Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6644 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6644 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DANELI ANGELA N. IL 05/03/1947
MAURO NICOLA N. IL 27/08/1973
MAURO PIETRO N. IL 19/10/1945
avverso la sentenza n. 35/2011 TRIBUNALE di CATANZARO, del
03/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO

Data Udienza: 10/12/2013

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Fulvio Baldi,
che ha concluso per l’inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso.
Per i ricorrenti è presente l’Avvocato Gaetano Antonio Scalise, il quale insiste per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Mauro Pietro, Daneli Angela e Mauro Nicola propongono ricorso per Cassazione
avverso la sentenza del Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica, quale

Catanzaro, con la quale Mauro Pietro era stato riconosciuto colpevole del reato di cui
agli articoli 594 c.p. per il capo 1) e 594 e 612 c.p. per il capo 2), unificati i fatti
sotto il vincolo della continuazione, per avere questi offeso l’onore ed il decoro di
Mauro Annarita e Daneli Enza e per avere minacciato quest’ultima di un male
ingiusto, condannandolo alla pena di euro 200 di multa per il capo 1) ed euro 400 di
multa per il capo 2), oltre al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti
civili.
2. Con la stessa sentenza il Giudice di Pace aveva ritenuto responsabili Daneli Angela e
Mauro Nicola del reato di quell’articolo 582 c.p., per avere cagionato lesioni personali
a Daneli Enza, colpendola con un palo della scopa alla coscia sinistra, condannandoli
alla pena di euro 516,00 ciascuno di multa, oltre al risarcimento dei danni alle
costituite parti civili.
3. In sede di appello Mauro Pietro aveva sostenuto la propria estraneità ai fatti, poiché
si trovava presso la propria sede di lavoro, tanto che aveva richiesto ai sensi
dell’articolo 507 del codice di rito l’acquisizione della bolla di consegna presso la
discarica ovvero l’attestazione sugli orari di lavoro dell’imputato, ma la richiesta era
stata rigettata. In secondo luogo ha ritenuto erronea la valutazione del materiale
probatorio operata dal primo giudice in quanto fondata solo sulle dichiarazioni delle
costituite parti civili, prive di coerenza e viziate dal rancore che caratterizzava i
rapporti tra le due famiglie. In ogni caso l’imputato avrebbe agito in stato di ira o
nell’ambito di offese reciproche ai sensi dell’articolo 599 c.p. Daneli Angela e Mauro
Nicola hanno affermato la propria estraneità rilevando che la decisione impugnata si
fondava soltanto sulle dichiarazioni rese dalle persone offese costituite parti civili.
4. Il Tribunale ha ritenuto corretta la decisione con la quale il Giudice di Pace aveva
rigettato la richiesta ai sensi dell’articolo 507 del codice di rito, poiché dalle risultanze
processuali non emergeva il momento esatto di consumazione dei reati, con ciò
ritenendo superflua la prova che, in ogni caso, traendo spunto dalle dichiarazioni rese
dall’imputato, non costituiva elemento nuovo, ma circostanza che l’imputato avrebbe
potuto documentare autonomamente nel corso della istruttoria dibattimentale. Quanto

giudice d’Appello che aveva confermato la decisione emessa dal Giudice di Pace di

alla credibilità delle dichiarazioni delle persone offese, il Tribunale ha ritenuto le stesse
coerenti, precise e perfettamente sovrapponibili, oltre che riscontrate dalle dichiarazioni
del teste Mauro Andrea, nonché dalla scarsa consistenza delle dichiarazioni rese dagli
imputati in sede di esame, le quali secondo il Tribunale, non collimavano tra loro nel
nucleo essenziale. Ha ritenuto insussistenti i presupposti dell’articolo 599 c.p. non
avendo l’imputato Mauro Pietro dedotto di aver subito alcun fatto ingiusto rispetto al
quale aveva agito e non potendosi ritenere, secondo il giudice di secondo grado, che

contrarietà alle comuni norme del vivere civile. In ogni caso ha escluso la sussistenza di
una reciprocità di offese. Nello stesso modo il Tribunale ha affermato l’insussistenza dei
presupposti dell’articolo 52 del codice penale, poiché gli imputati Daneli Angela e Mauro
Nicola non avevano fatto riferimento alla presunta lite intervenuta con Mauro Stefano.
5. Avverso tale decisione propongono ricorso per Cassazione gli imputati lamentando:

mancanza illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606 lettera e) per
avere il giudice di secondo grado omesso di accertare la idoneità delle prove a
dimostrare la responsabilità degli imputati;

mancanza o illogicità della motivazione ai sensi della medesima disposizione, in
merito all’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa costituitasi parte
civile;

mancanza o illogicità della motivazione in ordine all’esclusione dell’esimente di
cui all’articolo 52 codice penale;

mancanza o illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606, lettera e) in
ordine alla esclusione dell’esimente di cui all’articolo 599, secondo comma,
codice penale;

mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi dell’articolo 606, lettera d) del

l’apertura della radio da parte delle persone offese avesse assunto i contorni della

codice di rito riguardo alla circostanza di essere stato, Mauro Pietro, impegnato il r,
giorno degli episodi nelle operazioni di raccolta dei rifiuti.

Ci

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO
1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno lamentato la mancanza o illogicità della
motivazione ai sensi dell’articolo 606 lettera e) per avere il giudice di secondo grado
omesso di accertare la idoneità delle prove a dimostrare la responsabilità degli
imputati, rimanendo ancorato ad un giudizio di colpevolezza predefinito. La censura
è inammissibile per assoluta mancanza di specificità dei motivi. L’esame del ricorso
degli imputati rivela, nella sostanza, che il difensore ritiene i propri assistiti non

4

raggiunti da una prova adeguata, ma una simile tesi egli propone al giudice della
legittimità con generiche doglianze alle quali rimane del tutto estraneo il nucleo
fondante della sentenza e cioè che le accuse che hanno portato alla condanna dei
ricorrenti sono state ritenute provate perché formulate da testi attendibili.
2.

Con il secondo motivo ha denunciato la mancanza o illogicità della motivazione ai
sensi della medesima disposizione, in merito all’attendibilità delle dichiarazioni rese
dalla parte offesa costituitasi parte civile, in quanto tutto l’iter procedimentale

offese per le imprecisioni presenti nel nucleo essenziale dei fatti. In particolare la
maggiore accuratezza richiesta nella valutazione delle dichiarazioni della parte offesa
e l’onere di motivazione più rigorosa, ai fini del controllo di attendibilità, rispetto alla
generico vaglio cui vanno sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone,
avrebbero imposto di verificare l’incongruenza di quanto contenuto già nei verbali di
ricezione di querela, sporte da Mauro Annarita e dalla madre di questa, Daneli Enza,
oltre che nei verbali di udienza davanti alla Giudice di Pace del 17 giugno 2010.
Rileva la Corte come i ricorrenti si sono limitati a riproporre il corrispondente motivo
d’Appello senza confrontarsi con le argomentazioni con cui il provvedimento
impugnato lo ha confutato. Il Tribunale, infatti, ha fornito congrua, specifica ed
adeguata motivazione sulle ragioni per le quali ha ritenuto attendibili le dichiarazioni
della persona offesa, giudicandole idonee a fondare la prova della responsabilità
degli imputati, facendo buon governo dei consolidati principi in proposito affermati
da questa Corte. In particolare il provvedimento impugnato, replicando
specificamente a tutte le obiezioni sollevate con l’atto d’appello, ha evidenziato le
ragioni per cui non sussiste alcun contrasto tra la narrazione della Daneli e della
Mauro e le dichiarazioni dei testimoni. Non di meno deve ancora ribadirsi che, con
riferimenti alla prova che si assume non adeguatamente valutata (nel caso di specie,
incongruenze rispetto alla querela proposta dalla Mauro e dalla madre di questa,
Daneli Enza), i ricorrenti hanno l’onere di riportarne integralmente il contenuto, non
limitandosi ad estrapolarne il presunto profilo contrastante con le risultanze
processuali, giacchè così facendo viene impedito al giudice di legittimità di
apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di
valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008,
Buzi, rv 241023). I ricorrenti non si sono conformati agli illustrati principi, atteso che
le dichiarazioni asseritamente non valutate dal Tribunale sono insufficientemente
indicate nel ricorso, che non le riporta integralmente ed al quale nemmeno sono stati
allegati in alternativa i relativi verbali o la copia degli atti.
3.

Con il terzo motivo hanno lamentato mancanza o illogicità della motivazione in
ordine all’esclusione dell’esimente di cui all’articolo 52 codice penale, ritenendo poco

avrebbe consentito di appurare l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalle parti

credibile la versione fornita dalle parti offese, secondo cui Mauro Nicola, non appena
sopraggiunto sul luogo con l’autovettura, avrebbe iniziato a colpire Mauro Stefano,
apparentemente senza motivo, non avendo assistito al precedente diverbio. Rispetto
a questa versione hanno ritenuto più credibile quella fornita dagli imputati secondo
cui vi sarebbe stata una precedente aggressione ai danni della madre di Mauro
Nicola. Ciò avrebbe provocato uno stato di agitazione generale dei soggetti coinvolti
nella vicenda i quali avrebbero agito solo per difendere i propri familiari.

sensi dell’articolo 606, lettera e), in ordine alla esclusione della esimente di cui
all’articolo 599, secondo comma, del codice penale, in quanto l’astio e il rancore
evincibili dagli atti del processo, avrebbero dovuto rendere maggiormente credibile
l’ipotesi di una eventuale reazione offensiva di Mauro Pietro. Infatti, la vicenda
avrebbe avuto origine da un diverbio tra Daneli Enza e Daneli Angela e lasciava
presupporre che l’eventuale reazione di Mauro Pietro sarebbe stata determinata da
stato d’ira, provocato da un fatto altrui percepito come ingiusto.
5. Per entrambe le censure vanno ribaditi i rilievi in ordine alla mancanza di specificità
dei motivi. La doglianza si risolve, in entrambi i casi, in una censura in fatto della
decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle
risultanze processuali non consentita in questa sede di legittimità e si prospetta una
ricostruzione, in fatto, dell’intera vicenda alternativa e che potrebbe apparire,
secondo i ricorrenti, più plausibile di quella posta a sostegno del provvedimento
impugnato. Il Tribunale, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, ha
affrontato tutte le contestazioni sollevate con l’impugnazione della sentenza di primo
grado e non si è limitato a recepire l’interpretazione del compendio probatorio
offerta da quest’ultima.
6. Con l’ultimo motivo si lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva ai sensi
dell’articolo 606, lettera d) del codice di rito. Mauro Pietro ha richiesto di acquisire la
prova di essere stato impegnato il giorno degli episodi oggetto di indagine nella
raccolta dei rifiuti e che, successivamente, si era recato presso il centro di raccolta,
come risulterebbe dalla bolla di accompagnamento presso la discarica interessata e
dall’attestazione da parte della società presso cui svolgeva attività lavorativa
dell’orario di lavoro. Ha precisato che l’assunzione della prova deve ritenersi decisiva
solo quando abbia, in una valutazione ex ante, la potenzialità di sovvertire il valore
degli altri elementi probatori. A riguardo la stessa parte ricorrente ha ribadito, come
affermato dal giudice di appello, che nessuno dei testi ha fatto cenno all’ora in cui si
sarebbero svolti i fatti, aggiungendo che per tale motivo l’esclusione di una
risultanza probatoria rilevante e decisiva ai fini della ricostruzione della vicenda

4. Con ulteriore motivo hanno lamentato la mancanza o la illogicità della motivazione ai

d

avrebbe determinato una rappresentazione incompleta di quest’ultima e, quindi, una
conclusione errata. Il motivo è inammissibile poiché ripropone pedissequamente le
doglianze d’appello senza confrontarsi con le argomentazioni con cui il
provvedimento impugnato lo ha confutato e si risolve in una censura in fatto della
decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle
risultanze processuali non consentita in questa sede di legittimità. Si riprendono,
senza superarle, le medesime valutazioni sulla base delle quali i giudici, di primo e

relative all’orario dei fatti, che rendono inconferente l’acquisizione di elementi relativi
alle vicende che si sono svolte in una parte della mattinata.
7. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
le conseguenti statuizioni in punto spese ed ammenda.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il,ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.00

vore deirà Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, in Roma, il 10 dicembre 2013

secondo grado, hanno ritenuto irrilevante la richiesta e cioè la mancanza di prove

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