Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6702 del 18/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 6702 Anno 2016
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI PERUGIA
nei confronti di:
AFFATATO GIUSEPPE N. IL 05/02/1956
avverso l’ordinanza n. 240/2015 TRIB. LIBERTA’ di PERUGIA, del
04/08/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Iktt. ELISABETTA ROSI;
Ile/sentite le conclusioni del PG Dott. k>

cik
wuk 9, (,R ,0

p‹rrtl- difensor Avv.;

ubio

-e

Data Udienza: 18/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 agosto 2015, il Tribunale di Perugia, nel giudizio di rinvio
seguito della sentenza n. 29918 del 17 giugno 2015 della Quarta Sezione della
Corte di Cassazione, depositata il 13 luglio 2015 – che aveva annullato la
precedente ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Perugia del 10
febbraio 2015, in accoglimento dell’originaria richiesta di riesame presentata da
Affatato Giuseppe – ha annullato l’ordinanza di applicazione della custodia
cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Perugia, limitatamente

imputazione. Il provvedimento era relativo ad un unico procedimento penale in
relazione al quale la misura cautelare per la stessa ipotesi delittuosa era stata
del pari annullata in sede di rinvio anche nei confronti di altri imputati (Procopio
Antonio, Procopio Gregorio e Mangialasche Diego) con separata ordinanza del
medesimo Tribunale del riesame in sede di rinvio in data 30 luglio 2015.
2. In particolare il Tribunale del riesame aveva considerato che le dichiarazioni
rese da Marca Luciana in data 8 settembre 2014, con le quali la donna aveva
dichiarato che nell’agosto del 2013, l’Affatato aveva portato a Perugia dalla
Calabria un quantitativo di droga confezionata in panetti, che in seguito era stata
consegnata ai cugini Procopio, i quali avevano provveduto al successivo
confezionamento e cessione ad altri spacciatori, non erano utilizzabili, in quanto
nel momento in cui la donna aveva dichiarato di aver aiutato il Procopio, erano
emersi indizi di reità a suo carico, cosicché sarebbe stato necessario
interrompere l’esame ai sensi dell’art. 63, c. 1 c.p.p.; inoltre per il Collegio
cautelare, prima dell’emersione degli indizi di reità a suo carico, le dichiarazioni
della donna, valutate comunque attendibili, avrebbero potuto essere utilizzate
solo contra alios, per cui poteva essere ritenuto sussistente solo il reato di cui
all’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990, con riferimento al primo carico di droga.
3. Tali considerazioni venivano sviluppate dal Collegio del riesame in adesione al
principio di diritto affermato nella menzionata sentenza di annullamento della
Quarta Sezione della Corte di Cassazione: “secondo consolidato indirizzo della
Suprema Corte, la verifica della sussistenza della qualità di indagato (che rende
inutilizzabili erga omnes le dichiarazioni rese dalla persona che fin dall’inizio
avrebbe dovuto essere come tale sentita) va condotta non secondo un criterio
formale (esistenza della notitia criminis, iscrizione nel registro degli indagati), ma
secondo il criterio sostanziale della qualità oggettivamente attribuibile al
soggetto in base alla situazione effettiva e conoscibile al momento in cui le
dichiarazioni sono state rese (Sez. 6, n. 23776 del 22/04/2009 – dep.
09/06/2009, Pagano e altri, Rv. 244360; Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills,
Rv. 246584); in tale prospettiva anche dell’operatività di eventuali cause di
giustificazione può e deve tenersi conto se siano di evidente ed immediata

all’ipotesi di cui all’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990, come da provvisoria

applicazione senza sia necessaria la conduzione di particolari indagini o verifiche
(Sez. 5, n. 747 del 28/09/2012, P. G. in proc. T. e altri, rv. 25459; Sez. 4, n.
22402 del 8.5.2015, Holter, n.m. ). Nel caso che occupa la Marca, sentita a
sommarie informazioni testimoniali il giorno 8.9.2014, ha sì ammesso di aver
occultato i panetti di cocaina sotto gli indumenti ma ha dichiarato, altresì, di
averlo fatto su richiesta di Procopio Antonio al quale non era in grado di opporre
un rifiuto per lo stato di soggezione in cui si trovava, dovuto a precedenti
minacce ricevute e compiutamente descritte nei verbali. Il tribunale della libertà

scriminante di cui all’art. 54 cod. pen. e se lo fossero con i caratteri di evidenza
ed immediata percepibilità che rileverebbero ai fini del succitato principio. Per
tale ragione si impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata nella
parte in cui ha escluso la sussistenza degli elementi del reato di cui al D.P.R. n.
309 del 1990, art. 74 in conseguenza della ritenuta inutilizzabilità delle
dichiarazioni rese dalla Marca”.
4. Avverso la suddetta ordinanza, il Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Perugia ha proposto ricorso per cassazione, per i seguenti motivi: 1)
Abnormità, in quanto essendo il Tribunale del riesame giudice del singolo atto e
non del processo, non avrebbe potuto ingerirsi nei poteri di iscrizione nel registro
degli indagati, potere riservato al Pubblico Ministero, né nelle determinazioni
conclusive del PM in un procedimento diverso. La decisione impugnata non aveva
tenuto conto del fatto che in altro procedimento il GIP presso il Tribunale di
Perugia ha archiviato la posizione della Marca, ritenendo sussistente la
scriminante di cui all’art. 54 c.p.; 2) Inosservanza dell’ambito del giudizio di
rinvio, in quanto il giudice del riesame avrebbe dovuto verificare la sussistenza
della qualifica di indagata della dichiarante ai sensi dell’art. 63 c.p.p. per valutare
la utilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla Marca non secondo un criterio
formale, bensì secondo situazione effettiva e tenendo conto della sussistenza di
cause di giustificazioni; 3) Illogicità della motivazione, laddove pur ritenendo la
Marca pienamente attendibile, e pur prendendo atto che la stessa era stata
sentita nuovamente dal PM con l’assistenza del difensore, aveva ritenuto tale
verbale un atto abnorme, con ciò dichiarando l’inutilizzabilità delle dichiarazioni
stesse; illogica sarebbe anche l’affermazione che la donna non avesse subito
violenze od intimidazioni.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Questa Corte rileva che l’ordinanza del Tribunale del riesame di Perugia,
emessa in data 4 agosto 2015, qui impugnata, è stata comunicata all’ufficio del

avrebbe dovuto, quindi, considerare se fossero ravvisabili i requisiti della

a

pubblico ministero in data 6 agosto 2015, mentre l’impugnazione proposta
dall’organo inquirente è stata presentata in data 4 settembre 2015.
2. Nel corpus dell’atto di ricorso, erroneamente il pubblico ministero ne ha
sostenuto la tempestività, rilevando che la sospensione dei termini durante il
periodo feriale ex art. 240 bis comma secondo disp. att. c.p.p. opera anche in
riferimento agli atti di impugnazione del pubblico ministero. Infatti la generale
validità di tale principio non è applicabile al caso di cui si tratta, poiché il
procedimento penale nella fase delle indagini preliminari – laddove all’Affatato è

di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 – attiene alla materia della criminalità
organizzata, nozione che va intesa in riferimento a qualsiasi tipo di associazione
per delinquere, ex art. 416 c.p., correlata alle attività criminose più diverse, con
l’esclusione del mero concorso di persone nel reato, nel quale manca il requisito
dell’organizzazione programmaticamente orientata alla commissione di più reati
(cfr. Sez. U, n. 17706 del 22/3/2005, Petrarca, Rv. 230895 e Sez. U, n. 37501
del 15/7/2010, Donadio, Rv. 247994) e, per i procedimenti in materia di
criminalità organizzata, la norma richiamata delle disposizioni di attuazione al
c.p.p. prevede l’esclusione, anche in relazione ai termini di impugnazione dei
provvedimenti in materia di cautela personale, della sospensione feriale dei
termini delle indagini preliminari.
3. Nel caso di specie, l’art. 311 c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero, che ha
richiesto l’applicazione della misura cautelare personale, può proporre ricorso per
cassazione avverso le ordinanze emesse dal tribunale del riesame entro dieci
giorni dalla comunicazione dell’avviso di deposito del provvedimento,
comunicazione che risulta essere avvenuta in data 6 agosto 2015, con la
conseguenza che, essendo stato il ricorso per cassazione depositato in data 7
settembre 2015, il termine per impugnare era ampiamente scaduto.
Da ciò consegue l’inammissibilità del ricorso presentato dal pubblico ministero
presso il Tribunale di Perugia.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.

stata attribuita in via gravemente indiziaria, tra le altre, la fattispecie associativa

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA