergeva la trasformazione del clan e
la perdita di potere dell’allora reggente Fabbrocino Mario (classe 1943), di cui
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Giuseppe Vesuviano e zone limitrofe dall’autunno 2004 in poi.

l’odierno indagato (Fabbrocino Mario, classe 1956), era uomo di fiducia.
Le altre conversazioni intercettate interessanti l’indagato apparivano poco
significative, come confermato dal fatto che il pubblico ministero non aveva
impugnato l’annullamento della misura cautelare disposta dal GIP con riguardo
all’unico reato fine contestate al Fabbrocino.
2. Ricorre per cassazione il pubblico ministero presso il Tribunale di Napoli,
deducendo violazione di legge sostanziale e processuale, contraddittorietà della
motivazione e violazione del principio di cui all’art. 627 comma 3 cod.proc.pen.,

Il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non si era uniformato alla
pronuncia della Corte di legittimità, operando una valutazione di discontinuità e
non sovrapponibilità delle due associazioni criminali succedutesi nel tempo che
era invece contraddetta dalle risultanze d’indagine (in particolare dalla
contemporanea presenza, in entrambi i sodalizi, degli stessi soggetti, Bifulco
Biagio e Cesarano Domenico, in rappresentanza di Fabbrocino Mario, classe
1943, detenuto dal 2004; nonché dall’intervallo temporale di soli quattro anni
trascorso tra la consumazione della prima imputazione e la contestazione della
seconda); allega il fraintendimento in cui era incorso il Tribunale nel non valutare
la condanna per estorsione aggravata ex art. 7 legge n. 203 del 1991 subita nel
2013 dall’indagato, costituente sintomo della sua persistente appartenenza al
clan camorristico, a fronte della produzione fin dall’udienza camerale celebrata
1’8.01.2013 dell’ordinanza custodiale del GIP di Napoli contenente il relativo capo
d’imputazione; censura il giudizio di scarsa significatività attribuito alle
intercettazioni telefoniche analizzate dall’ordinanza annullata, sostanziatosi nella
mancata rivalutazione del materiale indiziario demandata in sede di rinvio dalla
Corte di cassazione.
3. il difensore del Fabbrocino ha depositato memoria, sviluppando argomenti a
sostegno della richiesta di conferma dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2. L’ordinanza impugnata ha provveduto a rivalutare gli elementi indiziari allegati
dall’accusa a carico di Fabbrocino Mario (classe 1956), in conformità ai criteri
indicati dalla sentenza di rinvio, procedendo a un esame congiunto e prospettico
delle evidenze disponibili, tenendo conto dell’esistenza di una precedente
condanna definitiva del ricorrente per un titolo di reato (art. 416 bis cod. pen.)
analogo a quello contestato nel presente procedimento cautelare, pronunciata
con sentenza 22.06.2000 del Tribunale di Noia, nonchè del contenuto delle
conversazioni intercettate nel corso delle indagini (in particolare la n. 4995 del
26.06.2007); ed è pervenuto alla medesima conclusione di insufficiente gravità

2

chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

del quadro indiziario posto a carico dell’indagato, a cui era giunta la precedente
ordinanza del tribunale del riesame annullata dalla corte di cassazione,
annullando (nuovamente), di conseguenza, la misura cautelare applicata dal GIP
al Fabbrocino per il reato associativo.
Il provvedimento impugnato ha motivatamente escluso che il livello di gravità
indiziaria in ordine alla partecipazione del Fabbrocino al nuovo sodalizio mafioso
operante a partire dall’autunno del 2004 possa ricavarsi dalla pregressa
appartenenza del ricorrente al clan camorristico facente capo al proprio omonimo

della sentenza emessa il 22.06.2000 dal Tribunale di Noia, rilevando che il lasso
temporale di oltre quattro anni intercorso tra la cessazione della permanenza del
precedente vincolo associativo, conseguente alla pronuncia della sentenza di
condanna, e la costituzione della nuova organizzazione criminale sub iudice, è
idoneo a contraddire l’ipotizzata continuità e sovrapponibilità tra le due
associazioni, in assenza di episodi significativi della prosecuzione di appartenenza
al clan, e ha valorizzato – a supporto della cesura ravvisabile tra i due diversi
organismi criminali – il contenuto (trascritto nella precedente ordinanza
annullata) di una delle poche conversazioni intercettate ritenute di specifico
interesse investigativo (la già citata n. 4995 del 26.06.2007), intercorsa tra i
coindagati Cesarano e Casillo, dalla cui lettura emergono le trasformazioni
avvenute nel clan camorristico, l’avvento di “gente nuova” e la perdita di potere
della precedente struttura di vertice (essendo Fabbrocino Mario, classe 1943, tra
l’altro detenuto dal 2004, secondo quanto allegato dallo stesso ricorrente) di cui
l’indagato era stato uomo di fiducia.
L’insussistenza del requisito della gravità indiziaria necessario all’emissione della
misura cautelare è stata dunque motivata dal Tribunale del riesame in modo
adeguato, logico e coerente, mentre le censure del ricorrente si risolvono in
un’inammissibile riproposizione della diversa lettura fattuale delle risultanze
investigative sostenuta dalla pubblica accusa; va infine rilevato che la congruità
della motivazione dell’ordinanza impugnata non può essere intaccata dalla
coincidenza – evidenziata dal pubblico ministero – delle persone di due (soltanto)
degli appartenenti al vecchio e al nuovo organigramma criminale (Bifulco Biagio
e Cesarano Domenico, ricavabile in via immediata da un semplice raffronto
testuale tra le rispettive rubriche), né dalla condanna per estorsione aggravata
ex art. 7 legge n. 203 del 1991 riportata in primo grado dal Fabbrocino con
sentenza 8.04.2013 del GUP del Tribunale di Napoli, trattandosi (come si evince,
anche in questo caso per tabulas, dalla relativa rubrica) di reato commesso
dall’indagato in concorso con soggetti (Iovino Giuseppe e De Lucia Giacomo)
diversi dai sodali tanto del primo quanto del secondo sodalizio criminoso. )

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kr-P3

Fabbrocino Mario (classe 1943), definitivamente accertata mediante acquisizione

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso il 5/12/2013

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