Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6642 del 05/12/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6642 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Caserta Franco, nato a Martirano Lombardo il 16/07/1955
Cairo Sergio, nato a Lesa il 14/01/1954
avverso la sentenza del 28/11/2011 della Corte d’appello di Milano R.G. n. 3933/2005
visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e la memoria, contenente motivi nuovi,
depositata nell’interesse di Franco Caserta;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per il
rigetto dei ricorsi;
udito, per l’imputato Caserta, gli Avv. Fabrizio Hinna Danesi e Michele Amatruda, i quali
hanno concluso per raccoglimento del ricorso.

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 28/11/2011 la Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di
primo grado, che aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia Franco Caserta e Sergio
Cairo, il primo quale amministratore di fatto, il secondo come amministratore unico sino al
23/11/1993, della C.V.L. s.r.I., fallita in data 13/02/1995, in relazione al reato di bancarotta
fraudolenta patrimoniale, per avere distratto beni oggetto di forniture — o il loro corrispettivo
— per circa lire 900.000.000, e documentale, per avere sottratto o occultato la gran parte
delle scritture contabili.
2. Sono stati proposti distinti ricorsi nell’interesse del Caserta e del Cairo.
3. Il ricorso proposto nell’interesse del Caserta è affidato ai seguenti motivi.
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Data Udienza: 05/12/2013

3.1. Con il primo motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale
e di norme processuali (art. 517 e 522 cod. proc. pen.), con riferimento alla ritenuta
sussistenza dell’aggravante della pluralità di fatti di bancarotta, mai contestata nel capo di
imputazione.
3.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali in relazione all’affermata
responsabilità del Caserta, nonostante quanto dichiarato dai testi Mario Ugazio e Pietro Luigi
Ugazio, Gori, Rubinetto e Nola e nonostante quanto emerso nella relazione del rag. Reati.
3.3. Con il terzo motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale

fatto e al ruolo marginale del Caserta, avrebbero dovuto essere concesse le circostanze
attenuanti generiche, prevalenti sulle contestate aggravanti, e avrebbe dovuto essere
contenuta la pena nei limiti minimi, con conseguente concessione della sospensione
condizionale della pena.
Al riguardo, si rileva che la concessione delle attenuanti generiche avrebbe dovuto condurre
alla declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.
3.4. Nell’interesse del Caserta è stata depositata memoria contenente motivi nuovi,
concernenti sia la riconosciuta aggravante della pluralità dei fatti di bancarotta, sia
l’affermata responsabilità dell’imputato per la bancarotta fraudolenta documentale, sia,
infine, il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
4. Il ricorso proposto nell’interesse del Cairo è affidato ai seguenti motivi.
4.1. Con il primo motivo, si lamenta inosservanza della legge processuale, in quanto: a) a
seguito del rinvio dell’udienza dibattimentale del 14/11/2011, per effetto dell’adesione del
difensore all’astensione dalle udienze, non era stata data alcuna comunicazione al difensore
medesimo, con la conseguenza che né quest’ultimo né l’imputato era stati posti in grado di
partecipare all’udienza finale del 28/11/2011, celebrata in loro assenza e con nomina di un
difensore d’ufficio, peraltro diverso da quello nominato all’udienza del 14/11/2011; b) il
difensore d’ufficio nominato all’udienza del 28/11/2011 era appartenente al Foro di Como e
non era, pertanto, iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio predisposto dall’Ordine degli
Avvocati di Milano.
4.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 216 I. fall., per avere la Corte
territoriale trascurato di considerare che all’imputato, mero esecutore delle direttive del
Caserta e privo di ogni potere gestorio, non era imputabile alcuna condotta distrattiva né sul
piano oggettivo, né su quello soggettivo.
Con ulteriore articolazione del motivo, si critica la mancata acquisizione del fascicolo della
procedura fallimentare, costituente prova decisiva, in quanto avrebbe consentito di
ricostruire il ruolo del ricorrente e di smentire l’affermazione apodittica dei giudici di merito,
secondo cui la distrazione sarebbe awenuta principalmente nel 1993.
4.3. Con il terzo motivo, si lamentano vizi motivazionali, in quanto la Corte territoriale: a)
contraddittoriamente, prima aveva affermato l’assenza di un ruolo attivo del Cairo e, poi,

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(art. 62 bis e 133 cod. pen.), giacché, al fine di adeguare la sanzione alla reale gravità del

aveva sostenuto il contrario; b) non aveva operato alcun controllo sull’attendibilità dell’altro
coimputato Orazio Altieri e aveva trascurato le risultanze istruttorie, testimoniali e
documentali, dalle quali era emerso che egli era succube e subalterno del Caserta, che lo
aveva indotto a cercare un sostituto, al fine di liberarlo dal suo incarico formale.
4.4. Con il quarto motivo, si rileva l’intervenuta prescrizione del reato.
4.5. Con il quinto motivo si lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge penale,
in relazione alla mancata concessione del beneficio dell’indulto di cui alla I. n. 241 del 2006.

Considerato in diritto

lettera a) della memoria contenente motivi nuovi, è infondato, giacché, ai fini della
contestazione dell’accusa, ciò che conta è la compiuta descrizione del fatto e non anche
l’indicazione degli articoli di legge che si assumono violati (Sez. 3, n. 22434 del 19/02/2013,
Nappello, Rv. 255772). Ne discende che la mancata menzione dell’art. 219, comma secondo,
n. 1, I. fall. non assume rilievo, a fronte della puntuale contestazione, contenuta nel capo di
imputazione dei fatti di bancarotta fraudolenta documentale e per distrazione.
2. Anche il secondo motivo dello stesso ricorso è infondato. Per ragioni di connessione
logica, verranno in questa sede esaminate anche le considerazioni svolte nella lettera b)
della memoria contenente motivi nuovi.
Al riguardo, si osserva che, essendosi in presenza di una doppia pronuncia conforme in
punto di penale responsabilità dell’imputato, le motivazioni delle due sentenze di merito
vanno ad integrarsi reciprocamente, saldandosi in un unico complesso argomentativo (cfr.,
in motivazione, Sez. 2, n. 46273 del 15/11/2011, Battaglia, Rv. 251550).
Ora, la frammentaria ricostruzione operata in ricorso delle deposizioni raccolte in
dibattimento e diretta sostanzialmente a riversare la responsabilità del dissesto e delle
irregolarità contabili sulla cd. gestione Cairo — Ugazio, che avrebbe fatto seguito a quella del
Caserta, si scontra con la puntuale analisi del materiale probatorio condotta dalla sentenza di
primo grado e recepita dalla decisione impugnata.
Un primo dato che si desume dalle sentenze è che non si è registrato alcun subingresso di
Pietro Lugi Ugazio e del fratello Mario nella gestione della società fallita. Il primo, titolare
unitamente al fratello della società Nutrimax, ha riferito che, essendosi trovato a corto di
liquidità e avendo intenzione di cedere un supermercato, aveva concordato la cessione della
maggioranza delle quote della Nutrimax in favore della società fallita, della quale aveva
rilevato alcune quote (secondo il teste Noia, si trattava del 20% della CVL, ceduto ad un
parente degli Ugazio), successivamente da lui cedute a terzi.
In definitiva, non è stato l’Ugazio a sostituire il Caserta nella gestione della fallita società
CVL, ma quest’ultimo a rilevare la gestione della Nutrimax.
È poi significativo che tutti i rapporti inerenti alla cessione delle quote Nutrimax siano stati
intrattenuti dall’Ugazio e dal fratello Mario con il Caserta, alla presenza del Cairo, il cui ruolo
è descritto come marginale.

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1. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Caserta, sviluppato anche nella

Altro dato di rilievo — al fine di superare l’argomentazione difensiva secondo la quale le
scritture contabili non sarebbero più state nella disponibilità del Caserta dopo i rapporti di
cessione con gli Ugazio — è rappresentato dal fatto che le affermazioni di Mario Ugazio,
quanto alla tenuta della contabilità, non conducono affatto alla conclusione che di essa si
occupava sua sorella Maria Grazia. Al contrario, emerge che il Caserta, dopo aver rilevato le
quote Nutrimax, si trasferì presso i locali di quest’ultima società in Civalegna e qui portò la
contabilità della CVL e la loro impiegata. In definitiva, il travisamento della prova imputato
alla Corte territoriale è insussistente, giacché Maria Grazia Ugazio seguiva la contabilità della

Tali elementi, uniti al complesso delle deposizioni valorizzate dalla sentenza impugnata (teste
Cinzia Gori, che ha chiaramente individuato nel Caserta il titolare dell’attività, al pari dei testi
Angelo Rubinetto, Umberto Bighiani, Stefano Seclì), privano di qualunque fondamento la
ricostruzione alternativa prospettata dalla difesa quanto al ruolo marginale dell’imputato.
Siffatta conclusione non è scalfita dai documenti allegati alla relazione integrativa del
curatore fallimentare del 21/09/1998, in quanto si tratta di comunicazioni, nella migliore
delle ipotesi per il ricorrente, generiche ed elusive (oltre che concernenti solo una parte dei
fornitori contattati dal curatore, al fine di raccogliere ulteriori notizie sul ruolo del Caserta
come amministratore di fatto: nella relazione integrativa si precisa infatti che non tutti gli
interpellati avevano risposto): basti dire che uno dei fornitori afferma di non avere
intrattenuto alcun rapporto diretto e personale col Caserta, ma di averne sentito solo parlare
come del deus ex machina, ed un altro che il Caserta non si era mai qualificato come
amministratore della CVL (e, infatti, non lo era), ma svolgeva funzioni di broker (ricerca
risorse finanziarie, ricerca acquirenti, ricerca fornitori).
Ma soprattutto, nel ricorso si omette di considerare un altro dato di rilievo: ossia che nel
contesto probatorio sopra ricostruito si inserisce, nell’imminenza del fallimento, ossia nel
febbraio 1995, l’estinzione da parte del Caserta, all’epoca non socio della CVL, ma garante
della stessa, di una posizione debitoria della società.
Un ultima considerazione va riservata ai profili di censura, particolarmente sviluppati nella
lettera b) della memoria, relativi all’affermazione di responsabilità per la bancarotta
documentale.
Al riguardo, va rilevato che, secondo quanto emerge dalla sentenza di primo grado, il
curatore ha ricercato la documentazione contabile sia presso la cancelleria commerciale sia
presso il capannone sito in Civalegna. Il punto centrale della decisione si rinviene, però, nel
fatto che: il libro giornale, recante vidimazione iniziale alla data del 05/06/1992 era stato
aggiornato sino al 31/12/1992; il libro inventario, recante vidimazione iniziale alla data del
02/06/1992, era stato utilizzato solo per tre pagine ed era vidimato sino alla data del
22/10/1993; il libro dei verbali assemblee con vidimazione annuale del 02/06/1992 era
vidimato sino alla data del 22/10/1993; il registro IVA acquisti, nel quale era state reperite
32 pagine, era stato aggiornato sino al 31/08/1992; il registro IVA corrispettivi era stato

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Nutrimax e non della CVL.

utilizzato sino alla data dell’ottobre 1993; non erano state rinvenute né le dichiarazioni IVA
né le dichiarazioni dei redditi della società.
D’altra parte, secondo quanto dichiarato dalla teste Gori, sino a tutto il 1993, la contabilità
risultava regolarmente tenuta.
Tali significative incompletezze documentali, emerse solo in seguito alla dichiarazione di
fallimento, hanno reso particolarmente difficoltosa ed incerta la ricostruzione delle operazioni
commerciali della società fallita e, secondo il ragionevole apprezzamento dei giudici di
merito, erano finalizzate a recare pregiudizio ai creditori.

essere custodita né risulta che altre scritture siano state consegnate dal Caserta, deve
ritenersi che le generiche doglianze relative ad una sorta di negligenza del curatore
nell’individuare i documenti siano destituite di fondamento.
Quanto poi al rapporto tra la bancarotta documentale e l’art. 220 I. fall., va ribadito che
l’inosservanza dell’obbligo di deposito delle scritture contabili (artt. 16, n. 3, 220 legge fall.)
deve ritenersi assorbita dalla fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale, commessa
mediante sottrazione del compendio contabile, risultando del tutto omogenea la struttura e
l’interesse sotteso ad entrambe le figure di reato, ma più specifica, in ragione dell’elemento
soggettivo, la seconda (Sez. 5, n. 4550 del 02/12/2010 – dep. 08/02/2011, Fermezza, Rv.
249261).
3. Il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Caserta, è infondato, al pari delle
considerazioni sviluppate nella lettera c) della memoria contenente motivi nuovi, in quanto la
motivazione della Corte territoriale ha puntualmente sottolineato la rilevanza dei precedenti
penali, anche specifici, dell’imputato.
Va aggiunto che l’intervenuta depenalizzazione delle fattispecie cui si riferiscono alcuni dei
precedenti gravanti sul Caserta non assume rilievo, dal momento che comunque si tratta di
fatti che rimangono significativi di una predisposizione dell’imputato a violare la legge penale
(si veda il principio affermato da Sez. 5, n. 45423 del 06/10/2004, Mignogna, Rv. 230579, a
proposito della determinazione dell’estensione della riduzione di pena applicabile nel caso di
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche).
La tesi difensiva del ruolo marginale del Caserta nella vicenda è, peraltro, stata disattesa
dalla sentenza impugnata, alla stregua delle considerazioni sopra ricordate, talché viene a
mancare lo stesso fondamento fattuale della richiesta di una diversa modulazione della pena.
4. In relazione al ricorso proposto nell’interesse del Cairo, va, preliminarmente, esaminato il
quarto motivo di ricorso, che prospetta l’intervenuta prescrizione dei reati.
Esso è infondato.
La sentenza di primo grado è stata emessa in data 23/02/2005, con la conseguenza che va
applicata la disciplina previgente alle modifiche introdotte con la I. n. 251 del 2005 (Sez. 2,
n. 10725 del 25/02/2011, Biguzzi, Rv. 249674, sulla scia di Sez. U, n. 47008 del 29/10/2009,
D’Amato, Rv. 244810).

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In definitiva, posto che il curatore ha ricercato la documentazione nei luoghi nei quali poteva

Ne discende che, in relazione ad entrambe le fattispecie contestate, pur considerando le
circostanze generiche equivalenti, si applica il termine di prescrizione di anni quindici, di cui
al previgente art. 157, comma primo, n. 2, cod. pen., in quanto l’art. 216, comma primo, I.
fall. prevede, per l’ipotesi non circostanziata, la pena edittale massima di dieci anni. Il
termine di quindici anni va, quindi, aumentato sino alla metà, ai sensi dell’ultimo comma del
previgente art. 160 cod. pen., con la conseguenza che, muovendo dalla data della
dichiarazione di fallimento (13/02/1995) e applicando il termine di anni ventidue e mesi sei,
si giunge alla data del 13/08/2017.

Al riguardo, deve ribadirsi che il rinvio del dibattimento per mancata presentazione del
difensore che privi di assistenza l’imputato non comporta la necessità di notificazione al
difensore medesimo dell’ordinanza di fissazione della nuova udienza, come nel caso di rinvio
per impedimento del difensore (Sez. 2, n. 28937 del 02/07/2009 – dep. 15/07/2009, D’Elia,
Rv. 244792).
Peraltro, nessun vizio è dato cogliere nel fatto che alla successiva udienza del 28/11/2011 sia
stato nominato un difensore d’ufficio diverso da quello nominato in occasione della
precedente udienza del 14/11/2011, né nella nomina di un avvocato appartenente al Foro di
Como, non iscritto nell’elenco dei difensori d’ufficio predisposto dall’Ordine degli Avvocati di
Milano.
Ed, infatti, è legittima la nomina, in qualità di difensore di ufficio dell’imputato, di un
avvocato non individuato nell’elenco di cui al secondo comma dell’art. 97 cod. proc. pen., ma
immediatamente reperibile, dal momento che le modalità di individuazione del difensore
d’ufficio non comportano la nullità della nomina, non essendo tale sanzione espressamente
prevista dalla norma e dovendo trovare applicazione il principio di tassatività fissato dall’art.
177 cod. proc. pen.; peraltro tale nullità non deriva dalla violazione radicale del diritto di
difesa, essendo stata in ogni caso garantita un’assistenza tecnica professionalmente
qualificata attraverso la nomina di un difensore abilitato all’esercizio della professione avanti
al giudice (Sez. 5, n. 1133 del 21/10/2008 – dep. 13/01/2009, Michelotto, Rv. 242542).
6. Il secondo e il terzo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Cairo, esaminabili
congiuntamente per la loro stretta connessione logica, sono infondati.
Come si è già rilevato esaminando il secondo motivo del ricorso proposto nell’interesse del
Caserta, occorre muovere dalla premessa dell’integrazione delle motivazioni delle sue
sentenze di condanna.
Ora, la decisione di primo grado, le cui argomentazioni sono espressamente richiamate dalla
sentenza d’appello, ha sottolineato: a) che il Cairo ha ricoperto l’incarico di amministratore
della CVL s.r.l. dal 21/11/1992 al 23/11/1993, ossia nel periodo in cui si è realizzato il
maggior numero delle operazioni distrattive in contestazione; b) che egli, pur sottoposto alle
indicazioni del Caserta, ha operato attivamente per conto della società, occupandosi dei
pagamenti, firmando assegni e intrattenendo rapporti con i fornitori e, in definitiva,

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5. Il primo motivo del ricorso proposto nell’interesse del Cairo è infondato.

condividendo e facendo proprie le scelte operative maturate dal Caserta, come dimostrato
dalla deposizione della teste Gori; c) che egli aveva rivestito un ruolo attivo nella ricerca del
suo sostituto, Orazio Altieri, che proprio dal Cairo era stato addestrato; d) che il Cairo, in
definitiva, aveva una cognizione generale delle operazioni pregiudizievoli poste in essere dal
Caserta e nulla aveva fatto per opporsi.
Ne discende che non coglie nel segno la critica secondo la quale i giudici di merito avrebbero
affermato la responsabilità dell’imputato esclusivamente in relazione alla qualifica formale
ricoperta, trascurando di esaminare, dal punto di vista oggettivo e soggettivo, il concreto

Sul piano oggettivo, peraltro, il ricorrente torna ad insistere sulla prospettazione difensiva
secondo cui, alla data delle sue dimissioni, la società risultava pienamente operativa, senza
confrontarsi con le argomentazioni svolte dai giudici di primo grado, secondo cui per tutto il
1993 la società aveva ricevuto ingenti quantitativi di merci e versava, al momento
dell’ingresso del sostituto del Cairo, in avanzato stato di decozione.
Quanto poi all’elemento psicologico, va ribadito che, in tema di bancarotta fraudolenta, in
caso di concorso ex art. 40, comma secondo, cod. pen., dell’amministratore di diritto nel
reato commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la
generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma
incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi
delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo
eventuale (Sez. 5, n. 38712 del 19/06/2008, Prandelli, Rv. 242022).
Inammissibile è, infine, la seconda articolazione dello stesso motivo, che lamenta la mancata
acquisizione del fascicolo della procedura fallimentare, in quanto non vengono illustrate le
ragioni della decisività di tale prova, se non in termini assolutamente generici (“al fine di
chiarire compiutamente ed esaustivamente la situazione e in particolare la posizione e il
ruolo rivestito” dall’imputato), né vengono indicati quali elementi presenti nel fascicolo (il cui
contenuto è conoscibile dall’imputato) potrebbero condurre ad una diversa soluzione in
ordine al momento in cui la distrazione contestata si sarebbe verificata. E ciò soprattutto alla
luce della considerazione, svolta nella sentenza di primo grado, secondo cui la data delle
distrazioni risaliva al 1993 (relazione integrativa del curatore, menzionata a pag. 3 della
sentenza).
In tale contesto argomentativo, le ulteriori critiche sviluppate nel terzo motivo risultano
fondate o sull’attribuzione alla sentenza impugnata di una considerazione mai sviluppata in
motivazione (quella dell’assenza di un ruolo attivo del Cairo), giacché la Corte territoriale ha
solo confermato la diversa rilevanza dell’apporto del ricorrente rispetto alle condotte del
Caserta, o su un generico rinvio alle risultanze dibattimentali — delle quali non si indica il
contenuto che disvelerebbe il lamentato travisamento della prova -, che dimostrerebbero
l’assenza di poteri gestori del Cairo, e, infine, su circostanze, come le pressioni — peraltro
non specificate nel loro contenuto – esercitate dal Caserta sull’imputato per indurlo a trovare

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contributo fornito dallo stesso.

un sostituto, al fine di consentirgli di potersi dimettere, che comunque non eliderebbero il
contributo in precedenza assicurato dal ricorrente alla commissione dei fatti contestati.
7. Il quinto motivo del ricorso proposto nell’interesse del Cairo è inammissibile.
Ed, infatti, il ricorso per cassazione awerso la mancata applicazione dell’indulto è
ammissibile solo qualora il giudice di merito abbia esplicitamente escluso detta applicazione,
mentre nel caso in cui, come nella specie, abbia omesso di pronunciarsi deve essere adito il
giudice dell’esecuzione (Sez. 5, n. 43262 del 22/10/2009, Albano, Rv. 245106).
8. Alla pronuncia di rigetto consegue, exart. 616 cod. proc. pen, la condanna di ciascuno dei

P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 05/12/2013

Il Componente estensore

Il Presidente

ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

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