Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6649 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6649 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ROSATI GIOVANNI N. IL 01/01/1955
avverso la sentenza n. 1490/2009 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 28/04/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/12/2012

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Rosati Giovanni avverso la sentenza in
data 28.4.2010 della Corte di Appello di L’Aquila che, in parziale riforma di quella in data
13.12.2007 del Tribunale di Chieti, per il delitto di cui all’art. 73 dPR 309/1990, riduceva
la pena inflitta, tra l’altro, al predetto ad anni due e mesi sei di reclusione ed C 5.500 di
multa oltre alla pena accessoria del ritiro della patente per anni uno.
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale responsabilità rispetto agli
elementi probatori acquisti e alla loro valutazione. Si duole, altresì, della violazione di

E’ pervenuta in data 23.11.2012 una memoria difensiva con la quale si ribadiscono i
motivi di ricorso e si prospetta l’ammissibilità dello stesso.
Il ricorso è inammissibile essendo le censurt mosse manifestamente infondate e non
consentite nella presente sede.
La prima doglianza si sostanzia in deduzioni di puro fatto. Invero, il controllo di legittimità
operato da questa Corte non deve stabilire se la decisione di merito proponga
effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ma è finalizzato a verificare,
laddove il ricorrente proponga una diversa ricostruzione di tali fatti, se le argomentazioni
poste dal giudice di merito a fondamento della propria decisione siano compatibili con i
limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Ed invero il compito della Corte di
Cassazione non è quello di sovrapporre una propria valutazione delle risultanze
processuali a quella già compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi
abbiano fornito una corretta interpretazione degli elementi di fatto a loro disposizione ed
abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni
che hanno giustificato la scelta di determinatCconclusioni a preferenza di altre. E tale
verifica dell’apparato argomentativo deve ritenersi nel caso di specie senz’altro positiva,
essendo la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito del tutto coerente con le
acquisizioni probatorie esistenti in atti, di talchè nessuna censura, e tanto meno nessuna
diversa ricostruzione, può essere in questa sede di legittimità prospettata.
Invero, la motivazione della sentenza di primo grado, richiamata da quella impugnata,
non solo ha valorizzato la deposizione del teste Palumbo, che fu spettatore della cessione
in auto di “qualcosa” dall’odierno ricorrente al figlio Andrea, successivamente trovato in
possesso dello stupefacente (con la conseguente certezza dell’oggetto della
negoziazione), ma ha anche fatto riferimento alle inverosimili giustificazioni rese dal
Rosati Giovanni circa la dazione della “paghetta” al figlio in palese contraddizione con le
eloquenti emergenze delle conversazioni telefoniche intercettate tra i due, nonché alle
dichiarazioni del teste cessionario, Graziano Cesarin, dalle quali si evince che, a fronte
della richiesta dello stupefacente ricevuta, Rosati Andrea aveva detto “che si sarebbe
fatto un giro e che vedeva se poteva aiutarmi… “, con ciò mostrando che aveva bisogno di
approvvigionarsi della sostanza stupefacente.

2

legge in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

Quanto alla seconda censura, va evidenziato che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione
e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su
detti punti, la giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione
implicita (Cass. pen. Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche
(tipo “si ritiene congrua” v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma
anche che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed
attenuanti, effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in

Sez. III 16.6. 2004 n. 26908 rv. 229298); e certamente, nel caso di

specie, non può

sostenersi che il diniego delle attenuanti generiche sia frutto di arbitrio attesa la
meticolosa ed esaustiva motivazione addotta dal Giudice a quo sul punto con il richiamo ai
precedenti penali del prevenuto.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna detricorrenttal pagamento delle
spese processuali eascun. al versamento in favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5.12.2012

cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. peri.

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