Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6686 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6686 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUTA ANGELO N. IL 17/04/1947
avverso la sentenza n. 1037/2009 CORTE APPELLO di ANCONA, del
19/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE SANDRINI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. hki(rEL0
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che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 05/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 19.12.2011 la Corte d’Appello di Ancona ha
confermato la sentenza in data 19.02.2009 del Tribunale di Urbino che aveva
condannato l’imputato Ruta Angelo, concesse le attenuanti generiche, alla pena
di mesi 2 di arresto e € 3.500 di ammenda (sostituita, quanto alla pena
detentiva, con la corrispondente pena pecuniaria di € 2.280 di ammenda) per il
reato contravvenzionale di cui all’art. 22 comma 12 D.Lgs. n. 286 del 1998,
consistito nell’aver occupato alle dipendenze della propria ditta individuale un

commettendo il fatto fino al 25.09.2007.
Dalla motivazione delle sentenze di 10 e 2° grado risulta che in occasione di un
controllo eseguito presso il cantiere dove operava l’impresa edile dell’imputato
era stata accertata la presenza del cittadino extracomunitario, impiegato
nell’esecuzione di un termocappotto; la Corte territoriale riteneva provato
l’inserimento del lavoratore straniero nella struttura tecnico-organizzativa
dell’impresa del Ruta, nonché la sussistenza del dolo (necessario a integrare il
reato a seguito della modifica che – nel 2008 – aveva trasformato l’originaria
contravvenzione in delitto, dovendo trovare applicazione la normativa
sopravvenuta più favorevole che aveva ristretto l’area di punibilità del fatto con
riguardo all’elemento psicologico) in ordine alla consapevolezza da parte
dell’imputato che il lavoratore era sprovvisto di permesso di soggiorno,
quantomeno nella sua forma eventuale consistita nella deliberata accettazione
del rischio notoriamente immanente all’assunzione alle proprie dipendenze di
stranieri extracomunitari, in relazione al dovere di verifica gravante sulla figura
professionale del datore di lavoro.
2. Ricorre per cassazione Ruta Angelo, a mezzo del difensore, deducendo come
unico motivo violazione dell’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. per
manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza
impugnata, di cui chiede l’annullamento, in quanto la Corte d’Appello aveva
omesso di

valutare

l’elemento

pacificamente

emerso dall’istruttoria

dibattimentale per cui il cittadino extracomunitario sarebbe stato semmai
assunto dalla moglie dell’imputato (e non dal Ruta, che era dunque estraneo al
reato), per impiegarlo in lavori agricoli nel campo di sua proprietà, e solo dopo
aver terminato questi ultimi si era recato nel vicino cantiere del coniuge,
svolgendovi a sua insaputa, e per un solo giorno, mansioni occasionali; il
ricorrente lamenta altresì l’assenza di prova dell’elemento soggettivo del reato,
che la Corte di merito aveva individuato nel dolo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva la Corte che per il reato oggetto della sentenza impugnata, avente
1

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cittadino moldavo, e dunque extracomunitario, privo di permesso soggiorno,

natura contravvenzionale, è maturato il termine massimo di prescrizione, pari a
cinque anni (quattro anni aumentati di un quarto per effetto degli eventi
interruttivi, ex artt. 157, comma primo, e 161, comma secondo, cod. pen., nel
testo risultante dalla novella di cui alla legge n. 251 del 2005).
Il momento finale di consumazione del reato risale infatti al 25 settembre 2007:
poiché non risultano periodi di sospensione del corso della prescrizione, il tempo
necessario a prescrivere la violazione è dunque maturato il 25 settembre 2012.
2. La causa di estinzione del reato deve essere immediatamente rilevata e

Sezioni Unite nella sentenza n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, secondo cui
in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a
pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2,
cod.proc.pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee a escludere l’esistenza
del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza
penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la
valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto
di constatazione, ossia di percezione ictu ocu/i, che a quello di apprezzamento, e
sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o
approfondimento, con la conseguenza che – in sede di legittimità – non sono
rilevabili (eventuali) vizi di motivazione della sentenza impugnata (ai quali
soltanto, nel caso di specie, il ricorrente ha limitato la propria doglianza), posto
che il giudice del rinvio avrebbe comunque l’obbligo di procedere
immediatamente alla declaratoria della causa estintiva; il principio è stato
ribadito dalla Sezione 4 di questa Corte, nella sentenza n. 23680 del 7/05/2013,
Rizzo, RV 256202, secondo cui il proscioglimento nel merito è destinato a
prevalere sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione del
reato soltanto nel caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva,
l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la
prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera
contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento
ponderato tra opposte risultanze.
3. Nella fattispecie, la sentenza impugnata ha congruamente motivato il giudizio
di colpevolezza dell’imputato in ordine al reato ascritto, nella sua forma dolosa
che costituisce l’unica attualmente punibile a seguito della sopravvenuta
trasformazione della originaria contravvenzione in delitto per effetto della
modifica normativa introdotta dall’art. 5 comma 1-ter del decreto legge n. 92 del
2008, convertito nella legge n. 125 del 2008 (con conseguente abrogatio legis
della fattispecie colposa e continuità normativa, invece, di quella dolosa: Cass,
Sez. 1 n. 9882 del 30/11/2010, Rv. 249867), mentre la censura del ricorrente è

2

u.-)

dichiarata da questa Corte, in applicazione del principio di diritto affermato dalle

diretta unicamente a lamentare un carente apprezzamento delle risultanze
istruttorie da parte del giudice di merito, del tutto incompatibile col
riconoscimento immediato di una delle cause di proscioglimento previste dal 2°
comma dell’art. 129 cod.proc.pen..
4. Non ravvisandosi cause di inammissibilità del ricorso, ne consegue
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata alla stregua del disposto
dell’art. 620 comma 1 lett. a) del codice di rito.
P.Q.M.

prescrizione.
Così deciso il 5/12/2013

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per

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