Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6647 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6647 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NELI MONDI N. IL 01/01/1976
avverso la sentenza n. 3444/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 08/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO

Data Udienza: 10/12/2013

49

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Fulvio Baldi, che ha
concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Neli Mondi propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della
Corte d’Appello di Bologna delle 10 maggio 2012 che, in parziale riforma della
sentenza del Tribunale di Piacenza, applicando la continuazione tra tutti i reati,

multa perché responsabile del delitto di tentato furto aggravato in abitazione, furto
aggravato consumato, resistenza a pubblico ufficiale, ricettazione di una autovettura
e possesso di arnesi atti allo scasso.
2.

Con sentenza del 12 agosto 2011 il Tribunale di Piacenza, all’esito del giudizio
abbreviato, ha affermato la responsabilità penale di Neli Mondi in ordine a tutti i
reati in rubrica riqualificando il capo numero 6), ai sensi dell’articolo 707 del codice
penale, concedendo le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti e
alla recidiva contestata. Il primo giudice ha attribuito decisivo rilievo probatorio alla
circostanza dell’arresto in quasi flagranza, alle denunce delle persone offese, al
possesso della refurtiva e, da ultimo, alla piena ammissione di tutti gli addebiti da
parte dell’imputato in sede di interrogatorio di garanzia; ha escluso il vincolo della
continuazione fra i delitti di furto, ricettazione e possesso di arnesi atti allo scasso e
quello di resistenza a pubblico ufficiale.

3. Avverso tale decisione ha proposto appello l’imputato ritenendo eccessiva la pena
inflitta che avrebbe dovuto attestarsi sul minimo edittale, riconoscendo il vincolo
della continuazione ed errata la determinazione della pena poiché la stessa nel
concorso tra reati e contravvenzioni avrebbe dovuto essere di unica specie, prevista
per il reato più grave. Ha lamentato la mancata concessione dell’attenuante prevista
dall’articolo 62 n. 4, di quella prevista dall’articolo 62 n. 6 e la errata contestazione
della recidiva.
4.

La Corte d’Appello ha ritenuto fondato il rilievo relativo alla sussistenza del
medesimo disegno criminoso, anche rispetto al delitto di resistenza a pubblico
ufficiale ed ha accolto anche il motivo di appello relativo alla pena unica progressiva
e omogenea riferita al reato più grave, mentre ha rigettato gli altri motivi di
impugnazione. Pertanto, in parziale riforma della sentenza, applica la continuazione
tra tutti i reati, ha rideterminato la pena in anni due, mesi tre di reclusione ed euro
800 di multa.

condannava l’imputato alla pena di anni due, mesi tre di reclusione ed euro 800 di

5. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione Neli Mondi per i seguenti
motivi:

mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione per la mancata
concessione delle attenuanti previste dall’articolo 62 n. 4 e n. 6 e delle attenuanti
generiche nella massima estensione, come prevalenti sulle aggravanti;

omessa motivazione riguardo alla contestazione della recidiva fondata, secondo la

mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento
alla entità della pena ritenuta sproporzionata per non avere il giudice di secondo
grado tenuto conto della riparazione del danno.
CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo la difesa del ricorrente ha dedotto assenza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione per la mancata concessione delle attenuanti
previste dall’articolo 62 n. 4 e n. 6 e delle attenuanti generiche nella massima
estensione come prevalenti sulle aggravanti. Con riferimento all’ipotesi di danno di
lieve entità ha evidenziato che la Corte d’Appello ha escluso la configurabilità di tale
ipotesi per il tentato furto in abitazione, poiché all’interno della stessa avrebbero
potuto esservi beni di rilevante valore. Ha ritenuto tale motivazione errata, poiché
non riferita al valore intrinseco ed economico della cosa, ma solo alla sua
potenzialità. Al contrario, avrebbe potuto dedurre la sussistenza della attenuante
dalla condotta dell’imputato valutata nella sua globalità sulla base delle modalità
dell’azione, rudimentali e asintomatiche di proclività a delinquere.
2.

Quanto alle attenuanti generiche ha ritenuto erronea la valutazione operata dalla
Corte secondo cui l’esistenza di precedenti penali consentiva di ritenerle equivalenti

4

alle aggravanti, nonostante la richiesta del pubblico ministero per una pena inferiore ‘
a quella poi comminata dal giudice territoriale.
3.

Ha censurato l’omessa motivazione riguardo alla contestazione della recidiva
fondata, secondo la Corte, sull’esistenza di precedenti condanne anche per titoli di
reato specifici. Il ricorrente ha dedotto al riguardo che si trattava di precedenti
penali risalenti nel tempo e che il giudizio sulla recidiva non costituisce uno status
del condannato, ma esprime una effettiva idoneità ad una più accentuata
colpevolezza o una maggiore pericolosità del condannato, che va esclusa -nel caso
di specie- per la occasionalità della ricaduta dell’imputato.

Corte, sull’esistenza di precedenti condanne anche per titoli di reato specifici;

4.

Il ricorrente ha lamentato la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione, con riferimento all’entità della pena, ritenuta sproporzionata per non
avere il giudice di secondo grado tenuto conto della riparazione del danno avvenuta
mediante risarcimento alle parti offese e la confessione resa in udienza, anche con
riferimento ad alcuni reati che non erano immediatamente riferibili all’imputato; in
ogni caso l’aumento per la continuazione è stato ritenuto eccessivo. Sotto altro
profilo se l’elemento del risarcimento del danno a favore delle parti offese e la

n. 4 e 6 c.p., tali elementi avrebbero dovuto quantomeno operare sul bilanciamento
tra circostanze attenuanti generiche e aggravanti, ritenendo le prime prevalenti sulle
seconde.
5.

Con riferimento al primo motivo, la Corte d’Appello ha argomentato con motivazione
adeguata e coerente la mancata concessione delle attenuanti. In particolare, quanto
al danno lieve, trattandosi di tentativo di furto, non era possibile esprimere una
valutazione in termini di certezza, ma solo sotto il profilo della probabilità, mentre
certamente non è configurabile se riferita alla somma di euro 350, oltre al valore del
portafoglio di marca. Nello stesso modo, l’attenuante del danno risarcito è stata
correttamente esclusa, poiché non si è trattato di risarcimento integrale tempestivo,
ma parziale, intervenuto durante il giudizio di appello, mentre una delle parti ha
ritenuto incongrua la somma proposta.

6.

La sussistenza della recidiva è motivata in maniera specifica, con la conseguenza che il
motivo è inammissibile e le intrinseche caratteristiche di organizzazione e di
professionalità (numero delle persone, possesso di armamentario completo finalizzato
allo scasso e l’utilizzo di auto rubata) escludono il carattere occasionale della ricaduta
dell’imputato.

7.

Quanto al terzo motivo, va rilevato che la pena in concreto applicata è prossima a quella
minima edittale. Pertanto, trova applicazione il principio secondo cui la specifica e
dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle
diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga
superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a
dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo:
“pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure il richiamo alla gravità
del reato o alla capacità a delinquere. (Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009 – dep.
18/09/2009, Denaro, Rv. 245596). Tale ipotesi sussiste nel caso di specie, in cui la
Corte ha anche specificamente motivato, ritenendo ragionevoli gli aumenti della
continuazione, che muovono da una pena base prossima al minimo edittale.
P.T.M.

confessione resa non consentono la applicazione delle attenuanti di cui all’articolo 62

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, in Roma il 10 dicembre 2013
Il Presidente

Il Consigliere Estensore

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