Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6690 del 20/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6690 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: LOCATELLI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCOTTOLI FRANCESCO N. IL 15/01/1955
DE CAROLIS ANTONIO N. IL 30/04/1962
GRANATA SEBASTIANO N. IL 14/10/1955
avverso la sentenza n. 23/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 19/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. Cuiveco
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che ha concluso per sck,4,C , • • p

Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 20/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26.10.2010 la Corte di assise di Siracusa dichiarava
De Carolis Antonio, Granata Sebastiano e Scottoli Francesco colpevoli del
reato previsto dagli artt.110, 112 n.1, 575,577 n.3 e 4 cod.pen. perché,
in concorso con Dominante Carmelo, Carbonaro Bruno, Carbonaro
Claudio, Carbonaro Silvio e Scorpo Salvatore nei cui confronti si è
proceduto separatamente , ed unitamente a Camerata Giuseppe e

consistenti nella affermazione dell’egemonia territoriale
dell’organizzazione di tipo mafioso facente capo a Dominante Carmelo e
ai fratelli Carbonaro, cagionavano la morte di Gallo Salvatore , contro il
quale venivano esplosi numerosi colpi di arma da fuoco mediante una
pistola cal.375. Segnatamente Scottoli Francesco ricopriva, unitamente
ad altri, il ruolo di mandante ed organizzatore dell’omicidio;De Carolis e
Granata il ruolo di soggetti incaricati della commissione dell’omicidio. Con
la recidiva reiterata. Commesso in Vittoria il 18.2.1987. Per l’effetto
condannava Scottoli Francesco alla pena dell’ergastolo; Granata
Sebastiano, riconosciute circostanze attenuanti generiche dichiarate
prevalenti sulle contestate aggravanti, alla pena di anni quattordici di
reclusione; De Carolis Antonio, applicata la circostanza attenuante
prevista dall’art.8 legge n.152 del 1991 e riconosciute attenuanti
generiche dichiarate prevalenti sulle contestate aggravanti, alla pena di
anni otto di reclusione.
La Corte di assise di appello di Catania con sentenza del 19.7.2012
confermava la sentenza della Corte di assise di Siracusa.
Avverso la sentenza il difensore di Scottoli Francesco ricorre per i
seguenti motivi: 1)la Corte di assise di appello ha violato il principio di
terzietà del giudice emettendo la sentenza impugnata mentre era
pendente il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che aveva
dichiarato l’inammissibilità della ricusazione del giudice a latere;
riproduce i motivi posti a sostegno del ricorso avverso la predetta
ordinanza di inammissibilità prospettando la violazione dell’art.34
cod.proc.pen. per avere il giudice a latere concorso a pronunciare la
sentenza della Corte di assise di appello di Catania che aveva condannato
Scottoli per il reato di partecipazione al sodalizio di stampo mafioso

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Schiavone Salvatore (deceduti), con premeditazione e per motivi abietti

capeggiato da Schiavone Salvatore; 2) reitera l’eccezione di
inutilizzabilità degli atti di istruzione compiuti nel giudizio di primo grado
poiché, a seguito di mutamento della persona del presidente della Corte,
l’imputato non aveva dato il consenso alla rinnovazione degli atti
mediante lettura ai sensi dell’art.611 cod.proc.pen. ; 3) inutilizzabilità
delle dichiarazioni rese dai collaboratori dopo 180 giorni previsti dalla
normativa speciale; 4) censura il giudizio di responsabilità in ordine alla

“motivazione apparente ed uso congetturale del principio sillogistico
postulato dall’art.192 cod.proc.pen.” e per disapplicazione del precetto
normativo del ragionevole dubbio previsto dall’art.533 comma 1
cod.proc.pen.;5) con successiva memoria deduce che l’intervenuto
mutamento della composizione del giudice ha determinato una violazione
del principio di immutabilità stabilito dall’art.525 comma 2 cod.proc.pen.;
formula nuovo motivo di ricorso deducendo la inutilizzabilità delle
dichiarazioni rese dal collaboratore Palumbo Massimo in quanto lo stesso
doveva essere sentito sin dall’inizio in qualità di indagato, qualifica che
invece ha assunto solo all’udienza 15.6.2010 del giudizio di primo grado.
Il difensore di Granata Sebastiano ricorre per i seguenti motivi:1)
violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’art.192
comma 3 cod.proc.pen. con riguardo alle valutazioni delle dichiarazioni
rese dai collaboratori De Carolis, Scorpo, Palumbo;natura contraddittoria
del dichiarato di De Carolis reso in palese violazione del termine di 180
giorni utili previsto dalla legge n.45 del 2001; le dichiarazioni rese dagli
altri collaboratori non sembrano possedere la caratteristica del riscontro
esterno previsto dall’art.192 comma 3 cod.proc.pen.; omessa valutazione
degli elementi indicati a discarico nei motivi di appello; 2) la Corte di

contestazione omicidiaria per vizio della motivazione sotto forma di

assise di appello omette di fornire spiegazione logica e giuridica sulla
compatibilità, tra la condotta di partecipazione materiale contestata quale
“soggetto incaricato della commissione dell’omicidio”, con l’incarcerazione
dell’imputato avvenuta precedentemente alla commissione dell’omicidio;
omessa indicazione di quale sia stato il contributo causale fornito dal
ricorrente alla esecuzione dell’omicidio avvenuto mesi dopo il suo arresto,
che ha materialmente impedito la partecipazione del ricorrente ai
successivi viaggi preparatori e alla esecuzione dell’omicidio.

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Il difensore di De Carolis Antonio ricorre per i seguenti motivi:
violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata
esclusione del concorso di cui all’art.110 cod.pen. considerato che alla
data di commissione dell’omicidio il ricorrente era detenuto in carcere
essendo stato tratto in arresto sin dal 27.1.1987; vizio di mancanza di
motivazione nella parte in cui la sentenza non indica in quale modo De
Carolis che ha confessato la partecipazione a precedenti tentativi, andati

contribuito alla consumazione dell’omicidio avvenuta successivamente,
mentre egli era detenuto, dovendosi considerare interruttivo del nesso
causale il fatto che l’imputato si trovasse in vinculis.; insussistenza del
concorso morale poiché il ricorrente non ha dato alcun impulso
psicologico alla realizzazione del reato, in quanto è stato chiamato solo
per la fase esecutiva, poi commessa e portata a termine da altre persone.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di Scottoli Francesco è infondato.
1.Secondo la giurisprudenza di legittimità assolutamente costante, il
difetto delle condizioni di capacità del giudice va inteso come mancanza
dei requisiti occorrenti per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e non
anche in relazione al difetto delle condizioni specifiche per l’esercizio della
funzione in un determinato procedimento. Ne consegue che
l’incompatibilità prevista dall’ art. 34 comma 2 cod.proc.pen., non
essendo attinente alla capacità in generale di esercitare la funzione
giurisdizionale, non determina la nullità assoluta del provvedimento
adottato a norma degli art. 178 e 179 cod. proc. pen., ma costituisce
motivo di possibile astensione, ovvero di ricusazione del giudice, da far
valere tempestivamente a mezzo della apposita procedura prevista dagli
artt. 37 e ss. cod. proc. pen. (Sez. U, n. 5 del 17/04/1996 , D’Avino, Rv.
204464; Sez. 2 n. 30448 del 26/06/2003, Bova, Rv. 226572; Sez. 6, n.
25013 del 04/06/2013, Shkurko, Rv. 257033; Sez. 5, n. 13593 del
12/03/2010, Bonaventura e altro, Rv. 246716).
Il divieto, per il giudice ricusato, di pronunciare sentenza stabilito
dall’art. 37 comma secondo cod. proc. pen., opera sino alla pronuncia di
inammissibilità o di rigetto, anche non definitiva, da parte dell’organo
competente a decidere sulla ricusazione, fermo restando la nullità della

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falliti, di uccidere Gallo Salvatore, abbia con il proprio comportamento

successiva decisione del giudice ricusato qualora la pronuncia di
inammissibilità o di rigetto sia annullata dalla Corte di cassazione e il
difetto di imparzialità accertato dalla stessa Corte o nell’eventuale
giudizio di rinvio. (Sez. U, n. 23122 del 27/01/2011, Tanzi, Rv.
249735).
Questa Corte con sentenza del 26.2.2013 ha dichiarato inammissibile
il ricorso proposto da Scottoli Francesco contro l’ordinanza 20.3.2012
della Corte di appello di Catania che aveva dichiarato inammissibile

l’istanza di ricusazione proposta dal ricorrente; ne consegue la legittimità
della pronuncia della sentenza impugnata, intervenuta dopo la
dichiarazioni di inammissibilità della istanza di ricusazione emessa dalla
competente Corte di appello, ma prima della declaratoria di
inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la pronuncia
di inammissibilità della istanza di ricusazione.
2. La Corte di assise di appello ha rigetta4t la richiesta di declaratoria
di inutilizzabilità degli atti di istruzione sul rilievo che, in assenza del
consenso degli imputati alla rinnovazione degli atti mediante lettura ai
sensi dell’art.511 cod.proc.pen., l’acquisizione delle dichiarazioni dei
collaboratori rese nel giudizio di primo grado, dinanzi a Collegio avente
diversa composizione, era stata espressamente disposta a norma
dell’art.190 bis cod.proc.pen. La motivazione è giuridicamente corretta
poiché, trattandosi di procedimento per reati previsti dall’art.51 comma
3 bis cod.proc.pen., la disciplina di cui all’art. 190 bis cod. proc. pen. è
applicabile anche nell’ipotesi in cui debba procedersi a rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale per sopravvenuto mutamento della persona
del giudice. (Sez. 6, n. 20810 del 12/05/2010, Cola e altro, Rv.
247395).
La legittimità dell’acquisizione delle prove dichiarative nelle forme
previste dall’art.190 bis cod.proc.pen. esclude che vi sia stata violazione
del principio della identità del giudice che ha partecipato alla istruzione
dibattimentale e che ha deliberato la sentenza, stabilito dall’art.525
comma 2 cod.proc.pen.
3.La Corte di assise di appello ha rigettato l’eccezione di
inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai collaboratori oltre il termine di
centottanta giorni previsto dall’art.16 quater legge n.82 del 1991,

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trattandosi di dichiarazioni rese

in dibattimento e non alla polizia

giudiziaria o al pubblico ministero, ed aventi in ogni caso natura
integrativa. La motivazione è conforme alla giurisprudenza di legittimità
secondo cui la sanzione di inutilizzabilità stabilita dall’art. 16 quater
comma 9 della legge 15 marzo 1991 n. 82, avente ad oggetto le
dichiarazioni del collaboratore di giustizia rese oltre il termine di
centottanta giorni previsto per la redazione del verbale informativo, trova

contraddittorio e non a quelle rese nel corso del dibattimento. (Sez. 6,
n. 16939 del 20/12/2011 – dep. 07/05/2012, De Filippi e altri, Rv.
252632; Sez. 6, n. 27040 del 22/01/2008, Aparo e altri, Rv. 241007).
4.11 giudice di appello ha confermato il giudizio di penale
responsabilità degli imputati sulla base di un esame analitico e dettagliato
delle plurime e convergenti chiamate in correità di Scorpo Salvatore , già
condannato quale esecutore materiale dell’omicidio, dei fratelli Carbonaro
Bruno, Claudio e Silvio, anch’essi condannati quali mandanti ed
organizzatori dell’omicidio, di De Carolis e di Palumbo Massimo, i quali
parteciparono ad alcune spedizioni, non riuscite, di uccidere Gallo
Salvatore, organizzate dal sodalizio criminoso siracusano capeggiato da
Schiavone Salvatore al quale l’omicidio era stato commissionato dai
sodalizio criminoso dei “vittoriesi”; ha rilevato l’univoca indicazione del
movente nel contrasto insorto, nell’ambito del sodalizio mafioso operante
in Vittoria, tra Gallo Salvatore da un lato e i fratelli Carbonaro e
Dominante Salvatore dall’altro. Con particolare riguardo a Scottoli
Francesco, il giudice di appello ha osservato che egli era indicato da tutti i
collaboratori come il soggetto che, su espresso mandato di Schiavone,
capo all’epoca del clan siracusano, ebbe ad organizzare l’omicidio di
Gallo, curandone l’attuazione, inviando di volta in volta i soggetti
incaricati dell’esecuzione e recandosi sul posto per discutere le modalità
di commissione del delitto con i capi del gruppo vittoriese, in particolare
con Carbonaro Claudio.
Il vaglio di attendibilità delle dichiarazioni dei collaboratori e la
verifica della sussistenza di reciproci riscontri hos sono stati condotti dal
giudice di merito in conformità al disposto dell’art.192 comma 3
cod.proc.pen. I motivi di ricorso non individuano vizi di legittimità della

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applicazione soltanto in riferimento alle dichiarazioni rese fuori del

decisione ma propongono un diverso apprezzamento delle risultanze
probatorie, non consentito nella presente sede.
5.11 motivo di ricorso con il quale si deduce l’inutilizzabilità delle
dichiarazioni rese dal collaboratore Palumbo Massimo, in quanto sentito
in qualità di testimone assistito anziché in qualità di indagato per lo
stesso reato con obbligo di dare gli avvertimenti previsti dall’art.64
cod.proc.pen., a prescindere dalla fondatezza giuridica della eccezione, è

censura alla sentenza impugnata nella parte in cui, in applicazione della
cosiddetta prova di resistenza, reputa che, anche senza considerare le
dichiarazioni di Palumbo, le affermazioni degli altri collaboratori di
giustizia sono sufficienti per ritenere la penale responsabilità degli
imputati (pag.24).
I ricorsi di Granata Sebastiano e De Carolis Antonio sono fondati nei
termini di seguito indicati.
1.11 primo motivo del ricorso di Granata è infondato. La Corte di
assise di appello ha ritenuto attendibili e convergenti le dichiarazioni a
carico del ricorrente rese dai seguenti collaboratori: coimputato De
Carolis, che lo indicava come persona coinvolta in alcuni appostamenti
svoltisi nel dicembre 1986 e gennaio 1987, finalizzati all’assassinio di
Gallo; Palumbo Massimo, che gli aveva attribuito il ruolo di partecipe ad
un tentativo di omicidio, con il compito di condurre l’auto pulita; Scorpo
Salvatore, che lo aveva menzionato come presente ad alcuni tentativi
infruttuosi di uccidere Gallo.
Il vaglio delle chiamate in correità compiuto dal giudice di merito è
conforme al disposto dell’art.192 comma 3 cod.proc.pen..Le censure
formulate dal ricorrente non individuano vizi di legittimità della decisione
impugnata, ma propongono una valutazione delle risultanze probatorie
difforme da quella operata dal competente giudice del fatto con
motivazione immune da vizi logici ed incensurabile nel merito.
2.11 secondo motivo di ricorso di Granata Sebastiano ed il ricorso di
De Carolis Antonio sono fondati sotto il profilo del vizio di motivazione.
La Corte di assise di appello ha ritenuto provato il concorso di De
Carolis e Granata nel contestato reato di omicidio consumato per la
ragione che essi ” benché tratti in arresto in epoca di poco anteriore alla

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privo di rilevanza dal momento che il ricorrente non muove alcuna

consumazione dell’omicidio ( rispettivamente in data 18 e 27 gennaio
1987) non avevano partecipato a mere attività preparatorie ma
addirittura a concreti tentativi di uccidere Gallo Salvatore, il primo con
ruolo di esecutore materiale del delitto ed il secondo con ruolo di autista
e staffetta svolti in detti tentativi” (pag.52); con specifico riguardo alla
posizione di Granata, ha poi affermato che la condotta dallo stesso posta
in essere “è idonea non solo a contribuire alla determinazione dell’evento,

secondo le regole proprie del concorso di persona ex art.110 cod.pen. “.
L’affermazione secondo cui la pregressa partecipazione ad un
tentativo di omicidio fallito è rilevante sotto il profilo del concorso morale
nella successiva consumazione dell’omicidio, avendo rafforzato il
proposito criminoso dei sodali compartecipi, costituisce una motivazione
apparente e tautologica, poiché non indica quali siano i concreti elementi
da cui il giudice di merito ha tratto la convinzione che la partecipazione di
De Carolis e Granata, con ruolo di esecutori materiali operanti agli ordini
di Scottoli e degli altri mandanti, alla commissione di un pregresso
tentativo di omicidio di Gallo ( costituente fattispecie autonoma di delitto,
non contestata), integri un apporto concorsuale dei ricorrenti nel diverso
reato di omicidio consumato in danno del medesimo soggetto passivo,
attuato alcuni mesi dopo ad opera di altri esecutori materiali ( identificati
in Scorpo e Camerata), mentre i ricorrenti erano detenuti in carcere da
circa un mese. La motivazione è inoltre contraddittoria nella parte in cui
attribuisce a soggetti aventi ruoli gregari (autista dell’auto “pulita” o
staffetta) o comunque di esecutori materiali dell’ordine proveniente dai
mandanti, la diversa veste di concorrenti morali nell’omicidio al quale non
hanno materialmente partecipato, sotto il profilo del rafforzamento della
deliberazione omicidiaria che invece, secondo la ricostruzione dei fatti
operata dal giudice di merito, è interamente ascrivibile ai mandanti con
ruolo apicale nella organizzazione criminosa.
Per tali motivi la sentenza deve essere annullata nei confronti dei
ricorrenti De Carolis Antonio e Granata Salvatore con rinvio per nuovo
giudizio ad altra sezione della Corte di assise di appello di Catania.
A norma dell’art.616 cod.proc.pen. il ricorrente Scottoli Francesco
deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

ma anche a rafforzare il proposito criminoso dei sodali compartecipi,

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di De Carolis Antonio e
Granata Sebastiano e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della
Corte di assise di appello di Catania; rigetta il ricorso di Scottoli
Francesco che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 20.1.2014

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