Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6704 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6704 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli
nel procedimento nei confronti di Selamaj Nertil, nato in Albania il 06/08/1984
avverso l’ordinanza del 07/08/2015 del Tribunale di Napoli Sezione Riesame

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 1 luglio 2015 il GIP presso il Tribunale di Napoli
applicava a Selamaj Nirtil la misura della custodia cautelare in carcere,
relativamente alla partecipazione ad un’associazione a delinquere dedita a delitti
di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, tratta delle persone,
riduzione in schiavitù, immigrazione clandestina. Su impugnazione dell’imputato,
il 7 agosto 2015 il Tribunale di Napoli annullava il provvedimento predetto,
stabilendo l’inutilizzabilità “di tutti gli esiti captativi”. Infatti, solo a distanza di
oltre un anno dall’inizio delle intercettazioni (per lo più in lingua albanese), la

Data Udienza: 25/11/2015

P.G. aveva chiesto la nomina di un consulente al P.M., ed, una volta conferito
l’incarico a soggetto di nazionalità albanese, costui non aveva mai depositato la
consulenza. Da ciò l’inutilizzabilità delle intercettazioni effettuate, ex art. 268
comma 1° c.p.p. Gli ulteriori elementi probatori (in specie le dichiarazioni
spontanee di tale Allabej Marina, convivente dell’imputato e presunta vittima dei
reati contestategli, e di tale Toska Xhuli) sarebbero stati insufficienti a fondare
un giudizio di gravità indiziaria, per la mancanza di specificità, precisione e

2. Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso
il Tribunale di Napoli, rilevando inosservanza o erronea applicazione della legge
penale ex art. 606 lettera a) c.p.p. Il Tribunale avrebbe errato nell’individuare il
momento di nomina dell’interprete come successiva a quella del deposito
dell’annotazione riassuntiva dell’esito delle indagini. Lo stesso Tribunale del
Riesame, con due diverse ordinanze aveva respinto la medesima eccezione,
confermando il provvedimento del GIP per gli altri indagati. D’altronde, le
dichiarazioni Allebej e Toscka sarebbero state precise, puntuali, dettagliate ed
ulteriormente riscontrate da altre dichiarazioni intercettate a carico del
prevenuto.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente P.M. ricollega l’errore del riesame solo “al momento di nomina
dell’interprete utilizzato dalla PG in una data successiva a quella del deposito
dell’annotazione riassuntiva dell’esito delle indagini”. La motivazione del
Tribunale – circa l’eccezione di inutilizzabilità degli esiti captativi – è però legata
anche al mancato deposito “della consulenza” (ossia, al mancato deposito della
traduzione delle conversazioni intercettate).
Come è noto, l’omessa indicazione, nel verbale di esecuzione, delle
intercettazioni delle generalità dell’interprete di lingua straniera che abbia
proceduto all’ascolto, traduzione e trascrizione delle conversazioni, rende
inutilizzabili tali operazioni per l’impossibilità di desumere la capacità
dell’ausiliario di svolgere ed eseguire adeguatamente l’incarico affidatogli
[Sez. 3, n. 49331 del 12/11/2013 (dep. 09/12/2013), Muka, Rv. 257291]. Ne
consegue che, nel caso di specie, il mancato deposito della traduzione delle
conversazioni intercettate – non contestato nei motivi di ricorso – ha impedito al
Tribunale appunto di verificare la capacità dell’ausiliario effettivamente utilizzato.
E’ altresì inammissibile, laddove pretende di offrire una diversa, più aderente al
vero, lettura delle deposizioni Allebej e Toscka, già convincentemente valutate
dall’ordinanza impugnata. In proposito, giova osservare che il Tribunale, dopo

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convergenza, tanto più necessarie in quanto provenienti dalle persone offese.

aver passato in rassegna le dichiarazioni delle due ragazze, indotte a prostituirsi
dai fratelli Selamaj, di cui erano rispettive conviventi, ha posto a confronto le
dichiarazioni di entrambe, per dedurne che, anche a seguito della differenza fra i
fatti riferiti (per esempio, circa i controlli effettuati dai Selamaj sull’attività svolta
e circa la corresponsione del ricavato, che viene diversamente raccontato dalle
due donne, per cui non è chiaro se tutti i fratelli potessero ricevere
indifferentemente il profitto, oppure ciascuno si avvantaggiasse del lavoro della
propria donna e vi badasse direttamente), non potesse ritenersi adeguatamente

scorta della ritenuta genericità delle suddette disposizioni, almeno con riguardo
ai punti centrali per la configurazione del profilo associativo (era stato contestato
il reato di cui all’art. 416 comma 5° e 6° c.p.), nonché dell’inutilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche, ha svolto un ragionamento astrattamente congruo e
logicamente coerente, che pertanto non è sindacabile nella presente sede.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorsoig
Così deciso il 25/11/2015.

dimostrata l’associazione per delinquere. Insomma, il giudice del riesame, sulla

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