Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6666 del 17/01/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6666 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso presentato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Rimini nel
procedimento nei confronti di:
Armijos Duchilea Jhonny Fernando, nato in Ecuador, il 16/7/1983;

Data Udienza: 17/01/2014

avverso la sentenza del 27/11/2012 del Tribunale di Rimini;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Francesco Salzano, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento
impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 27 novembre 2012 il Tribunale di Rimini assolveva Armijos Duchilea
Jhonny Fernando dall’imputazione di contraffazione di una patente ecuadoriana a suo

Id

nome, ritenendo l’insussistenza del fatto in ragione della circostanza per cui, essendo
l’imputato residente nel territorio italiano da più di un anno, il documento ritenuto falso
non aveva alcuna validità ai sensi dell’art. 135 Cod. Strada.
2. Avverso la sentenza ricorre il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Rimini
deducendo violazione di legge e correlati vizi motivazionali. Rileva in proposito il
pubblico ministero ricorrente come il Tribunale avrebbe dedotto la risalenza della
residenza dell’imputato dal conseguimento, oltre un anno prima del fatto, del permesso

nel comune della presunta residenza, circostanza che vizierebbe in radice il
ragionamento seguito dal giudicante, evidenziando l’ingiustificata mancata applicazione
degli artt. 477 e 482 c.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso del pubblico ministero è inammissibile.
A prescindere dal fatto se la falsificazione non grossolana della patente di guida
rilasciata da uno Stato estero possa costituire reato qualora sussistano le condizioni di
validità di tale documento ai fini della conduzione di un veicolo anche nel nostro Paese,
come fissate dagli artt. 135 e 136 C.d.S., come affermato in precedente occasione da
questa Corte (Sez. 5, n. 12693 dell’8 marzo 2007, P.G. in proc. Aghohawa, Rv.
236180), deve innanzi tutto rilevarsi che il vizio denunciato dal pubblico ministero
ricorrente è in sostanza quello del travisamento della prova relativa al fatto storico da
cui dipenderebbe l’applicazione delle norme che, nella prospettazione accolta dal
giudice di merito, impediscono di attribuire rilevanza penale alla condotta dell’imputato.
E’ allora necessario ricordare come, ai sensi delle modifiche apportate all’art. 606
comma 1, lett. e) c.p.p., il vizio di motivazione rilevante può risultare, oltre che dal
testo del provvedimento impugnato, anche “da altri atti del processo”, purché siano
“specificamente indicati nei motivi di gravame”. Ciò comporta, in altre parole, che
all’illogicità intrinseca della motivazione (cui è equiparabile la contraddittorietà logica
tra argomenti della motivazione), caratterizzata dal limite della rilevabilità testuale, si è
affiancata la contraddittorietà tra la motivazione e l’atto a contenuto probatorio.
L’informazione “travisata” (la sua esistenza – inesistenza) o non considerata deve,
peraltro, essere tale da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso.
Inoltre, la nuova disposizione impone, ai fini della deduzione del vizio di motivazione,
che l’atto del processo” sia, come già ricordato, “specificamente indicato nei motivi di
gravame”.
Sul ricorrente, dunque, grava, oltre all’onere di formulare motivi di impugnazione
specifici, anche quello di individuare ed indicare gli atti processuali che intende far
valere (e di specificare le ragioni per le quali tali atti, se correttamente valutati,

di soggiorno, mentre dagli atti emergerebbe che egli sia anagraficamente sconosciuto

avrebbero dato luogo ad una diversa pronuncia decisoria), onere da assolvere nelle
forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione.
Nel caso di specie il pubblico ministero non si è attenuto a questi oramai consolidati
principi, essendosi limitato nel ricorso ad evocare in maniera del tutto generica il
documento che smentirebbe l’assunto recepito in sentenza (e cioè che l’imputato fosse
da oltre un anno residente nel comune di Rimini), peraltro non allegato al ricorso.

Dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso il 17/1/2014

P.Q.M.

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