Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6672 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6672 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NAPOLI ROCCO N. IL 13/12/1979
avverso l’ordinanza n. 253/2013 TRIB. LIBERTA’ di TORNO, del
14/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;

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Data Udienza: 10/12/2013

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr. Fulvio Baldi, ha concluso
chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Nell’interesse di Della Ratta Antonio e Andrè Monica è presente l’avvocato Mario Papa
del foro di Napoli, presente altresì per Basile Cosimo, quale difensore di fiducia in
questa sede. L’avv. Papa conclude chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

l’ordinanza emessa il 1 febbraio 2013 dal Tribunale di Torino che aveva respinto
l’istanza di revoca della misura di custodia cautelare in carcere applicata nei
confronti dell’appellante, deducendo l’insussistenza delle esigenze cautelari, sotto il
profilo del pericolo di reiterazione della condotta criminosa. In particolare, Napoli
Rocco, ragazzo di giovane età, incensurato e sottoposto alla misura della custodia
cautelare in carcere per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p. per essere stato
ritenuto coinvolto nella “società minore” insediata a Torino e facente parte
dell’associazione di tipo mafioso ‘ndrangheta, ha dedotto di non avere commesso
alcun reato di scopo dell’associazione, di non avere rivestito cariche o doti della
società maggiore e di avere trascorso un lungo periodo di detenzione (20 mesi),
beneficiando anche del parere favorevole del Pubblico Ministero sulla richiesta di
revoca della misura.
2. Il Tribunale di Torino, Sezione del Riesame, con ordinanza del 14 marzo 2013 ha
rigettato l’appello, evidenziando che alla stessa “società minore” denominata Locale
di Natile di Careri a Torino appartenevano il padre, Girolamo Napoli, avente la dote
di Santa, lo zio Saverio, avente la medesima dote e lo zio Francesco appartenente
alla società minore. Tali elementi evidenziavano uno specifico profilo di pericolosità
del vincolo associativo, strettamente connesso al legame di sangue con soggetti
organicamente inseriti in posizioni importanti della organizzazione criminale.
3. Avverso tale decisione i difensori di Napoli Rocco hanno proposto ricorso per
Cassazione lamentando il vizio di motivazione mancante o insufficiente, illogica e
apodittica ai sensi dell’articolo 606 lettera e) c.p.p ed hanno depositano note di
udienza in data 2 dicembre 2013 richiamando la giurisprudenza in tema di articolo
275 del codice di rito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’unico motivo di doglianza la difesa di Napoli Rocco ha lamentato il vizio di
motivazione mancante o insufficiente, illogica e apodittica, attesa l’assenza di
elementi dai quali desumere un concreto pericolo di reiterazione del reato in

1. Con appello dell’8 febbraio 2013 il difensore di Napoli Rocco ha impugnato

considerazione dei due elementi costituiti dal congruo presofferto carcerario, dalla
pregressa incensuratezza alla quale occorre aggiungere la inconsistenza
dell’estemporanea attribuzione di una carica mafiosa, priva di condotta.
2. Con le note di udienza del 2 dicembre 2013 la difesa ha, poi, evidenziato che la
presunzione prevista dall’articolo 275 del codice di rito va interpretata nel senso che
la presunzione ha ad oggetto l’adeguatezza del tipo di custodia, ma non anche
l’obbligatorietà della stessa, per cui il parametro della concretezza del pericolo di

personalità dell’imputato, tali da consentire di affermare che questi possa,
verificandosene l’occasione, commettere i medesimi reati.
3. Il ricorso è inammissibile consistendo in doglianze generiche e prive di specificità
sulla configurabilità del reato di cui all’art. 416 bis c.p. e sulle esigenze cautelari, in
ordine alle quali il Tribunale ha adeguatamente motivato. Occorre premettere che in
caso di ricorso per cassazione avverso un provvedimento di riesame in tema di
misure cautelari personali, allorché sia denunciato -come nel caso di specie- vizio di
motivazione, le doglianze attinenti alla sussistenza o meno dei gravi indizi di
colpevolezza o delle esigenze cautelari possono assumere rilievo solo se rientrano
nella previsione di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., se cioè integrano il vizio
di mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Esula, quindi, dalle funzioni
della Cassazione la valutazione della sussistenza o meno dei gravi indizi e delle
esigenze cautelari, essendo questo compito primario ed esclusivo dei giudici di
merito e, in particolare, prima, del giudice al quale è richiesta l’applicazione della
misura e, poi, eventualmente, del giudice del riesame (Cassazione penale , sez. II,
17 settembre 2008, n. 39504). Nel caso di specie certamente non ricorre l’ipotesi del
vizio di motivazione mancante, illogica e apodittica prospettata dalla difesa poiché il
Tribunale ha adeguatamente evidenziato i profili specifici di pericolosità del vincolo
associativo, strettamente collegati al legame di sangue con soggetti inseriti in
posizioni rilevanti della organizzazione criminale. Infatti, alla “società minore”
denominata Locale di Natile di Careri a Torino appartenevano il padre, Girolamo
Napoli, avente la dote di Santa, lo zio Saverio, avente la medesima dote e lo zi
Francesco appartenente alla società minore. Tali elementi evidenziano uno specifico
profilo di pericolosità.
4. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del
06/07/2007 – dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore

reiterazione va ancorato a fatti oggettivi e indicativi dell’inclinazione e della

della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare
in Euro 1.000,00.
P.T.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in Roma il 10 dicembre 2013

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp.att. c.p.p.

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