Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6696 del 28/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6696 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NEGRUT AUREL N. IL 19/10/1969
avverso la sentenza n. 291/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 26/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA CAPRIOGLIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. m . likCo v t EL.L.9
che ha concluso per

Udito, per lapeC
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Data Udienza: 28/01/2014

Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza in data 26.10.2012 la Corte d’appello di

Caltanissetta riformava, solo in punto pena, la pronuncia emessa il 19.5.2011,
dal gip del Tribunale di Gela di condanna di NEGRUT Aurei per il reato di
tentato omicidio in danno della moglie, Negrut Carmen, che era stata colpita
con una pietra al capo e tagliuzzata nella gola con un pezzo di vetro, cosicchè
le era stata recisa la trachea, con conseguente shock emorragico e stato di

permanente sul viso. Per questo fatto di sangue all’imputato -che veniva
rinvenuto rannicchiato a terra sul fianco sinistro, seguendo le tracce di sangue
che si allontanavano dal corpo della donna a meno di un chilometro- la Corte
territoriale riduceva la pena da dieci anni ad anni otto e mesi otto di
reclusione, ribadendo la sussistenza dell’aggravante del rapporto di coniugio.
Veniva condivisa la ritenuta mancanza dei presupposti per fare luogo alla
concessione delle circostanze attenuanti generiche, attesa l’assoluta mancanza
di resipiscenza manifestata ex post, a fronte di un gesto tanto esecrabile. Era
emerso dalle indagini che la furia omicida dell’imputato si era innescata per la
decisione della donna di ritornare in Romania, in quanto oramai stanca dei
continui maltrattamenti a cui veniva sottoposta dal marito spesso ubriaco,
decisione contrastata da questi, che le aveva detto che se mai l’avesse fatto
l’avrebbe uccisa. Sentita successivamente, la vittima aveva ritrattato,
assumendo che l’imputato aveva cercato di suicidarsi, che non era vero che la
trattasse male e che si ubriacasse, avendola colpita nell’occorso del tutto
accidentalmente. Tale versione non solo contrastava con il testimoniale
acquisto (l’autista del pulman a bordo del quale la donna era salita per fare
ritorno in Romania e dove l’aveva seguita il marito, senza bagaglio, aveva
riferito che l’imputato aveva scaraventato la vittima giù dal mezzo, alla fermata
di Enna bassa), ma con la chiara natura delle lesioni refertate alla vittima, che
erano ampiamente dimostrative di una volontà di infierire ad opera di chi aveva
colpito. Ritenevano sussistente i giudici del merito il reato di tentato omicidio,
e non quello di lesioni, in ragione delle parti attinte, della pluralità di colpi
(soprattutto lungo la trachea), del tipo di arma usata che era particolarmente
tagliente, dell’adeguatezza causale dell’azione che aveva ridotto la donna in fin
di vita; tutto ciò portava a ritenere senza equivoci una chiara volontà di
uccidere. Veniva aggiunto che solo il ricovero in un centro particolarmente
attrezzato, in cui veniva operata la ricostruzione della laringe con l’epiglotto,
aveva impedito conseguenze più gravi. Era poi stato escluso che l’imputato
avesse posto in essere atti anticonservativi, se non alla vista delle forze
2

?

coma da insufficienza respiratoria; alla stessa era poi residuato uno sfregio

dell’ordine che si misero alla sua ricerca, cosicchè la versione difensiva veniva
ritenuta del tutto destituita di fondamento.

2.

Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cassazione

l’imputato, pel tramite del suo difensore per dedurre:
2.1 violazione dell’art. 192 cod.proc.pen.: la insufficiente dichiarazione
della persona offesa, poi ritrattata, non poteva fondare la dichiarazione di

ricondurre al sangue della donna le tracce ematiche rinvenute sui luoghi; la
presenza di sostanza ematica lungo il percorso seguito dall’imputato doveva
indurre a ritenere che il Negrut fosse già ferito al momento del sopraggiungere
delle forze dell’ordine.
2.2

Violazione dell’art. 192 c. 2 cod.proc.pen. quanto alla ritenuta

sussistenza del dolo diretto: la donna disse di esser stata presa per i capelli dal
marito e fatta cadere a terra, non avendo mai parlato di oggetti atti ad
offendere, né tanto meno ebbe a profilarsi nell’occorso la disponibilità di
oggetto contundente. Nessuna attività di consulenza tecnico-scientifica è stata
disposta per ricostruire l’accaduto, per cui non sarebbe possibile escludere
l’ipotesi della desistenza, considerato che la vittima venne trovata cosciente a
distanza di diversi minuti dall’aggressione. Viene evidenziata la equivocità degli
elementi costitutivi del dolo, con il che la difesa si chiede come i giudici del
merito abbiano potuto risalire alle caratteristiche connotanti la condotta .
2.3 violazione dell’art. 62 bis cod.pen., per mancata concessione delle
circostanze attenuanti generiche: non sarebbe stato tenuto in conto il
complessivo comportamento dell’imputato, che avrebbe dovuto indurre alla
concessione delle circostanze attenuanti generiche,immotivatamente denegate,
quanto meno con un giudizio di equivalenza alle aggravanti ritenute.

Considerato in diritto.

Il ricorso

non raggiunge la soglia dell’ammissibilità, essendo stato

sviluppato con motivi privi di specificità e comunque incentrati su
considerazioni di carattere fattuale.
Nessuna forzatura dei parametri normativi di riferimento sulla valutazione
della prova dichiarativa è dato apprezzare nel percorso che ha condotto i giudici
di merito ad affermare la colpevolezza dell’imputato.
Le dichiarazioni testimoniali della vittima, che si è trovata come spesso
capita, lacerata da opposte pulsioni e quindi si è manifestata non coerente nelle
sue rappresentazioni, sono state adeguatamente soppesate. A confortare
3

colpevolezza; si è lamentato che non fu compiuta indagine biologica per

quanto era stato detto dalla vittima nell’immediatezza dei fatti concorrevano,
secondo i giudici del merito, non solo le pesanti tracce di lesioni sul suo corpo,
segno inequivocabile di una violenza fisica patita, incompatibili con eventi
accidentali, ma le dichiarazioni dell’autista del mezzo pubblico che assistette
alla scena in cui la donna venne scaraventata giù dal Negrut, armato di
bottiglia, privo di bagagli che aveva rincorso la moglie, che era salita sul mezzo
pubblico per ritornare in Romania, nonché il fatto che l’imputato sia stato

segnalata la vittima ed il sito in cui venne rinvenuto rannicchiato, con un pezzo
di vetro in mano che adoperò contra se non appena vide sopraggiungere le
forze dell’ordine. Il fatto che non siano state disposte indagini biologiche per
individuare l’attribuibilità del sangue lungo il percorso che divideva il luogo ove
ciascuno dei due venne rinvenuto non rivestiva alcuna portata nella dinamica
ricostruttiva dei fatti , essendo certo che la donna venne massacrata prima che
il Negrut ponesse in essere atti anticonservativi.
Né ricorre alcuna lacuna investigativa per non essere stata la vittima
sottoposta a perizia, atteso che la donna venne prelevata dal 118 e condotta
con urgenza in ospedale, dove le vennero diagnosticati recisione della trachea,
shock emorragico con stato di corna, insufficienza respiratoria acuta , trauma
da lesioni fratturative del massiccio frontale, sfregio permanente al viso, con
prognosi riservata. La vittima dovette essere ricoverata in un nosocomio
specializzato, dove le ricostruirono la laringe con l’epiglotto. Tale quadro non
poteva non essere interpretato in chiave dimostrativa di un pesante pestaggio,
di interventi ripetuti con un pezzi9di vetro diretti a sfigurare il volto ed attaccare
le vie respiratorie del collo. Detti interventi che plasticamente si coglievano
dalla semplice osservazione della donna nel momento in cui fu ricoverata e
curata, costituivano base inferenziale che portava a concludere sulla volontà di
morte che animò il Negrut in termini logicamente ineccepibili e insuscettibili di
interpretazioni alternative, attese la reiterazione degli atti di violenza e le sedi
attinte e facevano escludere qualsivoglia spunto che accreditasse la desistenza,
considerato lo stato avanzatissimo dell’azione aggressiva posta in essere.
Quanto infine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche, va detto che i giudici del merito hanno adeguatamente motivato il
loro modus opinandi sulla particolare gravità del fatto e sulla mancanza di
segni di ravvedimento. La valutazione, proprio perchè adeguatamente
motivata, non può essere messa in discussione in questa sede di legittimità , in
cui neppure è consentito sollecitarne una alternativa e ritenuta preferibile.

rintracciato seguendo il percorso di sangue che collegava il luogo in cui venne

Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso ; a tale
declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al
pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si
determina in euro mille, a favore della cassa delle ammende , giusto il disposto
dell’art. 616 cpp, così come deve essere interpretato alla luce della sentenza
della Corte Costituzionale n. 186/2000 .

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 28 Gennaio 2014.

p.q.m.

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