Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6679 del 10/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6679 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZUCCARO MAURIZIO N. IL 25/08/1961
avverso l’ordinanza n. 18/2009 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANIA, del 14/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO;

Data Udienza: 10/01/2014

Letta la requisitoria in data 27/05/2013 del Sostituto Procuratore generale
della Repubblica presso questa Corte di cassazione dott. Alfredo Pompeo Viola,
che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 14/12/2012, la Corte di assise di appello di
Catania, in funzione di giudice dell’esecuzione, giudicando in sede di rinvio a

cassazione con sentenza n. 37735/11 del 30/09/2011, ha rigettato l’opposizione
proposta da Maurizio Zuccaro avverso l’ordinanza del 21/12/2010 della Corte di
assise di appello di Catania con la quale, tra l’altro, era stata confermata la
confisca, adottata ai sensi dell’art. 12-sexies, decreto-legge 8 giugno 1992, n.
306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356,
dell’impresa commerciale esercente attività di bar e caffè ubicata in Catania, Via
Vittorio Emanuele, n. 343.
1.1. Per quanto è qui di interesse, la citata sentenza n. 37735/11 della
prima sezione penale di questa Corte di cassazione riteneva inficiato da vizio di
motivazione, statuendone per questa parte l’annullamento, il provvedimento
allora impugnato, che non aveva dato conto di nuove evidenze in grado di
vincere la preclusione costituita dal decreto del 23/02/1996 del Tribunale di
Catania, in funzione di giudice delle misure di prevenzione, che aveva accertato
che l’esercizio commerciale sopra indicato era stato acquistato con l’utilizzo di
capitali di provenienza lecita.
1.2. L’ordinanza della Corte di assise di appello di Catania del 14/12/2012
oggi impugnata rileva che, in epoca successiva alla restituzione disposta dal
Tribunale di Catania in funzione di giudice delle misure di prevenzione, il locale è
stato oggetto di ristrutturazione e dotato di nuovi arredi e attrezzature; si tratta
di un incremento patrimoniale diverso e successivo rispetto all’acquisto iniziale
dell’esercizio commerciale, di cui si deve valutare la proporzione con il reddito
dichiarato o i proventi dell’attività economica del condannato. Ribadito che
Maurizio Zuccaro dal 1993 non risulta aver presentato la dichiarazione dei redditi
e che non è stato possibile acquisire alcuna notizia della situazione economicoaziendale dell’attività, l’ordinanza impugnata osserva che i “nuovi” beni aziendali
sono stati stimati per un valore compreso tra i 5.000 e i 6.000 euro e che la loro
epoca di acquisto è stata fissata nell’ottobre del 2008. La difesa della famiglia
Zuccaro, osserva ancora la Corte di assise di appello, ha prospettato l’acquisto di
tali beni attraverso un contratto di leasing o di locazione finanziaria di altro
genere, trasmettendo all’amministratore giudiziario copia in formato digitale di

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seguito dell’annullamento disposto dalla prima sezione penale di questa Corte di

un documento relativo ad un rapporto di leasing con una società ritenuto
scarsamente leggibile, privo di data certa e in parte anche di sottoscrizione,
sicché non si conosce la sussistenza, la validità e l’efficacia del rapporto stesso. A
prescindere da tali insuperabili carenze, si osserva che il prospettato e non
dimostrato reperimento di risorse medianti prestiti o mutui lascia insoddisfatto
l’onere della giustificazione della legittima provenienza dei fondi necessari per la
corresponsione delle competenze dovute al finanziatore e per la restituzione

2. Avverso l’ordinanza indicata ha proposto ricorso per cassazione
nell’interesse di Maurizio Zuccaro l’avv. Giuseppe Rapisarda, articolando un unico
motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod.
proc. pen., che, richiamando varie pronunce di legittimità, denuncia vizio di
motivazione e violazione di legge con riferimento all’art. 606, comma 1, lett. b),
cod. proc. pen. e all’art. 12-sexies, d.l. n. 306 del 1992. L’ordinanza impugnata,
così come quella oggetto dell’annullamento con rinvio, non ha dato conto,
secondo il ricorrente, di nuove evidenze idonee a superare la preclusione
costituita dal decreto del 23/02/1996 del Tribunale di Catania favorevole al
condannato: a fronte delle risultanze emergenti dalle consulenze prodotte dalla
difesa in ordine alla circostanza che l’esercizio commerciale in questione aveva
rappresentato per la famiglia Zuccaro, dal 1993 al 2003, la principale attività
imprenditoriale, la Corte di assise di appello di Catania indica, quale unico
elemento di novità, la circostanza che in epoca successiva alla restituzione, il
locale era stato ristrutturato e dotato di nuovi arredi e attrezzature. Al riguardo,
si osserva, i limiti individuati dalla giurisprudenza di legittimità all’operatività
dell’effetto ablativo qualora il reimpiego avvenga mediante addizioni,
accrescimenti, trasformazioni o miglioramenti di beni nella disponibilità del
condannato sulla base di un acquisto giustificato devono valere anche quando i
beni da confiscare appartengano a terzi. Con argomentazioni formalistiche,
l’ordinanza impugnata ha sottovalutato il profilo relativo alle modalità di
acquisizione attraverso un contratto di leasing, mentre devono ritenersi di natura
lecita anche i redditi provenienti da attività economica lecita (con onere di
allegazione a carico della parte), pur se non dichiarati a fini fiscali, redditi che
divengono illeciti nella quota-parte che doveva essere versata al fisco. Il
provvedimento del Tribunale di Catania, ha acclarato l’originaria provenienza
lecita dell’esercizio commerciale, che, in assenza di elementi nuovi e non
potendosi considerare tali la successiva ristrutturazione e l’acquisizione di beni
aziendali, per di più in leasing, avrebbe dovuto condurre a una conclusione
opposta rispetto a quella accolta dall’ordinanza impugnata.

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finale dell’erogazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati.
E’ fondata – e, pertanto, il ricorso deve essere accolto

in parte qua

la

censura relativa all’operatività della confisca qualora il reimpiego avvenga
mediante addizioni, accrescimenti, trasformazioni o miglioramenti di beni
acquistati legittimamente. Come questa Corte, infatti, ha già affermato, il bene

giustificata è assoggettabile a confisca ex art. 12-sexies D.L. n. 306 del 1992,
conv. in L. n. 356 del 1992, ma soltanto limitatamente alla quota ideale che
corrisponde a tale incremento di valore: in particolare, «allorché il bene che si
compone di una parte di provenienza lecita e di altra parte di provenienza illecita
non è in alcun modo scindibile, il regime cui è assoggettabile l’intero quantomeno penalisticamente – non può che seguire quello della quota di valore
nettamente prevalente»; in ogni altro caso, invece, «misura ablativa e correlato
sequestro non potranno che essere disposti “pro parte”, in guisa da non cadere
su porzioni del bene suscettibili d’autonoma considerazione e non
significativamente incrementati nel loro valore patrimoniale con l’apporto di
capitali illeciti» (Sez. 1, n. 21079 del 13/05/2010, dep. 04/06/2010, Gentile, Rv.
247579).
Ferma restando la preclusione già rilevata dalla sentenza n. 37735/11 della
prima sezione penale di questa Corte, il nuovo esame cui è chiamato il giudice
del rinvio dovrà uniformarsi ai predetti princìpi. Più in particolare, il giudice del
rinvio dovrà valutare la “scindibilità” del bene acquistato legittimamente dai
miglioramenti ad esso apportati; in caso di esito negativo di tale verifica, dovrà
stabilire a quale delle quote di valore di ciascuna delle due parti riconoscere la
netta prevalenza, laddove, in caso di esito positivo, le valutazioni e le
determinazioni in ordine alla confisca andranno riferite esclusivamente alla parte
relativa ai miglioramenti.
Il carattere preliminare dell’accertamento indicato cui è chiamato il giudice
del rinvio impone di considerare assorbiti gli ulteriori profili del ricorso.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di assise d’appello di
Catania per nuovo esame.
Così deciso il 10/01/2014

legittimamente acquistato e migliorato con denaro di provenienza non

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