Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6667 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6667 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SIBILLA MICHELE N. IL 26/09/1979
8b3,1
avverso la sentenza n. 14740/2010 GIP TRIBUNALE di TARANTO,
del 23/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 05/12/2012

Con sentenza del 23 dicembre 2011, il Gip del Tribunale di Taranto, sull’accordo delle
parti, ha applicato a Sibilla Michele -imputato dei delitti di cui agli artt. 73, 80 co. 2 del d.p.r.
n. 309/90 e 337 cod. pen.- esclusa l’aggravante contestata, riconosciute le circostanze
attenuanti generiche con giudizio di equivalenza rispetto alla recidiva, ritenuta la
continuazione tra i reati, con la diminuente del rito, la pena complessiva di cinque anni di
reclusione e 22.000,00 euro di multa.
Avverso detta sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce violazione
di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata in relazione alla mancata verifica,
da parte del giudice, della sussistenza delle condizioni per l’applicazione dell’art. 129 cod.
proc. pen.
Considerato in diritto.
Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che generico.
In realtà, contrariamente a quanto si sostiene dal ricorrente, il giudice, nell’applicare la
pena concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali si presentava
evidente l’assenza dei presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata, anche per
essere stato l’imputato arrestato in flagranza di reato.
Il ricorrente, d’altra parte, non indica le ragioni per le quali ritiene che avrebbe dovuto
applicarsi la predetta norma e non considera, nel formulare le proprie generiche censure, che
al giudice, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi
motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi
dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la
corretta qualificazione degli stessi e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito cui, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito.
Il ricorso deve essere, dunque, dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una sonuna che si ritiene equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2012.

Ritenuto in fatto.

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