Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6673 del 18/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6673 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Masi Cary Vincent, nato a New York City (Stati Uniti d’America) il 22/01/1975

avverso l’ordinanza del 03/04/2013 del Tribunale della libertà di Firenze

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso in via principale per la rimessione alle Sezioni
Unite onde dirimere il contrasto di giurisprudenza sul punto se il giudice debba o
meno individuare il bene da attingere quale equivalente del profitto, e in
subordine per il rigetto del ricorso;

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Data Udienza: 18/12/2013

RITENUTO IN FATTO

Con il provvedimento impugnato venivano respinte le richieste di riesame
proposte da Cary Vincent Masi, legale rappresentante della Kelden Forti Inc. e
della Sieg s.r.I., avverso il decreto del Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Firenze del 13/04/2012, con il quale veniva disposto il sequestro
preventivo per equivalente di beni riconducibili a Stefano Cevolo, indagato per il
reato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, e il decreto di individuazione

22/01/2013, per effetto del quale il sequestro veniva eseguito sulle quote di
partecipazione della Kelsen Forti nella Sieg. Il Tribunale riteneva in particolare le
richieste proponibili solo all’autorità giudiziaria procedente, in quanto vertenti
non su un vizio genetico del provvedimento dispositivo del sequestro ma su un
aspetto esecutivo dello stesso, potendosi ricorrere all’appello unicamente
avverso l’eventuale provvedimento reiettivo delle istanze in quella sede.
Il terzo opponente ricorre sul punto e deduce violazione di legge per
contrasto con l’art. 322, comma primo, cod. proc. pen., laddove lo stesso
prevede che avverso il provvedimento di sequestro possa essere proposta
richiesta di esame anche dalla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
Osserva che se in effetti le richieste di riesame vertevano principalmente, pur se
non esclusivamente, sull’individuazione dei beni ritenuti nella disponibilità
dell’indagato, nel caso di specie la misura cautelare veniva disposta con un
provvedimento sostanzialmente unico ed a formazione progressiva, nel quale
erano indissolubilmente collegati il decreto del giudice per le indagini preliminari
e quello del pubblico ministero; e denuncia la disparità di trattamento nella quale
verrebbero a trovarsi i terzi in tutti i casi nei quali l’individuazione dei beni da
sottoporre a sequestro sia demandata al pubblico ministero, in quanto privati
della possibilità dell’immediato ricorso al tribunale della libertà con i maggiori
poteri cognitivi di cui lo stesso dispone rispetto al giudice per le indagini
preliminari, potendo esaminare anche il provvedimento genetico nel merito e su
aspetti diversi da quelli indicati nei motivi di riesame.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è infondato.
Il provvedimento impugnato delimitava l’oggetto delle richieste di riesame
presentate dal Masi nell’inclusione,• fra i beni dei quali era stato disposto il
sequestro in quanto di fatto detenuti dall’indagato Cevolo, di quelli della Sieg e
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dei beni emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze il

delle quote di partecipazione della Kelsen Forti in quest’ultima società, e nella
discussione dell’effettiva riconducibilità di detti beni al Cevolo.
Dall’esame del decreto di individuazione emesso dal Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Firenze, e richiamato nell’ordinanza impugnata,
risulta che il precedente decreto del Giudice per le indagini preliminari in sede
disponeva unicamente il sequestro dei beni facenti parte, anche per interposta
persona, del patrimonio del Cevolo, demandandone l’esecuzione al pubblico
ministero; nel cui provvedimento la Sieg era ritenuta ricompresa fra le entità da

Tributaria di Firenze, dalla quale risultava che la Sieg era controllata per l’1 0/0 dal
Cevolo e per il 99% dalla società statunitense Kelsen Forti, rappresentata
legalmente in Italia dal Cevolo fino al maggio del 2012.
Non vi è dubbio, dunque, che le richieste rigettate con il provvedimento
impugnato avessero ad esclusivo oggetto l’individuazione dei beni sequestrati in
quanto riferibili al Cevolo, e che tale oggetto coincidesse interamente con quello
del decreto di individuazione del pubblico ministero. Il ricorrente non contesta
del resto queste conclusioni, limitandosi ad un generico accenno, peraltro privo
di riscontri nel contenuto dei provvedimenti in atti, all’essere le richieste riferite
anche a diversi e non meglio precisati aspetti. Le censure proposte con il ricorso,
valutabili in questa sede, si incentrano esclusivamente sul tema
dell’ammissibilità della diretta impugnazione del decreto di individuazione in sede
di riesame; non è invece contestata la possibilità che a detto decreto sia
interamente affidata l’identificazione dei beni da sequestrare, questione sulla
quale, in quanto nella specie non devoluta a questa Corte, non vi è luogo per la
rimessione alle Sezioni Unite sollecitata dal Procuratore generale.
Orbene, le ragioni del soggetto colpito dal provvedimento di sequestro
finalizzato alla confisca per equivalente, anche laddove lo stesso si identifichi in
un terzo interessato per il proprio formale rapporto con i beni sequestrati,
possono sicuramente essere fatte valere anche nei confronti del provvedimento
del pubblico ministero che, in esecuzione del decreto di sequestro emesso dal
giudice per le indagini preliminari, abbia in concreto individuato i predetti beni.
Gli strumenti predisposti per la tutela giurisdizionale di tali ragioni non possono
tuttavia identificarsi nella richiesta di riesame. E’ ben vero che, come rilevato dal
ricorrente, l’art. 322 cod. proc. pen. consente la proposizione di tale richiesta
anche al terzo interessato. Tanto è tuttavia previsto dalla norma limitando
espressamente i provvedimenti impugnabili al «decreto di sequestro emesso dal
giudice» (Sez. U, n. 21334 del 31/05/2005, Napolitano, Rv. 231055), e d’altra
parte richiamando le forme procedurali di cui al successivo art. 324, che a sua
volta fa riferimento altrettanto esplicito al «provvedimento che ha disposto il

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sottoporre a sequestro in base al contenuto di una nota del Nucleo di Polizia

sequestro»; mentre il decreto di individuazione non dispone il sequestro,
ordinato sia pure in via generica dal decreto del giudice per le indagini
preliminari del quale il primo costituisce mero atto esecutivo, e comunque è
emesso dal pubblico ministero e non dal giudice. Avverso il decreto di
individuazione possono essere invece attivati i diversi rimedi costituiti dall’istanza
di restituzione dei beni individuati e, in caso di rigetto della stessa, dalla
proposizione dell’appello in sede cautelare nei confronti del provvedimento
reiettivo (Sez. 3, n. 12580 del 25/02/2010, Baruffa, Rv. 246444; Sez. 3, n. 7675
del 10/01/2012, Maione, Rv. 252095; Sez. 3, n. 10567 del 12/07/2012
(07/03/2013), Falchero, Rv. 254918), secondo quanto previsto dall’art. 322-bis
cod. proc. pen. per i casi, per l’appunto, non ricompresi nella disciplina di cui al
precedente art. 322.
Correttamente, pertanto, il Tribunale riteneva che le richieste presentate
nell’interesse del Masi fossero state proposte in sede diversa da quella loro
propria. Conclusione conseguente sarebbe stata per il vero quella di riqualificare
dette richieste quali istanze di restituzione dei beni, trasmettendole all’autorità
giudiziaria competente. La mancanza di termini preclusivi per la proposizione di
dette istanze non dà tuttavia luogo all’adozione di tale soluzione in questa sede.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 18/12/2013

Il Consigliere/ ore

Il

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