Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6703 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6703 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: MOCCI MAURO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Latella Domenica, nata in Le Creuseout (Francia) il 06/03/1986

avverso l’ordinanza del 16/02/2015 del Tribunale di Reggio Calabria Sezione del
Riesame

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Mauro Mocci;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paola
Filippi, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputata l’avv. Giovanili Gurnari.

RITENUTO IN FATTO

1.Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale di Reggio Calabria ha annullato il
provvedimento di convalida ed emissione del sequestro preventivo disposto dal
GIP della stessa città nei confronti di Domenica Latella il 19 gennaio 2015, con
riguardo al reato di cui all’art. 44 comma 10 lett. by D.P.R. n. 380 del 2001,
confermando invece il provvedimento con riguardo all’art. 181 D. Lgs. n. 42 del
2004.

Data Udienza: 25/11/2015

Ha sostenuto il Tribunale che i manufatti in sequestro erano stati realizzati
conformemente a quanto richiesto dall’art. 6 comma 2° DPR n. 380/2001,
giacché vi era stata una previa rituale comunicazione al Comune con la
dichiarazione di mantenere le opere per un periodo non superiore ai 90 giorni.
Tuttavia – con riguardo al capo confermato – la procedura semplificata di
autorizzazione paesaggistica, sicuramente applicabile al caso di specie, non
avrebbe però potuto condurre all’affermazione che il punto 38 dell’allegato I°
avesse determinato una deroga alla disciplina di cui all’art. 149 D.L. 22 gennaio

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, sulla scorta di due motivi
(erronea applicazione dell’art. 1 del DPR n. 139 del 2010, in relazione all’art. 146
comma 9° d. I. n.42 del 2004, in relazione all’allegato 1° punto 38; esercizio da
parte del giudice di una potestà riservata ad organi legislativi od amministrativi,
ovvero non consentita ai pubblici poteri).

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo rilievo, la prevenuta ha dedotto la violazione dell’art. 606
lett. b) per inosservanza o erronea applicazione dell’art. 1 DPR 9 luglio 2010 n.
139, giacché il legislatore avrebbe escluso – per le strutture destinate a
permanere un tempo inferiore a 120 giorni – qualunque ottenimento preventivo
dell’autorizzazione paesistica.
2. Con la seconda censura, ha osservato che, anche a voler ritenere la non
corretta articolazione normativa, il giudice non avrebbe potuto – se non violando
l’art. 606 lett. a) – sostituirsi al legislatore al fine di integrare ipotesi di reato:
nella specie, sia il criterio letterale, sia il criterio sistematico avrebbero condotto
ad escludere dalla previsione penale la posa in opera di strutture temporanee per
un periodo inferiore a 120 giorni, anche perché il tempo ridotto avrebbe impedito
qualunque effettiva modifica dell’ambiente circostante.
Il ricorso è fondato, nei limiti che seguono.
L’art.1 del D.P.R. n. 139 del 9 luglio 2010 afferma “Sono assoggettati a
procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,
e successive modificazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, di
seguito denominato “Codice”, gli interventi di lieve entità, da realizzarsi su aree
o immobili sottoposti alle norme di tutela della parte III del Codice, sempre che
comportino un’alterazione de/luoghi o dell’aspetto esteriore degli edifici, indicati
nell’elenco di cui all’ allegato I che forma parte integrante del presente
regolamento”.

A sua volta l’allegato 1°, al punto 38 testualmente recita

“occupazione temporanea di suolo privato, pubblico, o di uso pubblico, con
strutture mobili, chioschi e simili, per un periodo superiore a 120 giorni”.

2

2004 n. 42, nonostante il sicuro difetto di coordinamento fra le due norme.

E’ evidente che una lettura logico-sistematica delle due norme
consente di affermare che, se la procedura semplificata è prevista per
occupazioni temporanee di più di 120 giorni, per le opere destinate a restare in
essere per un tempo inferiore al predetto, la anzidetta procedura non debba
essere necessaria. Ed allora, una volta ritenuto dal giudice di merito che la
costruzione era destinata ad essere eliminata dopo 90 giorni, non può reputarsi
che costituisca ipotesi di reato, di fatto equiparandola alle fattispecie di
occupazione per un periodo superiore a 120 giorni. In ciò sta l’illogicità

interpretazione della disciplina di legge.
Occorre però rilevare che il problema deve essere affrontato in un’ottica
differente, che il Tribunale non ha colto appieno.
Infatti, trattandosi nella specie di una violazione determinata dal mancato
rilascio dell’autorizzazione paesistica, la Latella avrebbe in ogni caso dovuto
domandare il permesso di installare il manufatto, e sarebbe stato compito
dell’amministrazione competente – e non del privato o del giudice – in esito alle
verifiche del caso, valutare se l’intervento progettato fosse esonerato
dall’autorizzazione paesaggistica oppure assoggettato al regime ordinario. Tanto
si può argomentare dall’art. 4 del D.P.R. 139 del 2010, che, appunto, imponendo
l’onere della domanda, attribuisce alla sola amministrazione il compito di
stabilire, caso per caso, l’esenzione o l’assoggettamento all’autorizzazione
paesaggistica. In altri termini, nelle aree vincolate alla tutela dei beni
paesaggistici – secondo il codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.L.
22 gennaio 2004 n.42 – il privato è sempre tenuto a chiedere l’autorizzazione,
anche se la struttura sia destinata ad una permanenza inferiore a 120 giorni.
Diverso è la questione, incidentalmente sollevata dal secondo motivo, circa
l’esistenza del

periculum:

in effetti, sul punto l’ordinanza è carente di

motivazione, soprattutto allorquando, pur dando atto della cessazione della
permanenza, giustifica la misura cautelare con una tautologia

(“la libera

disponibilità dei manufatti sottoposti a sequestro dalla P. G. determina
necessariamente una persistente lesione dell’interesse paesistico e, quindi, una
protrazione degli effetti e conseguenze del reato”).
Alla luce di quanto precede, la Corte di merito – alla quale il procedimento
va rinviato per un nuovo e più approfondito esame – dovrà verificare se permane
il periculum, nonostante la rimozione della struttura.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria,
sezione per il riesame.

3

I

dell’ordinanza impugnata, prima ancora che il portato di un’erronea

Così deciso il 25/11/2015.

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