Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6679 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6679 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
Begnardi Matteo, nato a Mantova 1’11/11/1984
Grattini Adone, nato a Motteggiana il 27/2/1958
Marcomini Pablo, nato a Mouscron (Belgio) il 18/5/1972
avverso la sentenza del 20/5/2014 della Corte d’appello di Brescia
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al
trattamento sanzionatorio ed il rigetto nel resto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 maggio 2014 la Corte d’appello di Brescia ha
respinto l’impugnazione proposta da Matteo Begnardi, Adone Grattini e Pablo
Marcomini nei confronti della sentenza del 12 novembre 2013 del Giudice per le
indagini preliminari del Tribunale di Mantova, che, a seguito di giudizio
abbreviato e riconosciuta l’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R.
309/90, aveva condannato Begnardi e Grattini alla pena di otto mesi di
reclusione ed euro 2.000 di multa e Marcomini alla pena di un anno di reclusione
ed euro 3.000 di multa, per avere detenuto, in concorso tra loro ed a fini di

Data Udienza: 19/11/2015

spaccio, complessivi grammi 7 di sostanze stupefacenti del tipo hashish,
marijuana ed eroina.
La Corte d’appello ha condiviso, disattendendo le prospettazioni degli
appellanti, la ricostruzione del primo giudice in ordine alla destinazione a fine di
spaccio delle sostanze stupefacenti rinvenute a seguito di perquisizione
domiciliare presso l’abitazione del Marcomini (laddove gli imputati erano stati
trovati seduti attorno ad un tavolo su cui si trovavano le sostanze stupefacenti,
con accanto una sedia su cui erano appoggiati un bilancino di precisione, un
coltello, tre pezzi di alluminio e cinque involucri vuoti di cellophane), sulla base

effettuato dietro la porta di detta abitazione. La Corte territoriale, pur dando atto
della condizione di tossicodipendenti del Marcomini e del Begnardi, ha
evidenziato come la stessa non potesse escludere, di per sé sola, l’attività di
piccolo spaccio, confermando di conseguenza integralmente la sentenza
appellata.

2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso tutti e tre gli imputati,
mediante il medesimo difensore, affidato ad un unico motivo.
Hanno lamentato violazione di legge penale (art. 606, lett. b), cod. proc.
pen.), in relazione all’art. 73 d.P.R. 309/90, affermando che nella ipotesi di
detenzione di sostanze stupefacenti di diverse tipologie dovesse, anche a seguito
della declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del
di. 272/2005, essere applicata la disciplina dell’art. 73 d.P.R.309/90 nel testo
risultante dalla I. 49/2006, quale disciplina in concreto più favorevole per gli
imputati, sulla base del rilievo che in forza di tale disciplina, tenendo conto del
quantitativo di sostanza stupefacente, inferiore al livello stabilito dal d.M.
11/4/2006, avrebbe potuto essere ravvisata la destinazione ad uso personale
dello stupefacente sequestrato e, dunque, l’insussistenza del reato contestato
agli imputati, costituente solo illecito amministrativo.
Hanno inoltre evidenziato la mancanza di elementi sintomatici della
destinazione a terzi della sostanza stupefacente e l’omessa considerazione da
parte della Corte d’appello del loro stato di tossicodipendenti.
Hanno, infine, prospettato l’applicabilità del più favorevole trattamento
sanzionatorio conseguente alla entrata in vigore della I. 79/2014, con la
conseguente necessità di annullare con rinvio la sentenza impugnata per
rideterminare le pene, sulla base della nuova disciplina applicabile alla
detenzione illecita di stupefacenti.

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delle modalità del fatto e di quanto ascoltato dagli operanti nell’appostamento

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono infondati, ma la sentenza impugnata deve essere annullata con
rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio.

1. La destinazione illecita, a fini di spaccio, delle sostanze stupefacenti
rinvenute nella disponibilità degli imputati, a seguito della perquisizione
domiciliare eseguita presso l’abitazione del Marcomini, è stata, coerentemente,
ravvisata dalla Corte d’appello, in accordo con il primo giudice, sulla base di una

pluralità di elementi di fatto del tutto univoci (quali la presenza dei tre imputati
attorno ad un tavolo su cui si trovavano svariate confezioni già pronte con
all’interno diversi tipi di droga, nonché un pezzo di hashish pari a cinque dosi
medie, alcuni involucri di cellophane ancora vuoti, oltre a strumenti notoriamente
utilizzati per la preparazione di stupefacente da mettere in commercio, tra cui un
bilancino di precisione, fogli di alluminio ed un coltello), nonché di quanto udito
dagli operanti prima di eseguire la perquisizione, tutti univocamente e
chiaramente indicativi della destinazione a fine di spaccio delle sostanze
detenute dagli imputati.
Ne consegue l’irrilevanza del dato quantitativo delle sostanze stupefacenti
sequestrate (peraltro superiore ai parametri di cui al d.M. 11 aprile 2006), posto
in rilievo dagli imputati nel ricorso per avvalorare la tesi dell’uso esclusivamente
personale di tali sostanze, in quanto l’eventuale detenzione di un quantitativo
inferiore al limite stabilito con d.M. 11/4/2006, in attuazione della disciplina
introdotta con L. n. 49 del 2006, non esclude la destinazione illecita, qualora,
come nel caso in esame e come evidenziato dalla Corte d’appello, la detenzione
sia qualificata da elementi di fatto che inducano inequivocabilmente a ravvisare
quella finalità che è tuttora elemento costitutivo del delitto di cui all’art. 73
d.P.R. n. 309 del 1990 (Sez. 6, Sentenza n. 27330 del 02/04/2008, Sejjal, Rv.
240526).
Del pari correttamente la Corte d’appello ha escluso, alla luce degli elementi
evidenziati in ordine alla destinazione a fine di spaccio dello stupefacente
detenuto, la rilevanza dello stato di tossicodipendenza del Marcomini e del
Begnardi, posto che tale condizione non esclude, in presenza di plurimi e
concordanti elementi della destinazione a fine di spaccio, l’illiceità della
detenzione, non potendo ritenersi la destinazione per uso solo personale degli
stupefacenti detenuti (in termini Sez. 3, Sentenza n. 46610 del 09/10/2014,
Salaman, Rv. 260991).
L’unico, articolato, motivo cui il ricorso è affidato risulta, in conclusione,
infondato.
1.

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01;

2. La sentenza in esame deve, però, nonostante l’infondatezza del ricorso,
essere annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, essendosi tenuto
conto nel determinare la pena della cornice edittale prevista dalla normativa
previgente, potendo rilevarsi anche d’ufficio la sopravvenuta entrata in vigore di
un trattamento sanzionatorio più favorevole, in quanto le Sezioni Unite con la
sentenza n. 46653 del 26/6/2015 (Della Fazia, Rv. 265111) hanno chiarito che
“La Corte di Cassazione, nel caso di ricorso inammissibile per qualunque ragione
e con il quale non vengano proposti motivi riguardanti il trattamento

che la sentenza impugnata era stata pronunziata prima dei mutamenti normativi
che hanno modificato il trattamento sanzionatorio in senso favorevole
all’imputato; ciò anche nel caso in cui la pena inflitta rientri nella cornice edittale
sopravvenuta alla cui luce il giudice di rinvio dovrà riesaminare tale questione”.
Nella vicenda in esame la illecita detenzione di hashish, marijuana ed eroina
da parte degli imputati è stata ricondotta dal Tribunale e dalla Corte d’appello
all’ipotesi di minore gravità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del
1990. Tale fattispecie – che costituisce ora reato autonomo – è attualmente
punita, in forza della più favorevole disciplina vigente, introdotta dall’art. 1,
comma 24-ter, lettera a), del di. n. 36 del 2014, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 79 del 2014, con le pene massime di quattro anni di reclusione ed
euro 10.329,00 di multa.
Nel caso in esame, il Tribunale (con valutazione confermata dalla Corte
distrettuale), nella vigenza della precedente disciplina, che prevedeva le pene
della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000 sia
per le droghe c.d. “pesanti” sia per quelle c.d. “leggere”, applicando la
diminuente del rito ha determinato la pena per Begnardi e Grattini in otto mesi di
/
reclusione ed euro 2.000 di multa e per Marcomini in un anno di reclusione ed
euro 3.000 di multa, discostandosi apprezzabilmente, tenendo conto della
applicazione della diminuente del rito, dai nuovi limiti edittali.
Ciò comporta la necessità di una rideterminazione del trattamento
sanzionatorio complessivo, nella considerazione che il giudice, nel determinare la
pena, valuta, con riferimento alla congruità in concreto delle sanzioni irrogate,
sia il limite minimo che quello massimo, avendo come riferimento, per la
commisurazione, la pena in astratto stabilita, con la conseguenza che, mutato il
parametro di riferimento, il giudice del merito deve inderogabilmente esercitare il
potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod. pen., anche perché
l’irrogazione di una pena base pari o superiore alla media edittale richiede una
specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art.
133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa,
retributiva e preventiva della pena (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013,

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sanzionatorio, può rilevare d’ufficio, con conseguente annullamento sul punto,

Monterosso, Rv. 255153) e ciò in sintonia con la giurisprudenza costituzionale
sull’art. 27 Cost., comma 3.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, limitatamente alla
determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di
Brescia, perché proceda ad una nuova determinazione della stessa alla luce della
disciplina attualmente vigente.
I ricorsi devono essere nel resto rigettati.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di
Brescia limitatamente al trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto i ricorsi.
Così deciso il 19/11/2015

P.Q.M.

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