Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6675 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6675 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Segreto Giuseppe, nato ad Aversa il 22/01/1960

avverso l’ordinanza del 05/07/2013 del Tribunale della libertà di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato, in parziale riforma dell’ordinanza del
Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Napoli del 21/05/2013,
veniva confermata la sussistenza di gravi indizi ed esigenze cautelari nei
confronti di Giuseppe Segreto per i reati di cui agli artt. 416 e 453 cod. pen.,
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Data Udienza: 18/12/2013

commessi partecipando ad un’associazione diretta alla produzione ed allo
smercio di banconote in euro contraffatte, e mettendo in circolazione più
quantitativi di dette banconote. L’ordinanza applicativa veniva riformata con la
sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con quella degli
arresti domiciliari.
L’indagato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1.

Sulla sussistenza dei gravi indizi in ordine al reato associativo, il

ricorrente deduce violazione di legge e mancanza di motivazione nel riferimento

Claudio Celani, dalle quali emergevano rapporti limitati alla commissione di
determinate operazioni, all’arresto del coindagato Faye Diemba il 19/05/2010
con 192 banconote false appena acquistate dai fratelli Celani, dopo che un
contatto fra l’indagato e Claudio Celani il giorno precedente non aveva avuto
esito e l’unica telefonata fra i due quel 19 maggio avveniva dopo l’arresto del
Faye, ed a mere congetture sull’esistenza di un apparato organizzativo destinato
a fornire banconote false a tutti i possibili acquirenti. Lamenta comunque
l’insufficienza delle intercettazioni a motivare il requisito della gravità indiziaria in
ordine al ruolo di promotore dell’associazione attribuito all’indagato.
2. Sulla sussistenza di gravi indizi in ordine al reato di cui all’art. 453 cod.
pen. piuttosto che a quello di cui all’art. 455 cond. pen., il ricorrente deduce
violazione di legge e mancanza di motivazione sul presupposto qualificante della
prima ipotesi, costituito dal concerto con il falsificatore o con un intermediario,
desunto unicamente dal numero delle banconote sequestrate al coindagato
straniero.
3. Sulla sussistenza delle esigenze cautelari, il ricorrente deduce mancanza
di motivazione in ordine al decorso di tre anni dai fatti, al limitato periodo
temporale in cui si svolgevano le conversazioni intercettate ed all’incensuratezza
del l’indagato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza dei gravi indizi in ordine al
reato associativo sono infondati.
Nel provvedimento impugnato, i rapporti fra gli indagati erano ricostruiti, in
base ai contenuti delle intercettazioni telefoniche ed alle dichiarazioni dei fratelli
Celani, nel senso dell’esistenza di un costante rapporto di fornitura di banconote
contraffatte da parte degli stessi Celani, tramite Raffaele Guidetti, nei confronti
di Roberto Di Lucrezio, promotore di altra associazione criminosa, e Faye
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ad un ridotto numero di intercettazioni telefoniche intervenute con il coindagato

Diemba; e, in tale ambito, del rivolgersi i Celani ed il Guidetti al Segreto in
corrispondenza della ricezione degli ordinativi di banconote da parte degli altri
soggetti indicati. L’oggetto di uno di detti ordinativi veniva individuato in 192
false banconote da €.20, sequestrate al Diemba il 19/05/2010 dopo essere state
allo stesso consegnate dai Celani; ed a questo proposito i rilievi del ricorrenti
sull’asserita infruttuosità dei precedenti contatti di questi ultimi con il Segreto
sono privi di decisività, in quanto superati, nel coerente percorso logico seguito
dal Tribunale, dal successivo reperimento di un consistente quantitativo di

A questo punto, l’argomentazione dei giudici di merito, per la quale tali
rapporti integravano uno stabile apparato organizzativo che trascendeva i singoli
fatti delittuosi, si presenta come tutt’altro che congetturale, ma piuttosto come
una lettura priva di vizi logici di una situazione nella quale il Segreto interveniva
ripetutamente e tempestivamente nel soddisfare richieste di fornitura di
banconote false, anche in quantitativi ragguardevoli. Il riferimento del ricorso ai
contatti materialmente tenuti dall’indagato con il solo Claudio Celani veniva
adeguatamente valutato e ritenuto irrilevante nell’ordinanza impugnata, ove si
osservava come tale circostanza non fosse incompatibile con la descritta
dimensione associativa; e non decisivo, per le stesse ragioni, è l’ulteriore rilievo
del ricorrente sulla presenza di altri fornitori dei Celani, nel momento in cui il
Tribunale sottolineava la regolarità delle consegne garantite dal Segreto rispetto
alle esigenze dei coindagati.
Per quanto riguarda il ruolo di promotore attribuito al Segreto, il lamentato
vizio di carenza motivazionale è insussistente, nel momento in cui il Tribunale
fondava specificamente le proprie conclusioni su indizi desunti dalla maggiore
prossimità del Segreto rispetto ai produttori della false banconote piuttosto che
agli spacciatori delle stesse, emergente da una conversazione fra il Guidetti e
Massimo Celani nella quale si discuteva della distribuzione fra gli stessi e
l’indagato del ricavato della cessione delle banconote.

2. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza di gravi indizi in ordine al reato
di cui all’art. 453 cod. pen., piuttosto che a quello di cui all’art. 455 cod. pen.,
sono anch’essi infondati.
Va premesso che il concerto con l’autore della contraffazione o con un
intermediario, indicato nella disposizione di cui all’art. 453, n. 3, cod. pen. e per
il quale il ricorrente lamenta la dedotta carenza probatoria, non costituisce
l’unico possibile elemento distintivo della responsabilità di chi detiene o pone in
circolazione le monete contraffatte per tale ipotesi incriminatrice rispetto a
quella, più favorevole, prevista dal successivo art. 455; ricorrendo la prima
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banconote.

ipotesi, ai sensi della successiva disposizione di cui al n. 4 dell’art. 453, anche
laddove il soggetto abbia semplicemente ricevuto le monete dal falsificatore o
dall’intermediario, fattispecie che, come risulta dall’ordinanza impugnata, è
anch’essa specificamente addebitata all’indagato.
Orbene, il provvedimento impugnato era ampiamente motivato con riguardo
alla ravvisabilità, nei confronti del Segreto, quanto meno di quest’ultima ipotesi.
E tale motivazione, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, non era
fondata solo sull’elevato numero della banconote sequestrate, ma anche sulla

non illogicamente ritenuti, nella loro concomitanza, gravemente indizianti della
diretta ricezione delle banconote dal falsificatore o da un intermediario. Tanto
essendo già sufficiente ai fini dell’esistenza del presupposto probatorio per la
ravvisabilità del reato di cui all’art. 453 cod. pen., non va sottaciuto che il
concerto previsto dalla norma incriminatrice può consistere in una qualsiasi
intesa anche mediata, la quale non richiede né una particolare prossimità fra i
falsificatori, gli intermediari e i detentori né l’essere o meno noti a questi ultimi
tutti i soggetti precedenti nella filiera dell’illecito traffico; indizi probanti dello
stesso possono pertanto essere rinvenuti anche in elementi quali quelli sopra
indicati (Sez. 5, n. 2522 del 21/02/1995, Marogna, Rv. 200677; Sez. 5, n.
26189 del 03/06/2010, Cuius Iuculano, Rv. 247903).

3. I motivi di ricorso relativi alla sussistenza delle esigenze cautelari sono
infondati.
Il punto era oggetto, nel provvedimento impugnato, di una motivazione
fondata sulla rilevante disponibilità di banconote contraffatte da parte
dell’indagato e sullo stretto collegamento dello stesso con una rete di soggetti
dediti alla falsificazione ed al commercio delle monete. L’argomentazione implica
necessariamente, nel richiamo allo stabile inserimento dell’indagato nello
specifico ambiente criminoso oggetto del procedimento, un giudizio di irrilevanza
del tempo trascorso dai fatti, della durata degli stessi e dell’incensuratezza del
Segreto; elementi rispetto ai quali è pertanto insussistente il dedotto vizio di
mancanza di motivazione.
Il ricorso deve pertanto esser rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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circostanza per la quale molte di esse recavano gli stessi numeri seriali; elementi

Così deciso in Roma il 18/12/2013

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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