Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6661 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6661 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MABILIA FRANCESCO N. IL 25/02/1983
avverso la sentenza n. 5126/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
20/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

Motivi della decisione
Mabilia Francesco ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
della Corte di Appello di Napoli resa il 20.05.2011, con la quale, in parziale riforma
della sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Avellino in data 10.07.2008, in
ordine al reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 (capo a) ed ex art. 4 legge n.
110/75 (capo b), dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato con
riferimento al reato di cui al capo b), rideterminando la pena in ordine al reato di
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio motivazionale, in riferimento
alla effettiva destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente.
Sotto altro aspetto, la parte denuncia il difetto logico di motivazione, con
riguardo alla entità del trattamento sanzionatorio.
Il ricorso è inammissibile.
Soffermandosi sul primo motivo di ricorso, giova considerare che la
giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto, pressocchè
costantemente, che l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606,
comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quella evidente, cioè di spessore tale da
risultare percepibile ictu °culi, in quanto l’indagine di legittimità sul discorso
giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato
demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di
verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (cfr. Cass.
Sez. U sentenza n. 12 del 31/05/2000, dep. 23/06/2000, Rv. 216260). Si è pure
chiarito che “esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via
esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità, la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata,
valutazione delle risultanze processuali” (Cass. Sez. U 30.4.1997, Dessimone). Ed
invero, in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass.
23.03.1995, n. 1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data
8.05.2009, dep. 28.05.2009, Rv. 244181). Del resto, nel caso di specie, la Corte di
Appello ha del tutto conferentemente rilevato che il quantitativo di sostanza
stupefacente a disposizione dell’imputato, le modalità di occultamento della droga
ed il valore commerciale della sostanza rispetto alla capacità patrimoniale del
prevenuto, erano evenienze del tutto incongrue rispetto alla dedotta finalità del
consumo personale.

cui al capo a).

Con riguardo al secondo motivo di ricorso, si osserva poi che la decisione
impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa
appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria della
pena. E’ appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di
comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte
36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez.
VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti,
effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass.
sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie. La Corte territoriale, infatti, rispetto
alla fattispecie attenuata di cui al comma V, dell’art. 73, d.P.R. n. 309/1990, ha
fissato la pena base in anni uno mesi nove di reclusione ed C 3.000,00 di multa,
valutati i criteri di cui all’art. 133 cod. pen., in misura prossima al minimo edittale.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 5 dicembre 2012.

non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n.

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