Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6647 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6647 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CATANIA GAETANO N. IL 27/03/1990
avverso la sentenza n. 465/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
14/06/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/12/2012

Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Catania Gaetano avverso la sentenza
emessa in data 14.6.2011 dalla Corte di Appello di Catania che confermava quella del
GUP del Tribunale di Catania in data 12.11.2010 che, tra l’altro, condannava il
ricorrente alla pena di anni quattro di reclusione ed E 18.000,00 di multa per il delitto
di cui all’art. 73 comma 1 bis dPR 209/1990.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine al diniego
dell’attenuante di cui al V comma dell’art. 73 dPR 309/1990.

motivo manifestamente infondato, aspecifico e non consentito nella presente sede.
E’ palese la sostanziale aspecificità della censura mossa che ha riproposto in questa
sede pedissequamente la medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte
territoriale e da quel giudice disatteseLcon motivazione congrua, immune da vizi ed
assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Infine, quanto alla mancata concessione della diminuente di cui al 5° comma dell’art.
73 dPR cit. la Corte ha correttamente richiamato la sentenza di primo grado (la cui
motivazione si fonde con quella di appello in un unicum inscindibile, attesa la doppia
pronuncia conforme) che sul punto ha fornito compiuta spiegazione richiamando sia il
quantitativo di stupefacente sia le modalità esecutive del reato: si trattava di 87 dosi
medie singole e di un’attività di spaccio continuativa. In tal modo i giudici di merito
hanno fatto corretta applicazione della normativa di settore, come costantemente
interpretata dalla Corte di legittimità: in tema di sostanze stupefacenti, ai fini della
concedibilità o del diniego della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, il
giudice è tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma,
sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli
che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze
stupefacenti oggetto della condotta criminosa): dovendo, conseguentemente,
escludere la concedibilità dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi
porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di “lieve entità” (Cass.
pen. Sez. IV, n. 43399 del 12.11.2010 Rv. 248947; Sez. IV, 21.11.2007, n. 47188; v.
2

Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per

anche Sez. IV, 22.4.2007, n. 18357 e Sez. Un. 21.6.2000, n. 17; Sez. VI, n. 27052
del 14.4.2008, Rv. 240981).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.

P.Q.M.

processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5.12.2012

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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