Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 665 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 665 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Sparacia Giovanni, nato a Palermo il 28/06/1951
quale parte civile nel procedimento nei confronti di
Celesia Francesco, nato a Palermo il 21/07/1956

avverso la sentenza del 03/10/2012 del Tribunale di Palermo

gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giovanni D’Angelo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile ricorrente l’avv. Alessandro Campo, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso depositando nota spese;

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Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza assolutoria
del Giudice di pace di Palermo dell’08/07/2011, appellata dalla parte civile,
Francesco Celesia veniva ritenuto responsabile ai fini civili del reato di cui all’art.
594 cod. pen., commesso in Palermo il 28/04/2005 in danno di Giovanni
Sparacia rivolgendogli l’epiteto «cornuto», e condannato al risarcimento dei
danni in favore dello Sparacia, mentre era confermata l’assoluzione del Celesia,

come commesso il 21/04/2005 collocando un cero votivo vicino alla saracinesca
della rimessa dello Sparacia.
La parte civile ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sull’esclusione della responsabilità dell’imputato per il reato di minaccia, il
ricorrente deduce illogicità del giudizio di inattendibilità delle dichiarazioni della
parte offesa, rispetto ad una condotta documentata dalle riprese delle
videocamere di sorveglianza ed ammessa dallo stesso imputato, della viceversa
ritenuta attendibilità delle dichiarazioni dei figli dell’imputato sull’essersi
quest’ultimo limitato a restituire, ponendolo dinanzi alla rimessa della persona
offesa, il cero votivo che la stessa aveva precedentemente collocato
sull’autovettura del Celesia, e della svalutazione del significato intimidatorio della
condotta, non esaminato in relazione alle ammissioni dell’imputato ed alle
dichiarazioni del teste Siino sull’atteggiamento complessivamente minaccioso del
Celesia nei confronti dei condomini.
2. Sulla determinazione del danno per il reato di ingiuria, il ricorrente
deduce illogicità del riferimento alla situazione conflittuale fra le parti, nel
momento in cui lo Sparacia aveva sempre subito offese e minacce.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il motivo di ricorso relativo all’esclusione della responsabilità dell’imputato
per il reato di minaccia è infondato.
Il fatto che la condotta contestata all’imputato, ossia il posizionamento del
cero votivo dinanzi alla rimessa della persona offesa, fosse stata documentata
dalle videoriprese, non veniva trascurato dal Tribunale, che non metteva in
dubbio la sussistenza della condotta in quanto tale; cosi come sì dava atto nella
sentenza impugnata delle manifestazioni violente precedentemente esercitate
dall’imputato proprio sulla saracinesca di quella rimessa. I giudici di merito
osservavano però che l’imputato, egli neppure negando la circostanza, aveva
2

fra l’altro, dall’imputazione del reato di cui all’art. 612 cod. pen., contestato

..
A’ specificato come il cero fosse stato inizialmente collocato dalla parte offesa sul
tetto della sua autovettura, parcheggiata davanti alla rimessa, e come la sua
condotta si fosse risolta semplicemente nella restituzione dell’oggetto; e che tale
versione aveva trovato riscontro nelle dichiarazioni dei figli dell’imputato, in
conclusione non potendo ritenersi raggiunta la prova di un gesto in quel caso
volutamente minaccioso. Tale argomentazione risulta priva di vizi logici; e le
censure del ricorrente si risolvono in difformi valutazioni di merito
sull’attendibilità delle versione difensiva e sul persistente significato minaccioso

della condotta, come tali non rilevanti in sede di legittimità.

2. Anche il motivo di ricorso relativo alla determinazione del danno per il
reato di ingiuria è infondato.
La sussistenza e l’entità del danno morale conseguente al reato sono
oggetto di una valutazione equitativa rimessa al prudente apprezzamento del
giudice di merito e non sindacabile in questa sede, se sorretta da adeguata
motivazione (Sez. 5, n. 9182 del 31/01/2007, Romeo, Rv. 236262; Sez. 3, n.
34209 del 17/06/2010, Ortolan, Rv. 248371). Per l’appunto trattandosi nella
specie di danno morale, il riferimento della sentenza impugnata alla situazione
conflittuale fra le parti integra siffatta motivazione; alla quale ancora una volta il
ricorrente si limita a contrapporre una diversa lettura di merito nel ricondurre il
contrasto con l’imputato all’unilaterale comportamento offensivo dello stesso.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato, seguendone la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 13/11/2013

Il Consigliere e,tefisore

Il Prdsi nt,e-

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