Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6648 del 10/12/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 6648 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GROSSI LOREDANA MARIA N. IL 09/12/1958
avverso la sentenza n. 2/2012 TRIBUNALE di ANCONA, del
30/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO

Data Udienza: 10/12/2013

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Fulvio Baldi,
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Per la ricorrente è presente l’Avvocato Mario Castagna del foro di Roma, in sost.
Dell’Avv. Maria di Bartolomeo, il quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. Grossi Loredana propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di

confermato la sentenza del Giudice di Pace di Fabriano del 22 settembre 2010 con la
quale la ricorrente era stata condannata, per il reato di ingiuria (capo b) ai danni di
Leotardi Daniela, alla pena di euro 1000 di multa, oltre spese di giudizio e
risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede, con assoluzione in relazione
all’ulteriore reato di minaccia contestato al capo a). Il Giudice di Pace ha evidenziato
che dalle risultanze processuali era emerso che Grossi Loredana aveva stabilito
rapporti di clientela con la parte offesa, Leotardi Daniela, quale suo difensore
nell’ambito di un giudizio di separazione giudiziale e che, a causa del mancato
pagamento della parcella della professionista, la cliente, davanti a un Bar, incontrato
l’avvocato, aveva contestato il conteggio, andando sopra le righe ed usando
espressioni diffamatorie. Il primo giudice ha ritenuto provato l’episodio e che la
circostanza di sentirsi dare della codarda e della incapace professionale costituisse
lesione del decoro e dell’onore, mentre ha rilevato che nessuno dei testimoni aveva
sentito pronunziare anche le minacce. Conseguentemente ha assolto l’imputata da
tale ultimo reato, ritenendola responsabile del reato previsto dall’articolo 594 c.p.
2. Avverso tale decisione ha proposto appello Grossi Loredana, censurando la
mancanza di motivazione da parte del primo giudice riguardo all’attendibilità
intrinseca ed estrinseca della parte civile ed evidenziando l’esistenza di
contraddizioni tra la versione offerta dalla parte offesa e quanto riferito dagli altri
testi escussi. Ha lamentato il travisamento dei fatti e la carenza di motivazione
riguardo al mancato riconoscimento dell’ipotesi della provocazione, poiché la
professionista, nonostante avesse già notificato atto di pignoramento presso terzi,
aveva provocato la cliente chiedendole l’immediato pagamento. In terzo luogo ha
lamentato la errata applicazione dell’articolo 594 c.p. per carenza degli elementi
costitutivi del reato, con riferimento alla natura della presunta dichiarazione
diffamatoria. Conseguentemente ha dedotto la mancanza di motivazione riguardo al
risarcimento del danno, operato senza alcun riferimento alla natura concreta del
pregiudizio subito.

Ancona, in composizione monocratica, resa all’udienza del 30 aprile 2012 che ha

3. Il Tribunale di Ancona con sentenza del 30 aprile 2012 ha ritenuto infondati i motivi
di appello, confermando la sentenza impugnata.
4. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione Grossi Loredana lamentando
la inesistenza o, comunque, l’apparenza della motivazione riguardo all’attendibilità
della parte offesa. Ha censurato la mancata valutazione dell’elemento soggettivo del
reato per avere la ricorrente reagito alla provocazione nella convinzione di avere

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo Grossi Loredana ha dedotto l’inesistenza o, comunque,
l’apparenza della motivazione riguardo alla attendibilità della parte offesa,
evidenziando in particolare che il primo elemento di riscontro, costituito dal tempus
commissi delicti, è inconferente, mentre le dichiarazione dei testi Iaquianello Maria e

Amedei Stroppa Rosita non risultano convergenti, poiché mentre la parte offesa
dichiara che l’ingiuria si è verificata mentre si trovava già in macchina e l’imputata
infilava la testa nell’abitacolo, i testi riferiscono di aver sentito le due donne
discutere fuori dalla macchina.
2. Con il secondo motivo ha lamentato la mancata valutazione dell’elemento soggettivo
del reato, per avere la ricorrente reagito ad una provocazione, nella convinzione di
avere subito un torto da parte della professionista la quale non sarebbe stata in
grado di difenderla adeguatamente nel giudizio di separazione dal marito.
Conseguentemente le esternazioni costituivano oggetto del diritto-dovere di
esprimere la propria opinione critica riguardo all’operato professionale della parte
offesa che, nonostante le doglianze della cliente, aveva provocato la vittima,
cagionandole ulteriore disagio.
3. Con riferimento ad entrambi i motivi rileva la Corte che sebbene la ricorrente abbia
inquadrato le doglianze nell’ambito dell’ipotesi prevista dall’art. 606 lett. b) ed e)
c.p.p. in realtà le censure attengono esclusivamente al merito e richiedono alla Cort
una indagine che in questa sede non è consentita. Quanto alla mancanza o
apparenza della motivazione (art. 606 lett. e) va detto che, seppure in maniera
sintetica, la decisione impugnata è adeguatamente motivata. Da ciò discende la
inammissibilità dei motivi.
4. In particolare, quanto all’attendibilità, i riscontri appaiono adeguatamente evidenziati
dal giudice di appello e la divergenza riguarda il profilo assolutamente secondario del

subito un torto da parte della professionista.

momento o dei momenti nei quali le frasi sono state espresse, prima o dopo
l’ingresso dell’avvocato nell’abitacolo dell’auto.
5. La doglianza relativa all’elemento soggettivo è manifestamente infondata non
apparendo sostenibile sulla base di criteri di ragionevolezza che l’imputata abbia
reagito alla provocazione del professionista costituita dalla legittima pretesa al
pagamento della prestazione professionale (che costituisce obbligazione di mezzi e

6. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla declaratoria di
inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità
determinata da profili emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro
1.000,00.
P.T.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in Roma il 10 dicembre 2013

non di risultato) espletata. Sul punto, quindi, la motivazione è certamente adeguata.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA