Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6649 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6649 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SENE MAMADOU MOURTALLA N. IL 20/12/1977
avverso la sentenza n. 1442/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del
04/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO

Data Udienza: 10/12/2013

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Fulvio Baldi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Amerigo Barba, del foro di Lecce, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.

Il difensore dell’imputato Sene Mamadou Mourtalla propone ricorso per Cassazione

2013 con la quale, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lecce, emessa
il 27 aprile 2009, l’imputato è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo
474 c.p. per avere detenuto per la vendita oggetti che, al momento del controllo,
recavano noti marchi contraffatti.
2.

Il Tribunale di Lecce, Sezione Distaccata di Maglie, aveva acclarato che durante un
servizio di prevenzione dei reati gli agenti avevano notato l’imputato esporre per la
vendita merce palesemente contraffatta.

3.

Avverso tale decisione ha proposto appello l’imputato, evidenziando che non era
stata fornita la prova della contraffazione dei marchi, rimasta ancorata al giudizio
degli inquirenti; che non ricorreva l’ipotesi previste all’articolo 474 c.p. poiché,
sussistendo un falso grossolano, la condotta non poneva in pericolo il bene giuridico
tutelato dalla norma. Quanto alla pena, in considerazione delle modalità del fatto,
avrebbe dovuto essere ridotta

4.

La Corte di Appello ha ritenuto infondati i motivi, ma in considerazione dello stato di
incensuratezza dell’imputato all’epoca del fatto, in parziale riforma della sentenza,
ha ordinato la non menzione nel casellario giudiziale della condanna.

5. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato
lamentando:

violazione dell’articolo 606 lett. b) c.p.p. per mancata applicazione dell’articolo
49 c.p.;

mancata applicazione del terzo comma dell’articolo 474 c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata non merita censura, attesa l’inammissibilità dei motivi di ricorso.
1. Il difensore dell’imputato, con il primo motivo ha lamentato la violazione dell’articolo
606 lett. b) c.p.p. per mancata applicazione dell’articolo 49 c.p.; in particolare con

avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Lecce all’udienza del 4 febbraio

riferimento al primo motivo la evidenza della contraffazione escludeva la rilevanza
penale del fatto e la riconducibilità all’articolo 474 c.p..
2.

La censura è manifestamente infondata perché contraria al costante orientamento di
questa Corte secondo cui “integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione
per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; né, a tal fine, ha rilievo la
configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474
cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione

o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne
garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui
configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi
del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di
vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in
inganno”. (Sez. 5, n. 20944 del 04/05/2012 – dep. 31/05/2012, P.G. in proc.
Diasse, Rv. 252836)
3.

Con il secondo motivo ha lamentato la mancata applicazione del terzo comma
dell’articolo 474 c.p. In particolare, mancando la prova della registrazione del
marchio, ricorre l’ipotesi prevista dal terzo comma dell’articolo 474 c.p. che tutela
soltanto i marchi aventi validità giuridica e cioè quelli per i quali vi sia stata la
registrazione. In difetto della prova della registrazione il fatto non è punibile, come
da ultimo affermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che nelle recenti
decisioni ha modificato l’orientamento con riferimento alla valenza della registrazione
anche dei marchi notori.

4.

Il secondo motivo costituisce motivo nuovo, non proposto in appello ed, in quanto,
tale, inammissibile. Infatti la sentenza di primo grado, su tali statuizioni od
omissioni, acquista autorità di cosa giudicata, salvo il caso -non ricorrente nel caso
di specie- in cui si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del

dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi


giudizio, non richiedenti accertamenti di fatto, di cui non sia stato provocato l’esam4
o il riesame del giudice d’appello anche se fondato.
5.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1.000,00.

,

P.T.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in Roma il 10 dicembre 2013
Il Presidente

Il Consigliere Estensore

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