Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6678 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6678 Anno 2016
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Di Cesare Giordano, nato a Pescara il 3/9/1976
avverso la sentenza del 12 gennaio 2012 della Corte d’appello di L’Aquila
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pietro
Gaeta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio limitatamente al
trattamento sanzionatorio ed il rigetto del ricorso nel resto.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 gennaio 2012 la Corte d’appello di L’Aquila ha
respinto l’impugnazione proposta da Giordano Di Cesare nei confronti della
sentenza del 14 aprile 2011 del Tribunale di Pescara, che lo aveva condannato,
riconosciuta la circostanza attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R.
309/90, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 6.000 di
multa per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90, per l’illecita detenzione di 49
grammi di cocaina.
Ha escluso la Corte territoriale il prospettato uso personale della sostanza
stupefacente sequestrata, nascosta sotto una siepe nei pressi della abitazione
dell’imputato, presso la quale lo stesso era stato visto prelevare qualcosa e poco
tempo dopo riportarvi un involucro, in considerazione del quantitativo di tale

Data Udienza: 19/11/2015

sostanza (avente – 14,417 grammi di principio attivo, pari a 96 dosi singole) e
della inverosimiglianza della spiegazione fornita dall’imputato a proposito della
disponibilità di tale sostanza (che gli sarebbe stata fornita “a credito”), in
considerazione delle precarie economiche del Di Cesare e del quantitativo,
incompatibile con una cessione di tal genere.
La Corte territoriale ha poi escluso anche la ravvisabilità della attenuante
speciale prevista dal comma 7 del medesimo art. 73 d.P.R. 309/90, ritenendo
insufficiente la mera indicazione del nome del fornitore della sostanza

criminali e ad evitare la commissione di altri delitti, confermando integralmente
la decisione del Tribunale.

2. Per l’annullamento di tale sentenza ha proposto ricorso personalmente
l’imputato, affidato ad un unico motivo, lamentando violazione della legge penale
per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quella
speciale di cui al comma 7 dell’art. 73 d.P.R. 309/90 citato, avendo tenuto un
comportamento processuale meritevole di apprezzamento, avendo tra l’altro
indicato il nascondiglio della sostanza stupefacente, in tal modo sottraendo
risorse rilevanti per la commissione di altri delitti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato, ma la sentenza deve essere annullata per la
rideterminazione della pena.

1. Mediante l’unico motivo di ricorso l’imputato ha lamentato il mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella speciale di cui all’art. 73,
comma 7, d.P.R. 309/90, prospettando al riguardo violazione di legge penale.
La Corte d’appello ha, però, correttamente escluso la possibilità di
riconoscere tali attenuanti, ritenendo insufficiente a tale scopo la sola indicazione
da parte dell’imputato del nome del fornitore della sostanza stupefacente dallo
stesso detenuta (essendo la sostanza stata rinvenuta dagli operanti e non a
seguito delle indicazioni dell’imputato), non avendo tale indicazione condotto ad
alcun risultato utile, in termini di sottrazione di risorse, individuazione di
responsabilità o prevenzione di altri reati.
Tale motivazione costituisce corretta applicazione del consolidato principio
secondo cui la previsione di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/90 (riduzione
della pena per chi si adoperi per evitare che il delitto venga portato ad ulteriori
conseguenze) presuppone l’esistenza di un concreto e determinante contributo
nella neutralizzazione di nuovi danni o delitti, o una collaborazione con l’autorità

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stupefacente, disgiunta da altre indicazioni utili alla sottrazione di risorse

che consenta l’individuazione di fornitori o la sottrazione di importanti risorse
attinenti il traffico di sostanze stupefacenti, in modo che il risultato sia la
conseguenza diretta della collaborazione (Sez. 3, Sentenza n. 47245 del
30/11/2005, Barbieri, Rv. 233014; conf. Sez. 3, Sentenza n. 23942 del
01/10/2014, Paternoster, Rv. 263642; Sez. 3, Sentenza n. 21624 del
15/04/2015, R., Rv. 263822; Sez. 6, Sentenza n. 35995 del 23/07/2015,
Jayasekara Gamini, Rv. 264672). Nel caso di specie, come notato, l’indicazione
da parte dell’imputato del nome del fornitore della sostanza stupefacente non ha

presupposti di applicabilità della attenuante speciale di cui l’imputato ha
lamentato il mancato riconoscimento.
I medesimi rilievi sono, poi, correttamente stati posti a fondamento, in
assenza di altri elementi o circostanze di segno positivo, del diniego delle
circostanze attenuanti generiche, essendo sufficiente per giustificare tale
mancato riconoscimento il riferimento all’elemento ritenuto decisivo (nella specie
costituito dalla non significatività della collaborazione), non essendo necessario
prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle
parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o
comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (Sez. 3, Sentenza n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Ne consegue l’infondatezza dell’unico motivo di ricorso.

2. La sentenza in esame deve, però, nonostante l’infondatezza dell’unico
motivo di ricorso, essere annullata, essendosi tenuto conto nel determinare la
pena della cornice edittale prevista dalla normativa previgente, potendo rilevarsi
anche d’ufficio la sopravvenuta entrata in vigore di un trattamento sanzionatorio
più favorevole, in quanto le Sezioni Unite con la sentenza n. 46653 del
26/6/2015 (Della Fazia, Rv. 265111) hanno chiarito che “La Corte di Cassazione,
nel caso di ricorso inammissibile per qualunque ragione e con il quale non
vengano proposti motivi riguardanti il trattamento sanzionatorio, può rilevare
d’ufficio, con conseguente annullamento sul punto, che la sentenza impugnata
era stata pronunziata prima dei mutamenti normativi che hanno modificato il
trattamento sanzionatorio in senso favorevole all’imputato; ciò anche nel caso in
cui la pena inflitta rientri nella cornice edittale sopravvenuta alla cui luce il
giudice di rinvio dovrà riesaminare tale questione”.
Nella vicenda in esame la illecita detenzione di cocaina da parte
dell’imputato è stata ricondotta all’ipotesi di minore gravità di cui all’art. 73,
comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990. Tale fattispecie – che costituisce ora reato
autonomo – è attualmente punita, in forza della più favorevole disciplina vigente,
introdotta dall’art. 1, comma

24-ter, lettera a), del d.l. n. 36 del 2014,

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condotto ad alcun risultato ulteriore, con la conseguente corretta esclusione dei

convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79 del 2014, con le pene massime di
quattro anni di reclusione ed euro 10.329,00 di multa.
Nel caso in esame, il Tribunale (con valutazione confermata dalla Corte
distrettuale), nella vigenza della precedente disciplina, che prevedeva le pene
della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000, ha
determinato la pena finale in anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 6.000
di multa, dunque in misura sensibilmente superiore ai minimi edittali
attualmente previsti dalla più favorevole disciplina sopravvenuta.

sanzionatorio complessivo, nella considerazione che il giudice, nel determinare la
pena, valuta, con riferimento alla congruità in concreto delle sanzioni irrogate,
sia il limite minimo che quello massimo, avendo come riferimento, per la
commisurazione, la pena in astratto stabilita, con la conseguenza che, mutato il
parametro di riferimento, il giudice del merito deve inderogabilmente esercitare il
potere discrezionale conferitogli dagli artt. 132 e 133 cod. pen., anche perché
l’irrogazione di una pena base pari o superiore alla media edittale richiede una
specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art.
133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa,
retributiva e preventiva della pena (Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013,
Monterosso, Rv. 255153) e ciò in sintonia con la giurisprudenza costituzionale
sull’art. 27 Cost., comma 3.
La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata, limitatamente alla
determinazione della pena, con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, perché
proceda ad una nuova determinazione della stessa alla luce della disciplina
attualmente vigente.
Il ricorso deve essere nel resto rigettato.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio,
con rinvio alla Corte d’appello di Perugia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 19/11/2015

Ciò comporta la necessità di una rideterminazione del trattamento

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