Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6643 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6643 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CARNO VALE AGOSTINO N. IL 13/11/1948
avverso la sentenza n. 1152/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
13/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO

Data Udienza: 10/12/2013

4-/

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dr Fulvio Baldi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il difensore di Carnovale Agostino propone ricorso per Cassazione avverso la
sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Brescia in data 13 giugno 2011, che ha

Carnovale Agostino colpevole del reato di cui agli articoli 48 e 479 del codice di
penale, per avere indotto gli organismi certificatori a rilasciare due attestazioni di
qualificazione per poter partecipare a gare di appalto di valore superiore ad euro
150.000, producendo falsi certificati di esecuzione di lavori pubblici, nonché del reato
di cui all’articolo 640 del codice penale per avere, con artifici e raggiri, indotto in
errore Alfieri Giuseppe nella stipula del contratto di cessione del ramo di azienda
della impresa Carnovale. Reati uniti per continuazione nel delitto sub 1) con
condanna alla pena di mesi 10 di reclusione, il pagamento delle spese e il
risarcimento dei danni in favore della parte civile Alfieri Giuseppe, con la liquidazione
in separato giudizio, fatta salva l’assegnazione di una provvisionale per l’importo di
euro 15.000.
2. Alfieri Giuseppe, in qualità di amministratore unico della S.r.l. New Tec, ha
acquistato da Carnovale Agostino in data 26 ottobre 2006 un ramo dell’azienda
avente ad oggetto la esecuzione di lavori pubblici nel settore della edilizia e il
trasferimento riguardava anche l’attestazione rilasciata da un Organismo di
Attestazione (SOA) abilitato a verificare la esistenza, nei soggetti esecutori di lavori
pubblici, degli elementi di qualificazione previsti dalle disposizioni comunitarie per la
realizzazione di categorie di opere e classifiche di importi. L’impresa di Carnovale
Agostino era titolare dell’attestazione per categoria 0G1 e 0G3, numero 1742
rilasciata dalla SOA Ophra S.p.a. il 29 luglio 2005, ma il trasferimento aveva
riguardato soltanto la attestazione OG1 la quale, sulla base dei medesimi certificati
di esecuzione lavori originariamente prodotti, era stata nuovamente classificata 0G1,
n. 2568 ed attribuita in data 3 novembre 2006, alla società di Alfieri Giuseppe; al
contrario per la sola categoria 0G3 l’originaria attestazione n. 1742 era stata
sostituita dall’attestazione n. 2459 rimasta in capo a Carnovale Agostino. Con
denuncia del 25 maggio 2007, Alfieri Giuseppe aveva lamentato di avere ricevuto in
data 28 febbraio 2007 una missiva con la quale l’autorità di vigilanza sui lavori
pubblici lo aveva informato che otto delle nove certificazioni di esecuzione lavori
utilizzate per ottenere la originaria attestazione n. 1742 erano false, in quanto
concernenti lavori mai eseguiti o non eseguiti dall’impresa di Carnovale Agostino.

confermato la sentenza del GUP presso il Tribunale di Brescia che aveva dichiarato

3. Il GUP presso il Tribunale di Brescia con sentenza emessa all’esito di rito abbreviato,
il 4 novembre 2010, ha evidenziato che Carnovale Agostino non ha mai contestato i
dati documentali ed, in particolare, di avere consegnato tre certificati di esecuzione
lavori utili per la prima categoria e uno funzionale alla terza categoria, apprendendo
successivamente della falsità di quelli utilizzati per ottenere le certificazioni. Il primo
giudice ha affermato la responsabilità penale dell’imputato rilevando che l’originaria
attestazione n. 1742 rilasciata a Carnovale Agostino per le categorie OG1 e 0G3 era

2568 (ottenuta da Alfieri Giuseppe per la categoria di lavori 0G1), a causa della
cessione del ramo di azienda da parte dell’imputato in favore di Alfieri Giuseppe e
che pertanto l’azione fraudolenta non aveva esaurito i suoi effetti con il rilascio della
originaria attestazione n. 1742. Quanto alla posizione di Mercurio Antonio,
coimputato per il quale si è proceduto separatamente, promotore commerciale della
Oprah SOA, del quale Carnovale Agostino ha lamentato di essere stato, a sua volta,
vittima, il Tribunale ha rilevato che l’eventuale responsabilità del Mercurio Antonio
non escludeva quella di Carnovale Agostino, che era il soggetto che maggiormente
si sarebbe avvantaggiato dell’operazione, acquisendo le attestazioni e potendo,
come in effetti era avvenuto, trasferire successivamente ad Alfieri Giuseppe il ramo
di azienda e l’attestazione 0G1. Al contrario Mercurio Antonio non avrebbe tratto
particolari vantaggi dall’operazione poiché la provvigione per l’affare gli competeva
comunque, mentre il compenso per la mediazione costituiva circostanza del tutto
incerta. Elemento probatorio decisivo è stato individuato nel fatto che almeno uno
dei certificati falsi che Carnovale Agostino aveva contestato di avere visto o
consegnato a Mercurio Antonio, in realtà recava la dichiarazione di conformità
all’originale sottoscritta da Carnovale Agostino con timbro della ditta individuale. Sia
la firma che il timbro erano stati apposti in presenza della parte offesa.
4. Avverso tale decisione aveva proposto appello Carnovale Agostino rilevando che
l’imputato non poteva essere ritenuto responsabile del rilascio delle attestazioni n.
2459 e n. 2568 poiché la prima, che riguardava solo la categoria 0G3, era stata
rilasciata d’ufficio, dall’organismo di attestazione a seguito della cessione del ramo di
azienda in favore di Alfieri Giuseppe, ed era relativa alla categoria 0G1, mentre la
seconda, la n. 2568, era stata conseguita direttamente da Alfieri Giuseppe a seguito
di richiesta presso altro organismo di attestazione, l’ArtigianS0A. Pertanto, non
troverebbe applicazione l’articolo 48 del codice penale, poiché l’imputato non aveva
posto in essere una condotta di inganno nei confronti di Oprah, con riferimento alle
due attestazioni menzionate nel capo di imputazione (2459 e 2568), ma al più in
relazione all’originaria attestazione n. 1742. Con la conseguenza che l’imputato, non
essendo responsabile del delitto di falso ideologico, doveva essere mandato assolto

stata sostituita con le attestazioni 2459 (rimasta nella disponibilità del cedente) e

anche dal delitto di truffa ad esso connesso. Con l’ultimo motivo di gravame, aveva
insistito per la concessione delle attenuanti generiche in considerazione dell’età e
dello stato di incensuratezza. Quanto al risarcimento dei danni ha evidenziato che il
soggetto danneggiato non era Alfieri Giuseppe, ma la S.r.l. New Tec, che era un
soggetto giuridico diverso dalla persona fisica, legale rappresentante della stessa.
5.

La Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza evidenziando, con
riferimento al primo motivo, che il fatto che determinò il rilascio in favore di

non è diverso da quello che ha determinato il rilascio delle separate attestazioni
numero 2459, rilasciata a Carnovale Agostino per la categoria 0G3 e 2568, rilasciata
ad Alfieri Giuseppe, per la categoria OG1, unitamente alla cessione del ramo di
azienda e ciò in quanto l’errore in cui cadde l’organismo certificatore nel rilasciare
l’attestazione attribuita ad Alfieri Giuseppe, era direttamente riferibile all’imputato
perché consequenziale al suo operato a monte; e cioè il rilascio di false certificazioni
rispetto alle quali, in occasione della cessione di azienda, sarebbe seguita una sorta
di voltura a favore dell’acquirente, con assegnazione di un nuovo numero di
attestazione 0G1. Quanto alla pena, ha ritenuto corretta la mancata concessione
delle attenuanti generiche per non avere l’imputato nulla risarcito ad Alfieri
Giuseppe.
6.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Carnovale Agostino
lamentando:

violazione dell’articolo 48 c.p. nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che
Carnovale Agostino dovesse considerarsi autore mediato delle falsità relative alle
successive attestazioni n. 2459 e n. 2568, vizio rilevante in termini di
inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Ha lamentato altresì la
mancanza di motivazione nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che
Carnovale Agostino, già al momento del rilascio dell’originaria attestazione n.
1742, avesse programmato la successiva cessione di ramo di azienda;

violazione degli articoli 521 e 522 del codice di rito, per avere la Corte d’Appello
ritenuto che la condotta illecita dell’imputato fosse consistita nel fatto nuovo e
diverso della cessione alla società di Alfieri Giuseppe dei requisiti tecnici
necessari per ottenere le qualifiche SOA;

mancanza o manifesta illogicità della motivazione con la quale la Corte ha
confermato la condanna dell’imputato senza tenere conto che i falsi certificati di
esecuzione non facevano parte della documentazione trasmessa da Carnovale
all’organismo certificatore;

Carnovale Agostino dell’attestazione cumulativa N. 1742 per le categorie 0G1 e 0G3

mancanza di motivazione sulle ragioni per le quali la Corte ha disatteso la
richiesta di revoca della condanna al risarcimento del danno e della
subordinazione condizionale della pena al pagamento della provvisionale (articolo
606, lettera e) c.p.p;

mancanza o manifesta illogicità della motivazione con la quale la Corte non ha
riconosciuto le attenuanti generiche (articolo 606 lettera e) c.p.p;

1. Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato la violazione dell’articolo 48 c.p. nella
parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che Carnovale Agostino dovesse
considerarsi autore mediato delle falsità relative alle successive attestazioni n. 2459
e n. 2568, vizio rilevante in termini di inosservanza o erronea applicazione della
legge penale. Ha lamentato altresì la mancanza di motivazione nella parte in cui la
Corte territoriale ha ritenuto che Carnovale Agostino, già al momento del rilascio
dell’originaria attestazione n. 1742, avesse programmato la successiva cessione di
ramo di azienda. Sotto il primo profilo il ricorrente ha richiamato un precedente di
questa Corte (Cassazione Sezione V, 2 giugno 2000, Antonucci) secondo cui “le false
attestazioni integranti il falso ideologico, qualora recepite in un ulteriore atto, non
sono addebitabili ai sensi dell’articolo 48 codice penale all’autore delle stesse, in
quanto la condotta di quest’ultimo, ormai consumata, rimane immutata, né si
realizza una diversa offesa al bene tutelato dall’articolo 479 codice penale”. La
condotta di induzione in errore degli organismi certificatori avrebbe dovuto essere, al
più, quella consumata all’atto della richiesta dell’originaria attestazione n. 1742 con
la produzione di falsi certificati e non quella relativa alle attestazioni nn. 2459 e 2568
che, invece, sono le uniche oggetto del capo di imputazione.
2. In secondo luogo, secondo il ricorrente, non sarebbe possibile affermare, come
sembra fare il giudice di secondo grado, che la condotta rivolta ad indurre in errore
gli organismi certificatori fosse quella della cessione di ramo di azienda relativa
anche ai requisiti tecnici necessari per ottenere le qualifiche SOA, trattandosi di una
motivazione nuova rispetto a quella posta a sostegno della prima decisione. In
particolare, la Corte avrebbe omesso di motivare sulla ragione per la quale
Carnovale Agostino avrebbe già programmato la successiva cessione del ramo di
azienda, al momento della richiesta dell’attestazione n. 1742, e ciò al fine di trarre in
errore l’organismo certificatore.
3. Osserva la Corte come l’assunto del ricorrente sia destituito di fondamento. L’art. 48
del codice penale contempla l’ipotesi di responsabilità dell’autore mediato, ossia di
chi si serve per commettere un reato di altro soggetto come strumento. La norma

CONSIDERAZIONI IN DIRITTO

postula che l’autore immediato (ossia lo strumento) agisca per volontà viziata, cioè
in conseguenza dell’inganno adoperato su di lui dall’autore mediato. Nel caso di
specie l’imputato è autore mediato della condotta posta in essere dall’Alfieri che è
stato indotto in errore richiedendo il rilascio delle attestazioni in oggetto sulla base di
certificazioni false. Le argomentazioni relative al secondo profilo, del primo motivo,
saranno esaminate unitamente alle doglianze oggetto del secondo motivo, poiché
entrambe si fondano sulla circostanza secondo cui la condotta illecita dell’imputato,

sarebbe consistita nella cessione alla società di Alfieri Giuseppe dei requisiti tecnici
necessari per ottenere le qualifiche.
4.

In particolare, con il secondo motivo ha lamentato la violazione degli articoli 521 e
522 c.p.p. per avere la Corte d’Appello ritenuto che la condotta illecita dell’imputato
fosse consistita nella cessione alla società di Alfieri Giuseppe dei requisiti tecnici
necessari per ottenere le qualifiche SOA. Ciò costituisce fatto diverso da quello
descritto nell’imputazione, in cui la condotta riguarda la produzione di falsi certificati
di esecuzione lavori (articolo 606 lettera c), per l’inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza). Mentre il
Tribunale aveva ritenuto Carnovale Agostino responsabile delle false attestazioni in
quanto conseguenti all’azione illecita costituita dalla produzione di falsi certificati, la
Corte d’Appello avrebbe fondato la responsabilità penale dell’imputato sulla condotta
ingannatoria costituita dalla cessione ad Alfieri Giuseppe dei requisiti tecnici
necessari per ottenere le qualifiche SOA. Secondo il ricorrente si tratterebbe di un
fatto diverso con conseguente nullità ai sensi dell’articolo 522 del codice di rito.

5.

Rileva la Corte che l’assunto si basa su una errata lettura della motivazione della
Corte d’Appello. In realtà il senso del passaggio della argomentazione riportato dal
ricorrente è differente. La Corte ha ritenuto l’errore della SOA direttamente
attribuibile all’imputato, anche con riferimento all’attestazione n. 2568 rilasciata ad

secondo la lettura che il ricorrente da della decisione del giudice di secondo grado,

Alfieri Giuseppe, trattandosi di un effetto ex legge della cessione di ramo di azienda,
in quanto tale, direttamente conseguente all’operato di Carnovale Agostino. Non ha
inteso affermare che vi fosse una preordinazione nell’ambito di un unico disegno il
criminoso. Ciò consente si superare entrambe le censure poste a sostegno de
secondo motivo.
6.

Con il terzo motivo ha dedotto la mancanza o la manifesta illogicità della
motivazione con la quale la Corte ha confermato la condanna dell’imputato senza
tenere conto che i falsi certificati di esecuzione non facevano parte della
documentazione trasmessa da Carnovale Agostino all’organismo certificatore. Nel
merito ha evidenziato che i falsi certificati sarebbero stati allegati a una

d’

dichiarazione sostitutiva di cui l’imputato non aveva la disponibilità in quanto la
presunta falsificazione si sarebbe verificata presso la società di certificazione al di
fuori di ogni controllo da parte dell’imputatoz pertanto la manipolazione della
documentazione finalizzata alla attestazione SOA non poteva essere riferita a
Carnovale Agostino, mentre quegli atti erano nella disponibilità di Mercurio Antonio
che ne era il reale possessore. Va ricordato, preliminarmente, che la Corte di
Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore possibile

verificare se questa giustificazione sia logica e compatibile con il senso comune.
L’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere, inoltre, percepibile
“ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di
macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. Dunque, non è
possibile per questa Corte procedere ad una ricostruzione alternativa dei fatti,
sovrapponendo a quella compiuta dai giudici di merito una diversa valutazione del
materiale istruttorio, se, come nel caso di specie, vi è congrua e logica motivazione
nel provvedimento (o, meglio, nei provvedimenti, dato che le motivazioni della
sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo
in un risultato organico e inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento
per giudicare della congruità della motivazione; cfr. Sez. 2, n. 5606 del 10/01/2007,
Conversa, Rv. 236181). La doglianza, pertanto non può essere presa in esame.
Infatti, le censure oggetto del terzo motivo, dietro l’apparente denuncia di vizi della
motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non
consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi
probatori acquisiti. La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che
l’hanno indotta a ritenere provato il reato, come già evidenziato nella parte narativa
della presente decisione.
7. Con il quarto motivo ha denunciato la mancanza di motivazione, per avere Corte ha
disatteso la richiesta di revoca della condanna al risarcimento del danno e della
subordinazione condizionale della pena al pagamento della provvisionale (articolo
606, lettera e). Ciò in quanto i danni per i quali il Tribunale aveva condannato
l’imputato al risarcimento non erano stati cagionati alla parte civile, Alfieri Giuseppe,
ma alla S.r.l. New Tec, della quale Alfieri Giuseppe era legale rappresentante. D’altra
parte il contratto di cessione di ramo di azienda vedeva come acquirente non Alfieri
Giuseppe, ma la società e tutti i danni lamentati vanno riferiti alla società.
Sussisterebbe, pertanto, un difetto assoluto di motivazione riguardo alla questione
della legittimazione attiva. La doglianza non può essere presa in esame in questa
sede poiché la preclusione dell’art. 491 primo comma c.p.p. impedisce di sollevare
oggi la questione, non essendo state formulate nei termini contestazioni in ordine

ricostruzione dei fatti, ne’ deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a

alla costituzione di parte civile. La questione relativa alla legittimazione attiva della
persona fisica a richiedere il risarcimento di tutte o parte delle voci di danno
prospettate, sarà esaminata in sede civile.
8. Con l’ultimo motivo ha lamentato la mancanza o la manifesta illogicità della
motivazione con la quale la Corte non ha riconosciuto le attenuanti generiche
(articolo 606 lettera e) ritenendo erroneamente prevalente, rispetto alla assenza di
precedenti penali, la condotta dell’imputato che ha manifestato resistenza a risarcire

azionata dall’Alfieri. Osserva la Corte come il sindacato del giudice di legittimità sul
discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la
motivazione della pronuncia: a) sia “effettiva” e non meramente apparente, cioè
realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della
decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta,
nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”,
ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da
inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti
logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici
ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per Cassazione) in termini tali
da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. Il giudice di
appello non è incorso in alcuno dei suddetti vizi. La sua motivazione è stata effettiva,
logica, non internamente nè esternamente contraddittoria: ha correttamente
ritenuto giustificata la mancata concessione delle attenuanti generiche sulla base
della totale assenza di volontà di risarcire il danno in favore dell’Alfieri.
9. Consegue a quanto esposto che il ricorso deve essere rigettato, con le conseguenti
statuizioni in punto spese.
P.Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso in Roma, in Roma il 10 dicembre 2013
Il Consigliere Estensore

Il Presidente

i danni. Al contrario l’imputato aveva ritenuto esorbitante l’originaria pretesa

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