Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6692 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6692 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MEMET GELIL N. IL 29/07/1969
avverso la sentenza n. 300612/2012 TRIBUNALE di VENEZIA, del
22/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

Motivi della decisione
Memet Gelil ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
Tribunale di Venezia in data 22.03.2012, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di
furto aggravato.
Il ricorrente si duole della mancata nomina di un interprete; e della mancata
effettuazione dell’interrogatorio previsto dalla legge. Oltre a ciò, rileva di avere
prospettata la conseguente liberazione.
Il ricorso è manifestamente infondato e perciò inammissibile.
Soffermandosi sulle prime due ragioni di doglianza, ora richiamate, si
osserva che dall’esame degli atti versati in fascicolo – esame al quale questa

Suprema Corte procede direttamene, a fronte di eccezioni di natura processuale risulta che all’udienza di convalida dell’arresto, celebrata in data 22.03.2012,
Memet ebbe a rendere conferenti dichiarazioni rispetto al tenore delle domande
formulategli nel corso dell’interrogatorio di garanzia, ammettendo l’addebito e
rilevando di essere privo di attività lavorativa. Risulta allora evidente: che
l’interrogatorio di garanzia ha avuto luogo; e che l’imputato ha risposto
conferentemente alle domande rivoltegli, dimostrando di conoscere la lingua
italiana. Sul punto, è poi appena il caso di osservare che questa Suprema Corte ha
chiarito che l’operatività dell’art. 143 cod. proc. pen. è subordinata
all’accertamento della non conoscenza della lingua italiana da parte dell’imputato;
e che qualora l’imputato straniero dimostri, in sede di espletamento dell’attività
processuale, quale l’interrogatorio, di rendersi conto del significato degli

atti

compiuti, al giudice non incombe l’obbligo di provvedere alla nomina di un
interprete (cfr. Cass. Sez. 2, sentenza n. 40807 del 6.10.2005, dep. 9.11.2005, Rv.
232593).
Del pari manifestamente infondata è la ulteriore ragione di censura, con la
quale la parte assume di avere formulato richiesta di applicazione della pena ex
art. 444 cod. proc. pen. essendo stato ingannato sulla portata dei benefici.
Al riguardo, si osserva che a sostegno dell’assente pressioni che
avrebbero inficiato la manifestazione della volontà dell’imputato nel chiedere
l’applicazione della pena, non è stato addotto alcun concreto elemento di prova; e
si rileva, conclusivamente, che la Corte regolatrice ha chiarito che la pretesa
divergenza tra volontà e dichiarazione non può essere dedotta come motivo
d’impugnazione, poiché al negozio processuale concluso dalle parti ai sensi dell’art.
444 cod.proc.pen. non si applica la normativa che regola la rilevanza dell’errore nei
negozi di diritto sostanziale, ma il regime della nullità degli atti processuali, che

riconosciuto la commissione del reato, poiché gli era stata ingannevolmente

non prevede la cennata divergenza come causa di nullità (cfr. Cass. Sez. 6,
Sentenza n. 6580 del 15/02/2000, dep. 02/06/2000, Rv. 217101).
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.500,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso in Roma, In data 5 dicembre 2012.

processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

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